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No – I giorni dell’arcobaleno: recensione in anteprima

Vi proponiamo la recensione di No – I giorni dell’arcobaleno del cileno Pablo Larrain, visto da Cineblog in occasione del Festival di Cannes 2012. Larrain chiude così la sua trilogia sulla dittatura di Pinochet, dopo Tony Manero e Post Mortem, con un’opera che ragiona non solo su un periodo storico e sulla ribellione di un paese, ma anche sull’immagine. Con uno straordinario Gael García Bernal.

pubblicato 30 Aprile 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 15:13

Nel 1988, il Cile viene chiamato a votare per un particolare e decisivo referendum. Chi lo vuole? Augusto Pinochet, per riconfermarsi nuovamente capo dello stato. Un pubblicitario viene ingaggiato per ideare la campagna pubblicitaria per il NO. Costui, a differenza della “committenza”, è deciso in un modo tutto suo a sconfiggere la campagna di Pinochet semplicemente mandando un messaggio di speranza per un futuro migliore. Una campagna talmente originale da funzionare e far cadere seriamente il dittatore cileno subentrato con il golpe ad Allende…

Tony Manero, Post Mortem, e ora No – I giorni dell’arcobaleno. Si conclude la trilogia che Pablo Larraín ha dedicato al passato buio e terribile della sua nazione, ma questa volta c’è una grande novità: non si tratta più di un film grottesco, algido e terrificante. Se Post Mortem era l’estremizzazione radicale di Tony Manero, No è la negazione dei suoi capitoli precedenti. Il perché è a suo modo anche abbastanza semplice: se la storia del primo capitolo era ambientata in piena dittatura, e il secondo ne narrava le “origini”, il capitolo conclusivo racconta la sua fine. Una fine vittoriosa e carica di speranza.

Gael García Bernal interpreta René Saavedra, colui che deve mettere d’accordo diversi partiti ed architettare la rischiosa quanto efficace campagna pubblicitaria contro il Sì di Pinochet, mentre Alfredo Castro (per la terza volta di fila con il regista) interpreta il suo capo Lucho Guzmán, schierato invece dalla parte opposta. Larraín ha descritto questa vicenda come quella di Davide e Golia: i contrari alla dittatura e alla violenza – spesso gente umile che ha vissuto sulla propria pelle torture, esilio e quant’altro -, e tutti quelli che, dopotutto, si sentivano bene sotto Pinochet e lo sostenevano.

15 minuti: questo il tempo che i due “partiti” avranno al giorno, per un totale di 27 giorni, per poter mostrare in tv la propria campagna. René non vuole mostrare l’orrore della dittatura, ma, attraverso la rielaborazione dell’immaginario più recente del mondo pubblicitario, applicare questa lezione ad una campagna politica. Bisogna puntare quindi sulla speranza, sulla felicità, su un messaggio che passi attraverso un’estetica cool tipicamente nord-americana, da spot della Coca-Cola… Il NO vince con il 54% dei voti, contro tutti i sondaggi e tutte le previsioni.


L’idea geniale di Larraín è quella di girare il film in 4/3 con l’U-matic, proprio come si faceva con la tv degli anni 80. Le immagini di fiction, quasi triplicate nei colori, si fondono così perfettamente a quelle degli spot televisivi dell’epoca. Il regista è uno dei pochi che pare aver capito che il repertorio, inserito in un lungometraggio di finzione – anche se basato su una storia vera -, è molto pericoloso e difficile da integrare. Così facendo non solo abbatte il problema, ma regala una magistrale e sperimentale lezione di regia cinematografica.

E se No è una grande lezione di regia, lo è anche di costruzione del suo personaggio principale, che avrebbe potuto essere fagocitato dalla passione politica del regista ed usato semplicemente in funzione del discorso sulla campagna pubblicitaria. Invece di René ci si affeziona seriamente, anche se non viene mai calcata la mano sulla sua storia. Bastano poche cose messe al punto giusto per farci tifare per lui, per stargli accanto, gioire e soffrire con lui, persino commuoverci. Un figlio, una ex-moglie che va e viene, un passato in Messico, uno skateboard, tanta intelligenza e creatività. Bernal regala una interpretazione suprema, ma anche tutto il resto del cast è da applausi convinti.

Insomma: No riesce a mescolare davvero alla perfezione Storia, politica, un discorso perfetto sul mondo della pubblicità e amore per i suoi personaggi, trasportando lo spettatore in un vortice di sensazioni che non lasciano più via di scampo. Ciò che René intendeva viene spiegato in modo benissimo: la situazione del Cile, che stava per certi versi “bene” così come stava, doveva essere cambiata per forza, perché molti si erano ormai abituati a vivere nella cultura dell’orrore e della morte (che si manifesta nel film attraverso botte e minacce inquietanti). Confrontatelo con il discorso fatto per Reality di Garrone, i punti di contatto non mancano…

E alla fine Larrain, che è tra i migliori autori in circolazione, sa chiudere nel momento migliore, lasciando una sensazione di amarezza che non si sa come prendere. Vedere per credere. Da segnalare i semplici e bellissimi titoli di testa e di coda, formati da pagine girate a mano una alla volta. Peccato che a Cannes 2012, dove No ha avuto la sua premiere nella Quinzaine, non abbiano avuto il coraggio di metterlo in concorso. Candidato cileno agli Oscar 2013, il film è entrato meritatamente nella cinquina finale come miglior film straniero.

Voto di Gabriele: 10

No – I giorni dell’arcobaleno (No, Cile, drammatico 2012) di Pablo Larraín; con Gael García Bernal, Alfredo Castro, Luis Gnecco, Antonia Zegers, Diego Muñoz, Néstor Cantillana, Marcial Tagle, Manuela Oyarzún, Jaime Vadell. Qui il trailer italiano. Uscita in sala il 9 maggio 2013.

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