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Deadpool 2: recensione in anteprima

Un Deadpool in formato famiglia che mette la testa a posto in questo sequel

pubblicato 15 Maggio 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 20:18

Metti che pure questo finisce col protagonista che ci rimette la pelle; improbabile forse, eppure è così che Wade (Ryan Reynolds) si presenta, quasi sfidandoci. Non sappiamo cos’è accaduto, anche se c’è da credere che di lì a poco ci verrà mostrato. L’insolente c’informa pure che questo è un film per tutta la famiglia, romantico quasi, dove a vincere sono i sentimenti. Sarà. Sta di fatto che oramai Deadpool non ha freni: mercenario convinto, senza remore di alcun tipo, finché qualcosa non accade ed il nostro si trova costretto a cambiare atteggiamento. Si scherza su tutto, di tutto, si fa ironia sulla Marvel, insomma, senza mai prendersi troppo sul serio, anche se sì, è tutta una posa, ancora una volta. Deadpool d’altronde, in questo senso, la sa lunga, ed infatti si pone un po’ al di là degli altri film a tema, trovando la scusa per certi suoi eccessi nel personaggio stesso.

Un personaggio dalla parte dello spettatore, in tutto e per tutto, con cui dialoga, al quale strizza continuamente l’occhio, e questo può magari non andare a genio a tutti, ma il progetto è questo, prendere o lasciare. Stavolta il nemico, in un primo momento almeno, è un soldato venuto dal futuro, mezzo macchina e mezzo uomo, Cable (Josh Brolin), tornato nel passato per impedire che moglie e figlia vengano uccisi. Insieme, ma non sono i soli, formano la X-Force, gruppo improbabile composto per l’appunto da personaggi improbabili, dotati di… nessun potere in particolare. Tranne una, Domino (Zazie Beetz), il cui dono è la fortuna: esatto, è molto fortunata, ma davvero molto, così tanto da renderla potenzialmente invincibile.

A fungere da catalizzatore dell’intera vicenda c’è l’impegno, da parte di Deadpool, di tutelare un ragazzino in sovrappeso dotato di un potere devastante, che, unito alla rabbia coltivata dal giovane, compone un mix oltremodo instabile. Come già accennato, un progetto come Deadpool è un cinecomic come nessun altro, quintessenzialmente meta, che interpreta lo spettacolo nel duplice senso di tenuta visiva ed intrattenimento al pari di un qualsiasi stand up comedian, costretto perciò ad intrattenere con pause davvero risicate, in modo incalzante. La sfida stava, con ogni probabilità, nel motivare questo sequel a prescindere dall’arco narrativo: insomma, quale direzione dare, fermo restando il non poter snaturare le premesse, sorprendentemente meno flessibili rispetto a quelle di altri supereroi.

E possiamo pure dirlo, alla fine della fiera non sarà tutto giusto, ma quasi niente appare sbagliato. Nel suo impeto paraculo e caciarone anche Deadpool è consapevole del periodo storico, perciò si premura di manifestare la sua vicinanza a determinate cause, tra cui quella LGBT, egli stesso prestandosi ad alcuni siparietti equivoci, sempre chiaramente in un’ottica di leggerezza estrema. Si gioca molto sul target di riferimento, dato che Deadpool 2, ancora una volta, non risparmia certo immagini forti ed un umorismo spinto che, di primo acchito, lo porrebbe qualche centimetro più in là rispetto al prodotto rivolto ai ragazzini – anche se, inutile negarcelo, pure Deadpool 2 è per loro, li chiama a raccolta attraverso un filtro per il quale i più sensibili sono proprio loro.

In generale il seguito è infarcito d’intuizioni notevoli in mezzo ad altre meno risolte; dovendo fare un bilancio, peraltro, non si può che confermare trattarsi anzitutto di una commedia, alla quale viene integrata la componente d’azione, e non viceversa. Considerazione che agisce da cartina tornasole, poiché il successo o meno di quest’operazione va ponderato proprio in funzione di quanto si riesca a ridere e sorridere, quanto facciano presa scene come quella in cui al protagonista, segato in due parti, ricresce quella inferiore e per un breve periodo ha il busto di un adulto mentre tutto ciò che c’è dalla vita in giù è quella di un bimbo di appena un anno – irriverente anche in questo caso, tra l’altro, con quella sua citazione di Basic Instinct. La strategia degli autori è perciò ancora una volta quella di sabotare e auto-sabotarsi, costantemente, un disordine organizzato che ha un suo perché anziché no, scandito dall’immancabile scaletta pop.

Anche se nulla può battere la migliore sequenza post-credit di sempre, di cui per ovvie ragioni non vi diciamo nulla, se non invitarvi a restare seduti e lasciarvi andare a questo tripudio di nonsense che nel suo genere sfiora quasi il sublime. Meno di due minuti che stanno in piedi da soli ed in relazione ai quali, verrebbe quasi da credere, l’intero film rappresenti per lo più un lungo, dispendioso, forse addirittura non necessario preambolo; e se così fosse, non si tratterebbe magari di un altro scherzo, il più elaborato di tutti?

Ad ogni modo, l’impressione che rimane è che l’unica vera virtù sia anche il più grande vizio di questa saga, che pare impossibilitata a priori, anche in considerazione di quella scarsa flessibilità evocata poco sopra, a rigenerarsi, o quantomeno tenere botta senza sfilarsi inesorabilmente un po’ alla volta. D’altronde era impensabile immaginare il primo Deadpool come toccata e fuga, figlio unico, scenario ipotizzabile ma poco possibile, da cui tuttavia proprio quel primo capitolo avrebbe tratto beneficio. Ed invece sappiamo già che Josh Brolin ha firmato per altri tre film nei panni di Cable, dunque di cosa parliamo?

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

Deadpool 2 (USA, 2018) di David Leitch. Con Ryan Reynolds, Josh Brolin, Zazie Beetz, Julian Dennison, Morena Baccarin, Brianna Hildebrand, Shioli Kutsuna, Karan Soni, Leslie Uggams, Eddie Marsan, T.J. Miller, Andre Tricoteux, Stefan Kapicic, Jack Kesy e Lewis Tan. Nelle nostre sale da martedì 15 maggio 2018.