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Venezia 2012 – Thy Womb: recensione in anteprima del film di Brillante Mendoza

Dopo essere stato in concorso a Berlino con Captive, il filippino Mendoza porta a Venezia il suo Thy Womb: un film fluido e tenero. Leggi la recensione del film.

pubblicato 6 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:44

Shaleha, una donna ormai matura e al terzo aborto spontaneo, si dispera per l’impossibilità di aver figli. Nonostante sia madre adottiva di un nipote, sente che il marito Bangas ha ancora il desiderio di diventare padre. Per appagare il sogno del marito ed essere benedetta da Allah, poiché un figlio è un segno tangibile della grazia divina, la donna decide di intraprendere un’altra strada: troverà una nuova moglie per Bangas. Giorno e notte i due coniugi si spostano in barca tra le isole, le comunità vicine e i villaggi sull’acqua alla ricerca di una donna fertile. Infine, su segnalazione di alcuni amici, trovano la fanciulla giusta. Ma alla vigilia delle seconde nozze del marito con Mersila, Shaleha è rosa dalla gelosia.

Thy Womb è innanzitutto un film etnografico. Brillante Mendoza lo ha girato a Sitangkai, un villaggio sull’acqua nell’isola di Tawi-Tawi, per descrivere la popolazione che abita questo posto, ovvero i Bajau. Considerati come dei veri e propri “zingari del mare”, visto che si spostano sempre con le loro barche (a motore o a remi) da un villaggio all’altro, i Bajau ci vengono qui mostrati in tutto e per tutto: un vero mondo su palafitte diviso tra paradiso e inferno, tra religione e sopravvivenza, e trascinato da musica e ritmi di tamburo, celebrazioni e riti. Verso la fine del film assistiamo, attraverso i suoi vari step, anche ad un matrimonio completo.

Divenuto celebre per i suoi film più cupi, come Kinatay o il precedente Captive (presentato in concorso quest’anno a Berlino), Mendoza con Thy Womb torna dalle parti di uno dei suoi lavori migliori, Lola, presentato come film sorpresa in concorso proprio qui al Lido nel 2009. Si tratta di un film girato con lo stile solito del regista filippino, dal taglio estremamente realista e con un tipo di riprese documentaristiche, che toccano l’apice nelle scene “subacque”, girate con le stesse telecamere con cui si filmano certi reportage tv. Ma, come in Lola, c’è anche un’apertura alla “luce”, alla tenerezza, che quasi nasce spontanea per contrastare la povertà qui descritta.


Ciò non significa però che il regista si sia venduto, anzi, tutt’altro: per la prima ora Thy Womb è forse, tra i suoi lavori, quello dal ritmo più dilatato, quindi anche meno “vendibile”; ma quando mai un film di Mendoza lo è stato? Il film si apre con una scena di parto, in cui la protagonista (bravissima e tenera Nora Aunor, star del cinema filippino) sta aiutando una donna a far nascere il suo primo figlio. Mendoza ci mostra nel dettaglio l’operazione, non escludendo neppure inquadrature in dettaglio del nascituro che sta pian piano uscendo. Eppure non c’è nulla di gratuito, anche se lo shock durante la proiezione stampa al Lido c’è stato: la vità è così, il parto è così, e una volta concluso non si può che gioire.

Ma in questo particolare “ecosistema” ci sono soprattutto i dolori. I Bajau sono un popolo tranquillo, che pesca e tesse tappeti, ma viene anche costantemente attaccato dalle popolazioni vicine. Il suo status infatti è “minore”, perciò in subordinazione rispetto ai popoli rivali. Un esempio: mentre la coppia protagonista sta viaggiando per mare con la barca, vengono attaccati e derubati da un gruppo di persone, che addirittura sparano a Bangas. Quando si è più fortunati, invece, può succedere che non funzioni più il motore in mezzo all’oceano…

In Thy Womb ci sono tra le più belle immagini del cinema di Mendoza, complice il fatto che, per spostarsi tra un incontro e l’altro, la protagonista può farlo solo in barca, quindi attraversando il mare. Non è mica un caso che questo sia pure il film più luminoso e “solare” del regista filippino. La luce del sole e l’azzurro attraente dell’acqua si sostituiscono al buio pesto di Kinatay o al grigiore piovoso di Lola, altro film in cui il tema dell’acqua (e della maternità) era fondamentale. Saranno contenti i detrattori di poter finalmente vedere una pellicola di Mendoza più pacata e tranquilla sul versante delle provocazioni, mentre i fan scopriranno lati del cinema del regista inediti.

Sul versante delle provocazioni, c’è poco o nulla: abbiamo citato la dettagliata scena del parto, ma c’è anche un terrificante sgozzamento di una mucca che, immaginiamo, farà inferocire animalisti e non poca parte del pubblico. Siamo tuttavia convinti, visto il forte lato documentaristico ed etnografico di Thy Womb, che questa scena non sia affatto preparata da Mendoza, ma sia semplicemente la registrazione in presa diretta di un momento vissuto per davvero, di un attimo crudo all’ordine del giorno nella realtà dei Bajau. Al di là di tutto, siamo davanti ad una scena davvero sconvolgente.

Ma a queste schegge di dolore si contrappone tutta la parte finale del film, in cui lo spettatore fa i conti con le ragioni di Shaleha, che troverà la moglie adatta per il marito: la donna è sempre stata disposta a tutto per accontentare e rendere felice Bangas. Ma come si può convivere con l’idea che un’altra donna stia per dare alla luce il primo figlio del proprio marito? La risposta non è facile, e forse gli orizzonti per la protagonista sono pure peggiori. Ma la protagonista resta quella più umana ed empatica del cinema di Mendoza, assieme alle nonne-coraggio di Lola, e la chiusura del film, in precedenza un po’ avaro di emozioni, non può che toccare il cuore delle spettatore.

Voto di Gabriele: 7
Voto di Antonio: 7

Thy Womb (Sinapupunan, Filippine, 2012, drammatico) di Brillante Mendoza; con Nora Aunor, Bembol Rocco. Trailer originale.