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Capitan Harlock 3D: recensione di un mito per il grande schermo

Recensione di Capitan Harlock 3D, il mito immortale portato nei cinema italiani da Lucky Red a partire dal 1 gennaio 2014.

di cuttv
pubblicato 28 Dicembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 05:43

Il mantello nero continua a sventolare nello spazio siderale dell’immaginario, con il leggendario pirata intergalattico nato dal genio di Leiji Matsumoto, mentre il mito immortale, capace di spingersi ben oltre i confini del fumetto e della fortunata serie animata, continua ad infrangere le barriere del tempo e dello spazio profondo, arrivando in sala con il lungometraggio in computer grafica 3D della Toei Animation.

Capitan Harlock 3D (Space Pirate Captain Harlock), distribuito nelle sale italiane da Lucky Red a partire dal 1 gennaio 2014, è infatti una rilettura in 3d e computer grafica della figura che affonda le sue radici nel mito, restando pur sempre figlio dei tempi che cambiano insieme alle generazioni, il target e l’estetica.

L’unico mito capace di difenda l’umanità da se stessa, ieri i terrestri apatici dalle minacce aliene, oggi quelli indegni dalla corrotta Coalizione Gaia che ha bandito la razza umana dal pianeta Terra, con tanto di ‘velatissima’ denuncia alla politica del Giappone in materia di riscaldamento globale e sfruttamento delle risorse.

Un antieroe dal passato oscuro, divorato dai sensi di colpa, meno malinconico e idealista dell’Harlock trasformato in simbolo di libertà e rivolta da generazioni, come gli “Albator” sedotti dalla serie francese.

Un fantasma dark come l’atmosfera funesta del film, disposto a disfare i “Nodi del tempo” per riportare la Terra all’epoca in cui non era ancora abitata dagli uomini, a sacrificare tutto e tutti al ciclo universale di vita, morte e rinascita, tentando un ritorno alle origini “in un lontano futuro … o forse in un passato distante”, degno della nostra epoca che ha perso fiducia nel futuro, sedotta da remake e reboot anche nella fantascienza.

L’Arcadia affidata al restyling di Takehiko Hoashi, batte sempre bandiera pirata, alimentata da materia oscura, al centro di battaglie, esplosioni e acrobazie tra i satelliti, rese più avvincenti dalla computer grafica stereoscopica, che sposta l’universo narrativo e visivo ben oltre gli standard giapponesi, e vicino a produzioni holliwoodiane come Star Wars e Battlestar Galactica. Del resto l’ideatore delle parti meccaniche, Atsushi Takeuchi della Production IG, è noto per la sua collaborazione al film Star Wars: The Clone Wars.

Merito di anni di lavoro, un budget superiore ai 30 milioni di dollari, il massimo di precisione dei rendering (visualizzazione di informazioni digitali come movimenti e riflessi dei personaggi) ottenuti con il programma Arnold Render, il sistema di facial capture Faceware, in grado di catturare le espressioni del volto degli attori in tempo reale, già usato dalle produzioni americane di Avatar, Lo Hobbit o L’alba del pianeta delle scimmie.

La rivisitazione di Harlock affidata allo scrittore di fantascienza Harutoshi Fukui, pur non lesinando riferimenti al fumetto originale, alla serie televisiva classica, e ai diversi film dedicati all’eroe spaziale come Harlock Saga – L’anello dei Nibelunghi” (Matsumoto, 1999), si spinge ad un 2977 con cinquecento miliardi di profughi umani che sognano di fare ritorno su un pianeta che ancora chiamano patria, trasformando il personaggio in un eroe leggendario, che incute timore con la sua presenza quasi fantasmatica e taciturna, incombe da lontano su tutto e tutti.

La scena e il punto di vista cambiano insieme a personaggi e nomi dell’universo narrativo, in sintonia con quel Leijiverso restato sempre indipendente da logica e coerenza narrativa, ruotando intorno al rapporto-conflitto tra l’ultimo acquisto dell’equipaggio dell’Arcadia (con cambio di nome da Tadashi a Logan), e il fratello invalido Ezra, a capo della Flotta di Gaia. Con loro, cambiano nome il mozzo corpulento e generoso Yattaran (Yulian) e la fascinosa mercenaria Yuki (Kai), mentre li conservano uguali l’aliena Meeme e l’amico Tochiro, (più magro però).

Nel viaggio del mito abbiamo smarrito lo spessore del personaggio, quello spirito epico e malinconico di Matsumoto, insieme al tratto bizzarro e ironico, e tra mantelli che svolazzano al rallentatore, stivali che atterrano con fragore, cadute vertiginose, battaglie roboanti ed effetti scintillanti, il valori del capitano non si impongono come vorrebbe la campagna contro la pirateria lanciata con il film.

Il film diretto da Shinji Aramaki non lesina pregi e spettacolarità, sorprende per il doppiaggio del carismatico capitano di Gianfranco Miranda, e sebbene non sia privo di difetti, quelli tipici delle animazioni (ed esasperazioni stilizzate) giapponesi, o quelli che può reclamare ogni orfano del valoroso e malinconico Capitan Harlock di Matsumoto, resta un discreto spettacolo per gli occhi.

Il mio cuore però è del capitano sin dagli anni ’80, e se il suo fascino regge bene il tempo, le cicatrici e gli effetti speciali (con più estetica che anima), nel mio giudizio complessivo, comunque alto, pesa la nostalgia per il Pirata spaziale più idealista e ottimista, che comunque questo film ha il pregio di aver risvegliato, ergo..

Voto di Cut-tv’s: 8
Voto di Gabriele: 6

Capitan Harlock 3D (Space Pirate Captain Harlock, 115 min, Animazione, Fantascienza, Giappone, 2013) di Shinji Aramaki. Con Shun Oguri, Haruma Miura, Yu Aoi, Arata Furuta, Ayano Fukuda. Al cinema dal 1 gennaio 2014.