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Roma 2016, La Tartaruga Rossa: Recensione in Anteprima

15 anni dopo l’Oscar per il corto animato Father and Daughter, Michaël Dudok de Wit punta al bis con il suo primo lungometraggio. The Red Turtle.

pubblicato 22 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:42

Dodici anni fa, grazie al cortometraggio premio Oscar Father and Daughter, Michaël Dudok de Wit ha conosciuto Isao Takahata, celebre produttore nonché penna dello Studio Ghibli. Quell’incontro, dopo quasi 10 anni di lavoro, ha generato La Tartaruga Rossa, capolavoro co-prodotto dalla casa animata giapponese insieme a Vincent Maraval di Wild Bunch.

Presentato al Festival di Cannes 2016 nella sezione Un Certain Regard, The Red Turtle conferma l’unicità produttiva Ghibli nonché l’abilità animata francese, qui elevata a pura poesia cinematografica da parte di un debuttante, in qualità di lungometraggi, pronto probabilmente a vincere il suo secondo premio Oscar. Scarna la trama, che vede un uomo naufragare su un’isola deserta. Solo, affamato, impaurito e debilitato, il naufrago cerca disperatamente di fuggire a bordo di una zattera da lui costruita, se non fosse che una gigantesca tartaruga rossa glielo impedisca continuamente. Un incontro, quello con il misterioso animale, che gli cambierà la vita.

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Non un dialogo per quasi 90 minuti. Basterebbe partire da questa incredibile e coraggiosa scelta di scrittura per soppesare la portata cinematografica di un simile lungometraggio, animato tanto in digitale quanto a mano, a carboncino. Una tecnica mista resa possibile dall’utilizzo della Cintiq, penna grafica da utilizzare su una tavoletta ad hoc che permette di vedere immediatamente il risultato ottenuto, senza dover fare la scansione di ciascun disegno separatamente. Tutt’altra storia con le scenografie, realizzate a mano, in modo artigianale, con zattera e tartaruga rossa animate invece in digitale. Il risultato, straordinario, è folgorante, grazie anche all’incredibile realismo animato dei personaggi principali.

Dudok de Wit, che ha lavorato per oltre 6 anni allo script e all’animatic, ha così dato vita ad un film che parla di vita e di morte, d’amore e magia, lasciando dietro di se’ non pochi non detti a cui lo spettatore potrà affidare mirate risposte. Un ciclo naturale che coinvolge tutti noi, uomini o animali che siano, qui accompagnato dalle meravigliose e fondamentali musiche di Laurent Perez del Mar, costrette di fatto a ‘sostituire’ gli assenti dialoghi, trascinando la narrazione insieme all’ispirato montaggio.

Un luogo lontano dal tempo, quello disegnato dal regista, un Paradiso Terrestre tra sogno e realtà, con assolate giornate dai colori sgargianti e notti monocrome alla luce della luna, mentre la quotidianità della natura segue il suo ciclo, che puntualmente coinvolge insetti, gabbiani, granchietti, pesci, tartarughe. L’uomo senza nome che vive la propria intera esistenza in questa Laguna Blu trova una corrispondenza proprio nel mondo animale, qui rappresentato dalla gigantesca testuggine rossa del titolo, che lo guarda dritto negli occhi e lo segue in spiaggia dopo averlo per l’ennesima volta ‘affondato’ in mare aperto.

Una vita d’amore nella sua assoluta semplicità, tra pesca e nuotate, passeggiate e dormite in spiaggia, mentre la Natura, sempre lei, compie il suo compito. Memorabile la scena di uno tsunami, che travolge tutto e tutti mentre la musica di Perez alimenta drammaticità e ansietà, con l’animazione ‘terrestre’ di de Wit che semina poesia filmica, tra romantici balli di coppia in riva al mare, dolorosi addii e abbracci d’amore. Un’opera dalla bellezza ipnotica e dalla dolcezza infinita, visivamente parlando struggente e narrativamente audace, nonché esplicitamente ‘adulta’. Molto più semplicemente il capolavoro animato di questo 2016.

[rating title=”Voto di Federico” value=”9″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”8″ layout=”left”]

La Tartaruga Rossa (The Red Turtle, 2016, animazione, Francia, Belgio) di Michaël Dudok de Wit.

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