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Venom: recensione del film con Tom Hardy

Nemmeno Venom sfugge all’onda comica imposta a tante altre trasposizioni degli ultimi anni, a partire dai film Marvel. Un Tom Hardy sopra le righe, perciò, non fa che mettere ancora più in evidenza l’incosistenza di un’operazione raffazzonata e per lo più inconsistente

pubblicato 4 Ottobre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 16:01

Ancora una nave spaziale che cade dal cielo, schiantandosi miseramente. A prescindere dalla catastrofe di vite umane potenzialmente perse, il vero danno, lì nel Borneo, è che una delle quattro forme di vita aliena recuperate dall’equipaggio non si trovi. Veniamo qui introdotti nella dinamica alla base di Venom, quella che coinvolge queste strane creature venute dallo spazio, di cui non sapremo nulla nemmeno a cose fatte, ossia l’esigenza di fondersi con un altro essere vivente per poter sopravvivere nel nostro pianeta.

Si tratta a conti fatti di un parassita, ma guai a dirlo appunto a Venom: è questo il nome della creatura che s’impossessa di Eddie (Tom Hardy), un giornalista d’inchiesta sregolato che, a causa di questa sua cocciutaggine ed affezione alla verità, in un sol colpo perde donna e lavoro. C’entra il visionario di turno, immancabilmente ultramilionario, Carlton Drake (Riz Ahmed), che vuole a tutti i costi essere il primo a conosce davvero i segreti dell’universo, quali che siano, e per riuscirci è, altrettanto immancabilmente, disposto a tutto.

Dicevamo della ritrosia di Venom a farsi dare del parassita: Eddie grazie a lui è imbattibile, fa cose che un normale essere umano potrebbe a malapena immaginare, perciò parassita «ci sarai». Si coglie tra le righe il potenziale comico, questo dialogo interno di cui lo spettatore è messo a parte, ed entro la cui evoluzione si consuma buona parte del senso di questa trasposizione. Sulla falsa riga di quanto evidenziato in merito a The Predator, ma ancora prima, in linea con l’impostazione pressoché dell’intero Universo Marvel, la componente su cui spingere è quella che guarda alla commedia come linguaggio privilegiato.

E si sorride, va detto, perché in fondo la fattispecie rappresenta a suo modo un classico, con questo alieno, denominato non a caso simbionte, ospite di un corpo del quale prende le redini, dovendo al contempo fronteggiare la resistenza del padrone di casa. Fleischer, ma ancora prima gli sceneggiatori, risolvono il tutto in una solenne farsa, calcolando male i tempi, correndo troppo oppure inserendo elementi che nulla danno al loro altalenante racconto. L’impressione è che ci vorrà del tempo prima di potersi smarcare da questo schema sì consolidato, ma che oramai mostra dei limiti sin troppo evidenti; e non ci riferiamo all’idea per sé di fare di Venom una sorta di compagnone, trovata che potrebbe comunque disturbare gli amanti del fumetto, per quel che vale.

Eppure questo spingere sull’acceleratore della simpatia finisce proprio con l’acuire delle crepe già visibili, senza cercare appunto di apporvi una pezza quasi per compensazione: ti faccio ridere, mi mostro simpatico, basta questo per piacerti. No, non basta purtroppo. Si potrebbero pure fare le pulci ad aspetti più o meno significativi, tipo il fatto che a tal punto viene mortificata la venatura sci-fi da risultare quasi ingombrante, sebbene non vi sia un impianto tale da giustificare tale ridimensionamento. Perché sì, si potrebbe pure rinunciare a certe vocazioni, purché tale rinuncia paghi, comporti insomma un corrispettivo appropriato agli occhi dello spettatore, che di tutta risposta si vede appioppare giusto qualche linea di dialogo un po’ più brillante e nulla più.

Nemmeno le tipiche scene all’insegna di una certa frenesia, sia esso un inseguimento o l’agognato scontro col villain, ripagano di questa piattezza generale, in cui nemmeno i passaggi per così dire chiave ci vengono sottoposti con la dovuta cura, quel minimo di zelo che ce li faccia prima desiderare, per poi apprezzarli. Tom Hardy si fa carico praticamente dell’intero peso del film, aspetto che non può non avere a che fare col suo essere anche produttore, senza però calcolare a dovere il rischio; a lui non manca certo la cosiddetta presenza, anzi, se c’è qualcosa da prendere in questo Venom lo si deve per lo più alla sua prova. Nondimeno, come per la propensione al buttarla sul ridere, la battuta pronta, il costante stemperamento dei toni, prima ancora che questi mutino anche leggermente, ebbene, anche in questo caso il suo “spiccare” rispetto a tutto il resto non fa che renderci ancora più consapevoli dell’inconsistenza generale.

Volendo cimentarci in una sorta di similitudine, chiamando di nuovo in causa il summenzionato The Predator, ebbene, quest’ultimo sta a certi b-movie a cavallo tra i ’70 e gli ’80 come Venom sta a certi cartoni animati dei ’90. Come già paventato in altre occasioni, è tempo di rivedere certe formule, innestare alcuni elementi diversi, anche poco alla volta; se non altro perché certi schemi si stanno rivelando non solo inadatti al periodo, non importa fino a che punto abbiano attecchito sino ad ora, ma soprattutto poiché stanno dando sempre più adito a prodotti privi di anima, piatti all’inverosimile, il che è un vero spreco se si pensa a certe premesse, tra proprietà intellettuali, cast coinvolto e risorse impiegate. Se non sarà il buon senso, temo, sarà il ben più severo mercato, mediante botteghino, a far cambiare idea; non può essere diversamente.

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[rating title=”Voto di Federico” value=”4″ layout=”left”]

Venom (USA, 2018) di Ruben Fleischer. Con Tom Hardy, Michelle Williams, Riz Ahmed, Scott Haze, Reid Scott, Jenny Slate, Michelle Lee, Grace Wan, Kayko Thompson, Tom Holland, Woody Harrelson, Sailor Larocque, Mac Brandt, Marcella Bragio, Ron Cephas Jones, Sam Medina, Sope Aluko e Christian Convery. Nelle nostre sale da giovedì 4 ottobre 2018.