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Cicogne in missione: recensione in anteprima

A sorpresa uno dei film d’animazione più interessanti della stagione. Cicogne in missione propone temi e toni a tratti più adulti senza però mai dimenticarsi dei più piccoli

pubblicato 18 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:50

Le cicogne non consegnano più bambini ma prodotti, al pari di Amazon per intenderci. È successo diciotto anni prima rispetto al presente del film, quando ci si rese conto che il settore non avrebbe garantito il giro d’affari giusto. Monte Cicogna diventa perciò periferia della sede di cornerstore.com, che consegna di tutto e in tempi rapidi. A chi si chiedesse cosa sia accaduto coi bimbi in questo lasso di tempo, Junior risponde indirettamente facendo notare che beh, sì… ci sono anche altri metodi per avere bambini. Cicogne in missione recupera perciò una delle bugie bianche più diffuse fino a poco tempo fa, giocandoci e costruendoci sopra una storia accettabile anche in un’epoca come la nostra.

L’avventura ha inizio quando a Junior viene prospettata la possibilità di diventare il nuovo boss della Cornerstore; non prima però di essersi liberato di Tulip, l’orfana non consegnata ai genitori che ha oramai compiuto la maggiore età. Ma un’inaspettata richiesta mette tutto in discussione: da giù il piccolo Nate desidera un fratellino. Qui comincia il viaggio, assecondando l’andazzo di buona parte dei film d’animazione recenti, salvo che differenziarsi per alcune interessanti intuizioni.

Se infatti Cicogne in missione diventa ad un certo punto un movimentato film d’avventura, al tempo stesso procede uniformandosi a dei tempi, comici e d’azione, che funzionano come raramente accade in film di questo tipo. Certe trovate, per lo più alcuni siparietti, sono addirittura avulsi dal contesto, maggiormente inclini ad una comicità di stampo leggermente più sofisticato. Non stupisca la cosa, poiché Cicogne in missione, se da un lato intrattiene i più piccoli, dall’altro è ai genitori che si rivolge, sia quelli che già lo sono che coloro i quali potrebbero diventarlo.

Dietro le più classiche delle mazzate in testa che fanno sganasciare i bimbi, c’è infatti un messaggio ben più articolato nelle implicazioni, sebbene il filtro tenda per forza di cose a semplificare. Cos’è infatti questa scelta di diventare la più grande ditta di spedizioni al mondo per incrementare all’inverosimile i profitti? Da subito a Junior viene mostrato un grafico, e quello è tutto ciò che ha bisogno di sapere per regolarsi; inutile chiedere altro, quella linea che procede a zig-zag è più eloquente di qualsiasi abile oratore. Dall’altro lato abbiamo Nate, dieci anni, i cui genitori gestiscono un’agenzia immobiliare: lo vediamo, il piccolo, intento a mettere in scena una delle sue sessioni di gioco, lasciato a sé stesso da quei papà e mamma che, cuffie bluetooth addosso, stipulano contratti, convincono persone, sciorinano slogan.

Cicogne in missione perciò non ci gira affatto intorno, ed anche a costo di sfiorare la didascalia, propone la sua tesi senza particolari imbarazzi. E lo fa nel modo volendo più meno conciliante che ci sia, oseremmo dire “politicamente scorretto”, se tale definizione non fosse oramai equivoca, anche perché non emerge alcuna foga nel voler imporre una tesi o chessò io. Non più perciò la sterile critica ad un non meglio precisato Capitalismo, al modello yuppie ed in generale a qualunque logica arrivista, di chi vende l’anima all’azienda o al danaro rifiutando di seguire «il proprio sogno»; no, qui si ragiona su cosa si perde quando l’avidità o il seppur legittimo desiderio di successo prendono il sopravvento al punto da isolarci. Perché farsi una famiglia è esattamente questo: uscire da sé stessi quel tanto che serve per avvicinarsi un po’ di più non solo a chi si ha accanto ma anche a chi verrà dopo.

Non solo, altro leitmotiv non da poco sta nel fatto che gli animali non hanno più nulla da insegnare all’uomo, o per lo meno quest’ultimo non si fa carico di tutte le negatività del mondo; insomma, non è più il «villain». Anzi. Di certo bisogna lavorare con un po’ di fantasia, perché non si può accusare gli autori di prendersela con le cicogne per aver scelto di fare concorrenza ad Amazon; ma in un periodo in cui il dibattito sulla famiglia tiene banco su più fronti, sociale, legislativo, e religioso, riuscire ad inserirsi con simile delicatezza è già un pregio di per sé. Ma non è tutto qui, perché il film pur senza approntare alcuna seria discussione a tal riguardo, offre degli spunti interessanti, che solo gli adulti coglieranno, forse.

Per gli altri, ma verrebbe da dire un po’ per tutti, ci sono trovate deliziose come il branco di lupi-Transformers, che aggiungono quel pizzico di calibrato nonsense al quale ho alluso sopra quando ho fatto cenno a misure più atipiche per i film d’animazione. Senza discostarsi perciò da formule già rodate, offrendo personaggi che funzionano (non si dimentichino i pinguini, protagonisti di una delle scene più divertenti), Cicogne in missione si pone come uno dei film d’animazione più accattivanti della stagione, nonché tra quelli più sul pezzo degli ultimi anni. Basta non farsi confondere dal pressoché inesistente battage pubblicitario, e non far troppo caso ad un doppiaggio italiano non proprio riuscito in ogni sua parte.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]

Cicogne in missione (Storks, USA, 2016) di Nicholas Stoller e Doug Sweetland. Con Katie Crown, Andy Samberg, Kelsey Grammer, Alessia Marcuzzi, Federico Russo e Vincenzo Salemme. Nelle nostre sale da giovedì 20 ottobre.