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Roma 2013 – Tir: Recensione in Anteprima

Ultimo titolo italiano in Concorso al Festival Internazionale di Roma – Tir di Alberto Fasulo

pubblicato 15 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 07:18

Terzo ed ultimo italiano. Il Festival Internazionale del film di Roma si è sparato oggi le cartucce conclusive in corsa per il Marc’Aurelio d’Oro. Non solo Takashi Miike, questa sera presentato al pubblico dopo l’esaltante preview stampa di ieri sera, e l’atroce Another Me, ma anche l’atteso Tir di Alberto Fasulo, 5 anni fa esordiente al cinema con il documentario Rumore Bianco. E sempre di forma documentaristica dobbiamo parlare per questa sua opera seconda, realizzata su strada, dopo 5 anni di ricerche condotte in solitaria, a contatto con sconosciuti, a bordo di autocarri e autoarticolati. Perché Tir, titolo inequivocabile, si concentra sulla figura di un camionista.

Sbertucciati, criticati, spesso insultati dagli altri automobilisti in autostrada, i camionisti sono per molti di noi figure ‘misteriose’. Immaginiamo all’interno dei loro camion solo calendari sexy e poco altro, se non fosse che sopra quei bestioni su ruote ci sia la loro vita. Una vita di fatica e solitudine, una vita che li costringe a girare l’Italia, se non addirittura l’Europa, abbandonando moglie, mariti e figli per giorni e giorni. Una vita fatta più di oneri che di onori, spesso priva di diritti e negli ultimi anni di crisi economica legati ad un’esistenza sempre più complicata e il più delle volte massacrante.

Ed è qui che il docu-film di Fasulo vince la sua sfida. Seguendo passo passo la quotidianità di Branko, ex insegnate sloveno che ha preferito sacrificare le proprie giornate su un camion. Perché la paga di un camionista ‘italiano’ vale quasi 4 volte la paga di un professore a Rijeka. Ma tutto ha un prezzo, ovviamente, perché questa sofferta decisione sta logorando Branko e la sua famiglia, la moglie sempre distante e il figlio bisognoso d’aiuto economico. Ma lui non molla, non ha intenzione di gettare la spugna, perché ostinato a nobilitare un mestiere alienante, spesso assurdo e schiavizzante.

Un lavoro che Fasulo porta in sala mostrandolo agli occhi di chi troppo spesso neanche lontanamente immagina. Perché i camionisti hanno delle ‘regole’ stradali da dover rispettare. Delle soste obbligatorie da dover pianificare, puntualmente trascurate per volere di padroni che minacciano: ‘se non fai così vai pure a casa‘. In un Paese che vede ancora oggi il 91% del trasporto merci su strada, il ruolo del camionista è fondamentale, eppure troppo spesso trascurato, per non dire ‘schiavizzato’. Fasulo, nel seguire ora dopo ora, giorno dopo giorno, scarico dopo scarico il ‘suo’ camionista, ha la forza di renderlo quasi eroico, anche se di fatto costretto ad accettare simili fatiche ed imposizioni dall’inevitabile mutamento degli eventi.

Branko dorme sul camion, mangia e cucina sul camion, si fa la doccia sul camion. Quel tir è la sua casa, il suo bagno, il suo letto, la sua vita. Unendo realtà a finzione, con due fonici al suo fianco e una camera ‘attaccata’ al volto dei protagonisti per sei lunghi mesi, Fasulo ha dato vita ad un ibrido cinematografico che ha fatto storcere più di qualche bocca alla prima stampa, con tanto di giuria a sorpresa presente in sala. 12 anni fa mattatore con No Man’s Land di Danis Tanovic, premiato a Cannes per la sceneggiatura, Branko Zavrsan si è qui trasformato in attore ‘senza recitare’, accettando la sfida di diventare e soprattutto ‘essere’ camionista. Riuscendo con credibilità nella tutt’altro che semplice impresa.

Voto di Federico: 7
Tir (Italia, 2013) di Alberto Fasulo; con Branko Završan, Lučka Počkja, Marijan Šestak

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