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Venezia 2012 – The Iceman: Recensione in Anteprima

Fuori Concorso, Ariel Vromen si presenta al Lido col promettente The Iceman. Cineblog lo recensisce per voi

pubblicato 31 Agosto 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:36

Uno dei film senza dubbio più attesi di questa rassegna veneziana, The Iceman approda qui al Lido carico come pochi altri. Non bastasse un cast d’assoluto rilievo, il genere depone a favore di un’aura che già alla vigilia lo voleva per l’appunto come uno dei titoli più interessanti in proiezione durante questi dieci giorni.

Alla sua terza pellicola dopo i non esaltanti RX e Danika, Ariel Vromen ha con The Iceman l’occasione di una vita. Non una mega-produzione da centinaia di milioni di dollari, certo, ma una cassa di risonanza garantita dalla presenza di attori del calibro di Michael Shannon, Winona Ryder, Ray Liotta e James Franco. E se il film in una certa misura funziona, è principalmente nell’ambito di tale componente che dobbiamo ricercarne i motivi.

Senza mezzi termini, quella di Michael Shannon è un’interpretazione monumentale, che già da ora rappresenta uno dei picchi più alti toccati qui a Venezia quest’anno. Spietato, glaciale, come il suo stesso soprannome lascia intendere. Shannon si cala visceralmente nei panni di Richard Kuklinski, assassino seriale realmente esistito, che alla fine della propria carriera contava all’attivo oltre cento omicidi.

Nel New Jersey di fine anni ’60, due giovani ed inconsapevoli ragazzi si conoscono e cominciano ad uscire insieme. Lui, per quanto all’apparenza distaccato, non ha occhi che per lei. Lei, dal canto suo, contraccambia questo forte interesse dissimulato da un atteggiamento schivo e nient’affatto conciliante. Lui si chiama Richard. Lei Deborah.

Ha inizio così una bella storia d’amore, tenera e spontanea al tempo stesso. Ma cosa si cela dietro a quel terrificante gelo che emana Richard? Quello sguardo, quell’espressione. C’è un interno universo dietro a tutto ciò. Un universo segnato però da caos e sofferenza, la stessa che ha privato questo taciturno giovane di qualsivoglia umanità.

Il suo è uno squarcio interiore insanabile. Una ferita che non smette di sanguinare e che da sempre ha regolato la vita di colui che la porta. E come accade da che mondo è mondo, sangue chiama sangue. Non c’è altro modo di sublimare questa radicale brama di vendetta, di saziare questa fame. E come la fame, quella vera, si tratta di qualcosa impossibile da trattenere.

E’ così che da addetto alla gestione di pellicole porno, Rich coglie al volo l’occasione di asseconda la propria vocazione, rendendola redditizia. Due piccioni con una fava. Assoldato da Roy DeMeo (Ray Liotta), capo di una piccola ma altrettanto pericolosa famiglia mafiosa locale, il nostro protagonista rinasce a nuova vita, diventando un sicario di professione.

Da questo punto in avanti, il film getta le proprio carte sul tavolo, svelandoci non il mistero bensì il proprio registro. Ciò su cui sembra volersi soffermare la narrazione è la doppia vita condotta da Kuklinski. Tra le mura domestiche, premuroso padre ed amabile marito. Fuori dal proprio focolare, inavvicinabile killer a contratto, la cui marcata peculiarità è rappresentata da un innaturale sangue freddo.

Tante le scene forti, il cui impatto non si limita alla sfera visiva, intervenendo sulla psiche dello spettatore, cui non resta che osservare atterrito quella riprovevole crudeltà alla quale viene sottoposto. Ma ogni storia, anche la più assurda, ha pur sempre una genesi. Ma qui è la biografia ad avere il sopravvento sulla finzione. E non facciamo segreto del fatto che avremmo preferito che fosse accaduto il contrario. D’altro canto ci pare plausibile l’idea che la sceneggiatura qui abbia dovuto assecondare la cronaca, a nostro parere suscettibile di forzatura in questo specifico passaggio, senza commettere peccato alcuno.

Ma The Iceman lavora comunque bene su altri fronti. Il conflitto che tormenta Richard viene a più riprese testato e tradito dai gregari. La moglie Deborah e le due amatissime figlie servono a far emergere il Richard che il nostro protagonista vorrebbe essere. Colui che intende letteralmente fuggire ad Atlantic City, acquistando la casa dei suoi sogni, nonché di quelli della moglie. Nella speranza, nient’affatto nascosta, che quella fuga dal luogo in cui è nato e cresciuto comporti in automatico la definitiva dipartita di un passato oramai insostenibile. Tutti gli altri, invece, non fanno che trascinarlo in quella spirale di odio che non gli consente di alzare la testa.

Perché in fondo ciò di cui ha bisogno l’uomo di ghiaccio è di una boccata d’aria, di riappropriarsi di un’umanità alla quale lo tiene timidamente ancorato solo la sua famiglia. Ed è encomiabile l’abilità con cui Shannon si produce in una performance di portata elevatissima. Un’immedesimazione completa la sua, che irradia i propri raggi mediante non solo i dialoghi, ma soprattutto il cosiddetto linguaggio del corpo. Le frasi non dette, o meglio dire represse, gli sguardi dispensati: in questo Shannon brilla e convince senza riserve.

Ma non ci dimentichiamo nemmeno di quei personaggi con cui Kuklinski s’incontra e si scontra, come una Ryder dalla fragilità complementare a Shannon, ed un Chris Evans totalmente trasformato. Eppure la sua (di Evans) è una prova di ottimo di livello, che evidenzia una certa duttilità da parte del Capitan America dei giorni nostri. Più marginale, invece, Ray Liotta, da tempo relegato a ruoli che finiscono inesorabilmente col sovrapporsi, tanto sono somiglianti.

E alla fine della corsa, quel che rimane è un forte cinismo. Lo stesso che ha contrassegnato l’intera parabola discendente di Richard “The Iceman” Kukliski, e che impedisce in ogni caso di scorgere nella sua ammissione di colpevolezza e nel suo tentativo di uscire dalla gabbia entro cui è rinchiuso un percorso di redenzione. Non c’è redenzione per lui, perché non c’è pentimento. Solo un rimpianto: che nemmeno una delle sue vittime, in oltre trent’anni di efferati omicidi, ha avvicinato anche solo un po’ lui e i suoi cari a quell’utopica tranquillità cui ha sempre aspirato, più per le persone che amava che per sé stesso. Duro e tragicamente preciso.

Voto di Antonio: 7
Voto di Gabriele: 6,5

The Iceman (USA, 2012). Di Ariel Vromen, con Michael Shannon, Chris Evans, James Franco, Winona Ryder, David Schwimmer, Ray Liotta, Erin Cummings, Ryan O’Nan, Christa Campbell e Robert Davi.