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La preda perfetta – A Walk Among the Tombstones: Recensione del film con Liam Neeson

È un Liam Neeson almeno in parte ritrovato quello di La preda perfetta – A Walk Among the Tombstones, suadente thriller dai toni cupi e coinvolgenti

pubblicato 18 Settembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:06

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Matt Scudder (Liam Neeson) è un ex-poliziotto con alle spalle anche un passato da alcolista. Vite entrambe archiviate, la New York che vive adesso la vede sotto gli occhi di un detective irregolare (non ha la licenza), sempre attratto dal sottobosco, in questa sua lotta costante al crimine seppur al limite della legalità. Un giorno Scudder incappa nell’efferato omicidio di una ragazza, ritrovata a pezzi in un laghetto: da quel momento parte la sua caccia al killer. Anzi, ai killer.

Chi si aspettasse da La preda perfetta – A Walk Among the Tombstones il solito, invincibile Liam Neeson si sbaglierebbe: qui l’attore di origini irlandesi alza l’asticella, sebbene la strada per lasciarsi alle spalle le tante, discutibili pellicole della sua carriera più recente pare essere ancora lunga. Quello diretto da Scott Frank è un thriller volendo vecchio stile, tratto da un giallo di Lawrence Block. L’evocativa fotografia è uno dei primi elementi che sin da subito lusingano lo spettatore, che anche sotto pelle si sente avvolto da quell’atmosfera fumosa, umida, tipica di certe tinte spiccatamente newyorkesi.

E non si pensi che sia poco. Perché inizialmente, come in un ordinario thriller, si tratta di iniziarci alle vicende su cui ruota l’intero film. Dopo un flashback che ci scaraventa anni prima rispetto al periodo in cui è ambientato il film (1999), giusto per farci capire da dove viene il nostro protagonista, torniamo a quei mesi di fine secolo visivamente bene interpretati. Va evidenziato quest’aspetto specifico, perché la Grande Mela ha di per sé il carisma di calamitare fino a risucchiare le storie cui fa da sfondo, mentre a questo giro la sua presenza si integra in maniera accattivante.

E la storia? Scudder scopre che i killer sono due; gente legata in qualche modo alla CIA ma che ora lavora “in proprio”. Assassini seriali, che della loro passione ne hanno fatta un’occupazione piuttosto redditizia: sequestrano giovani donne vicine o imparentate con gente della malavita locale per poi chiedere un riscatto. Ma come avverte uno dei loro complici, «quei due non sono uomini, sono animali». Il modus operandi prevede infatti la tortura, lenta ed oltremodo dolorosa, delle loro vittime, che pressoché in nessun caso riescono a sopravvivere ai giochetti dei due invasati.

Suo malgrado, Scudder si trova coinvolto in un affare che lo vede correre in soccorso di un ricco spacciatore di droga. Anzi due. Da quel momento parte il film, volto ad illustrare le indagini dell’ex-poliziotto. Una storia che si destreggia piuttosto bene nel suo bilanciare elementi del thriller classico a tinte noir, innestando spunti che rendono ancora più seducente lo scorrere degli eventi. Tanto per cominciare la caccia all’assassino non si traduce nella ricerca tout court, dato che molto presto conosciamo l’identità dei due torturatori. Si tratta allora di soffermarci sulle singole tappe che ci conducono verso il finale, lavorando più che sulla storia sui suoi personaggi.

TJ (Brian Bradley), per esempio, è un giovanotto molto sveglio che vive in una casa-famiglia e parla uno slang incomprensibile persino per Scudder. Presto i due diventano soci e, malgrado qualche forzatura (troppo scaltro il ragazzo!), l’improbabile duo, che un vero e proprio duo non è quasi mai, assume dei connotati gradevoli. Meno incisivi gli altri comprimari, come Peter Kristo, ex-tossicodipendente che fa da tramite tra Scudder e il fratello spacciatore all’inizio del film: profilo standard da eroinomane consumato, che serve per lo più ad unire alcuni punti. Nel loro esasperare in qualche modo la figura degli psicopatici, David Harbour e Adam David Thompson hanno un loro perché, se non altro in quanto credibili nel ruolo dei sadici a tempo pieno.

Sorprendentemente limitato in termini d’azione, il che è un bene, La preda perfetta finisce anche con l’umanizzare un attimino di più la figura di Liam Neeson al cinema, ultimamente restituitaci sotto forma di supereroe pericolosamente parodistico, tanto sono impeccabili ed impossibili da scalfire i suoi ultimi alter-ego, da Taken in giù. Il suo Scudder è anzitutto un investigatore, ed in tale direzione si muove il film, senza eccedere nei toni e attento a non lasciare indietro lo spettatore strada facendo. Ma come in parte già evidenziato, qui Frank indovina anzitutto il mood, sfruttando peraltro una NY tutt’altro che da cartolina, senza disdegnare di muoversi anche al di là della periferia. Insomma, evitando di abusare di riferimenti troppo espliciti.

Tensione accettabile, clima cupo e coinvolgente, duro ma discreto, lasciando per lo più lavorare l’immaginazione, a tratti stimolata a dovere; e poi sì, anche una storia che tutto sommato si lascia seguire, perché in fondo è un discreto giallo. Volendo puntare all’essenziale, più o meno così potremmo sintetizzare l’esperienza di La preda perfetta, che ricolloca in maniera più consona Liam Neeson: il solito duro anche stavolta, però con criterio. Qualora dunque i non del tutto immotivati pregiudizi stessero tenendovi alla larga, scioglietevi pure. Almeno un poco. Perché stavolta è decisamente più sì che no.

Voto di Antonio: 7

La preda perfetta – A Walk Among the Tombstones (USA, 2014) di Scott Frank. Con Liam Neeson, Dan Stevens, David Harbour, Boyd Holbrook, Adam David Thompson, Sebastian Roché, Marina Squerciati, Mark Consuelos, Ólafur Darri Ólafsson, Astro, Maurice Compte, Eric Nelsen, Frank De Julio, Purva Bedi e Briana Marin. Nelle nostre sale da oggi, giovedì 18 settembre.