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The Boy and The Beast: recensione in anteprima

Coming of age sui generis quest’ultimo di Mamoru Hosoda (La ragazza che saltava nel tempo, Summer Wars, Wolf Children). Unico neo, i troppi riferimenti, che rendono The Boy and The Beast un’esperienza affascinante ma al tempo stesso meno compatta

pubblicato 21 Aprile 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 12:18

In The Boy and The Beast esistono due mondi, o per meglio dire, dimensioni. In una vi abitano gli esseri umani, nell’altra le bestie. È pericoloso che gli abitanti della prima varchino i confini della seconda, poiché l’uomo, a differenza della bestia, può essere colto dal potere delle tenebre, che è un modo come un altro per dire che può commettere azioni turpi. Una verità che tutti conoscono lì dove non ci sono uomini, i quali perciò vengono visti come portatori di squilibrio.

Ren è un ragazzino che ha perso la madre; il padre è scomparso e perciò viene dato in affidamento, sebbene contro la sua volontà. Perciò scappa e decide che da quel momento in avanti deve farcela con le sue sole forze. Vagando per Shibuya incappa in Kumatetsu, una creatura venuta da quell’altro mondo. Kumatetsu chiede al piccolo se fosse interessato a seguirlo; al resto pensa Ren. Ritrovatosi nella dimensione delle bestie, il giovane decide di diventare discepolo di colui che l’ha condotto fin lì, vista e considerata la forza del suo futuro maestro.

Mamoru Hosoda trae spunto da più fonti, siano esse letterarie, culturali o semplicemente dalla vita di tutti i giorni. Questo suo ultimo lavoro potrebbe essere recepito come un breve romanzo di formazione, attraverso il quale il giovane protagonista deve approdare all’età adulta abbattendo le barriere che gli impediscono di crescere. Tuttavia sono svariate le tematiche toccate dal film, che ingloba fiabe come La bella e la bestia (da cui il titolo peraltro), romanzi come Moby Dick oppure leggende popolari, tipo quella degli yōkai, creature soprannaturali simili a spiriti di cui alla mitologia giapponese.

È qui che The Boy and the Beast un po’ s’ingolfa, nell’accumulo. Ma ancor di più, nella commistione. Hosoda è uno di quei registi d’animazione che si fanno guidare molto dai temi che intendono di volta in volta toccare, piuttosto che affidarsi troppo al contesto e all’ambientazione. I due mondi, per esempio, potrebbero benissimo essere letti come qualcosa che attiene più all’interiorità di Ren (a cui Kumatetsu dà il nome di Kyuta), sospeso tra due dimensioni, due famiglie, due parti di sé stesso. Un aspetto che emerge insomma, ma che rimane per lo più a un livello intellettuale, oltre che parlato, tipico dei film d’animazione giapponesi. È sul fronte emotivo perciò che viene ceduto qualcosa, finendo col costituire il vero punto debole del film.

Non saprei dire se sia per via delle tante, troppe intuizioni. Facendo leva sulla componente emotiva, straniante, misteriosa, un po’ come con i film di Miyazaki, consenti allo spettatore di muoversi liberamente senza “costringerlo” a capire tutto, lasciandosi piuttosto trasportare. Ma come già accennato, la prosa di Hosoda funziona secondo altri meccanismi; i suoi riferimenti sono da processare, pena non riuscire a godere a pieno cogliendo quella che un po’ l’anima del suo lavoro. Non un film sofisticato o complicato, intendiamoci; solo stratificato. Il problema è che tale stratificazione appare un po’ acerba, come se chi di dovere avesse dovuto vagliare con più attenzione le tante, non di rado interessanti intuizioni e filtrarle meglio.

Travolti come siamo, qualora si faccia davvero attenzione, s’intende, si finisce col doversi troppe volte spostare da una parte all’altra, facendo uno sforzo che mina la resa dell’opera nel suo insieme. La parabola di Kyuta costituisce una bella storia, così come ancora più coinvolgente si presenta il rapporto tra lui Kumatetsu. Solo che certe vette restano precluse. Non ci resta perciò che ammirare dei bei disegni, per lo più quelli relativi all’ambiente, a tratti sorprendenti, ed una storia che già sentiamo di conoscere; familiarità che incide in un duplice senso: da un lato attingendo al mito, quindi rapendoci, dall’altro, di conseguenza, rendendoci eccessivamente scrupolosi nel cercare appigli inaspettati. Tutte cose di cui, piaccia o meno, è l’autore a doversi fare carico, non lo spettatore. E questo Hosoda lo sa.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6.5″ layout=”left”]

The Boy and The Beast (Bakemono no Ko, Giappone, 2015) di Mamoru Hosoda. Con Aoi Miyazaki, Kôji Yakusho, Shôta Sometani, Haru Kuroki, Kappei Yamaguchi, Kazuhiro Yamaji, Lily Franky, Mamoru Miyano, Masahiko Tsugawa, Momoka Ono, Sumire Morohoshi, Suzu Hirose, Yo Oizumi, Keishi Nagatsuka e Kumiko Asou. Uscita evento nelle nostre sale, 10 e 11 maggio.