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Una notte da leoni 3: recensione in anteprima

L’epilogo (?) della saga di The Hangover: esagerato, iperpompato ma dalla comicità un po’ fiacca e ormai stancamente ripetitiva.

pubblicato 28 Maggio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 14:04

Una notte da leoni 3 potrebbe essere riassunto con 3 T: Tutto, Tanto, Troppo. E ancora. Erano partiti da Las Vegas nel primo capitolo, li avevamo lasciati in Thailandia ancora più fuori di testa e ora nel terzo e probabilmente ultimo capitolo della saga li troviamo in un devastante road trip tra Tijuana e Las Vegas.
Vi avevamo già presentato varie immagini e trailer del nuovo film di Todd Phillips e ora veniamo alla recensione, dopo l’anteprima di oggi a Milano: esagerato. E non è per forza un complimento. Il “branco dei lupi”, composto dai quattro protagonisti dei primi due film, questa volta non ha addii al celibato o matrimoni da affrontare e il viaggio non è a ritroso, alla disperata ricostruzione delle follie che li hanno condotti all’amnesia, bensì in avanti, verso il futuro.
Il tutto ha inizio con Alan (Zach Galifianakis), ormai non più giovane psico-ritardato geniale (ma solo nell’espressività), che deve fronteggiare la morte del padre: solo e sempre più instabile inizia un viaggio con gli altri tre amici Doug, Phil e Stu verso una comunità che cura i disturbi psichici in Arizona. Non vi arriveranno mai perché il loro viaggio sarà interrotto non da una sbronza colossale o da un’indigestione di allucinogeni, ma da una preponderante forza esterna rappresentata dal gangster Marshall (John Goodman) che, una volta preso in ostaggio Doug, costringe gli altri tre a mettersi sulle tracce di Mr Chow (Ken Jeong) per catturarlo e costringerlo a restituire un colossale bottino.

Il resto inutile raccontarlo, sia per non rovinare la visione, sia per l’immane caleidoscopio di avventure che si sussegue dall’inizio alla fine. Un gran film? Non proprio: farsa d’azione che si ripete o ripetitivo film d’azione farsesco? I motivi d’ilarità ci sono tutti, ma quelli veramente esilaranti sono anche i più grevi (si spreca il politicamente scorretto nei confronti di animali, anziani e minoranze): il resto è una reiterazione di motivi già intessuti nei precedenti, con Alan perennemente fuori contesto e Mr Chow che spara volgarità sgrammaticate con la frequenza di un AK47 in modalità automatica.

La produzione è assolutamente pregevole, con un dispendio di risorse ed energie che lo rendono un vero colossal da far invidia al Bruce Willis dei tempi migliori, inoltre la fotografia è notevole e in talune sequenze paga un tributo al western dei tempi migliori, a Traffic (volutamente citato in alcune immagini girate a Tijuana) e all’onnipresente Paura e delirio a Las Vegas. Grande la colonna sonora, con classici del passato e del presente, da Phil Collins ai Nine Inch Nails, passando per i Black Sabbath e Billy Joel. Si sprecano anche le volute citazioni a grandi film del passato, talmente numerose da ricordare le sceneggiature tarantiniane: partendo da Le ali della libertà e proseguendo immediatamente per Il fuggitivo e finendo con la copertina di Abbey Road dei Beatles a immortalare i nuovi “Fab Four” della comicità americana.

Anche se in realtà i protagonisti sono solo Zach Galifianakis e Ken Jeong: gli altri sono comprimari che offrono il fianco alle loro follie o offrono spunti per la battuta di turno. Si nota una volontà di definire ogni personaggio come fosse un tipo caratteriale ben definito: Bradley Cooper alias Phil è il leader sicuro di sé, il già citato Galifianakis il gregario dalla cieca fiducia nel capo mentre l’occhialuto Ed Helms rappresenta l’uomo medio che messo alla prova riesce a dominare le sue paure e a salvare la situazione (il povero Doug praticamente è invece ridotto a ruolo di comparsa). Gli altri, a partire da Ken Jong (Mr Chow) sono solo cartoons, caricature e la convincente bravura di John Goodman non riesce comunque ad essere convincente in un contesto sfavillante e posticcio quasi quanto Las Vegas.

Voto di Francesco: 6
Voto di Federico: 5

Commento di Antonio Maria Abate

Tagliamo corto. Hai un budget 100 e passa milioni di dollari (103, per l’esattezza); ma non bastano. Hai quattro attori di cui almeno due si sono seriamente imposti proprio grazie al progetto The Hangover, ed i cui nomi sono inscindibilmente legati a questa saga; ma non bastano. Hai alle redini un tizio (Todd Phillips) che pochi anni addietro è riuscito a tirare fuori un progetto per certi aspetti epocale nell’ambito di competenza, con quel primissimo Una notte da leoni che è a conti fatti un contenitore di trovate assurde proposte in crescendo ed impacchettate ancora meglio; ma non basta. A questo punto, avendo vagliato almeno tre componenti di tutto riguardo, non sarà forse che il progetto in questione si era meravigliosamente arenato proprio in prossimità di un vicolo cieco già col primo?

Voglio dire, Una notte da leoni 2 aveva già dimostrato che il solo osare con episodi ed uscite al limite di per sé non fosse sufficiente. La mossa vincente è stata quella adottata nel primo, ossia lasciarci in bilico sull’orlo di una voragine narrativa dopo meno di metà film e da lì in avanti ripartire in quarta. Non ti aspetti la voragine né come verrà colmata, e alla fine te ne torni a casa sorpreso, soddisfatto e divertito come accade poche volte. Credevamo che il secondo esperimento avesse insegnato qualcosa oltre al fatto che si trattasse di un brand alquanto proficuo, ed invece la lezione è stata appresa solo in parte.

Cos’è Una notte da leoni 3, dunque? Semplice, un The Hangover senza hangover; sia letteralmente che a qualunque altro livello. Stavolta l’episodio scatenante non è una pastiglia o una dose di chissà quale sostanza, bensì un sequestro, che scatena una vicenda la quale non manca di far a tratti pure sorridere, più o meno per gli sconsiderati motivi che conosciamo. Ma non è Una notte da leoni. E sì che c’era bisogno di virare un po’ verso qualcosa di diverso, ma il risultato denota in modo oramai inequivocabile quanto l’intero concept avesse inesorabilmente detto tutto già nel 2009, in quel volume auto-conclusivo di goliardie estreme. Non si tratta di atteggiarsi a spettatori troppo esigenti: tolto il paragone col primo, che a conti fatti non si pone nemmeno per come ne uscirebbero i due sequel, a questo terzo manca quasi in toto la verve comica, unica e travolgente che era doveroso infondere almeno in misura accettabile. Non succede, e si resta ancor più amareggiati quando si prende atto di quell’ultimo, illuminante exploit, vanificato perché lasciato inesploso: come chi ti allunga una caramella appena scartata per poi tirare indietro il braccio e mangiarsela sotto i tuoi occhi. Non so se rendo l’idea; ma l’amarezza rimane.

Voto di Antonio: 4,5

Una notte da leoni 3 (The Hangover III: commedia, USA, 2013) di Todd Phillips, con Bradley Cooper, Ed Helms, Zach Galifianakis, Ken Jeong, Justin Bartha, John Goodman.