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La Teoria del Tutto: recensione in anteprima del film su Stephen Hawking

Torino Film Festival 2014: James Marsh dirige un Eddie Redmayne da Oscar nei panni di Stephen Hawking, mente fra le più geniali del 20° e 21° secolo. Ma La Teoria del Tutto è un biopic fin troppo corretto rovinato dagli ultimi retorici minuti.

pubblicato 26 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:13

Avevamo lasciato James Marsh con un Oscar in saccoccia (per Man on Wire) e due film di finzione, l’ultimo dei quali era uscito due anni fa, il bel Doppio gioco. Lo ritroviamo al timone di uno dei biopic cinematografici più attesi degli ultimi anni: quello sulla vita di Stephen Hawking, mente fra le più geniali del 20° e 21° secolo.

Costosa produzione inglese della Working Title Films, il film è stato subito valutato dagli espertoni degli Oscar che lo hanno individuato come uno dei titoli in gara per un premio che conta: quello per il miglior attore. La Teoria del Tutto infatti è il veicolo perfetto per consacrare il talento di Eddie Redmayne, inglese classe 1982 che questo Oscar richia davvero di portarselo a casa. Il suo sorriso e le sue espressioni contagiano. Però il film forse non è alla sua altezza…

Siamo a Cambridge, nel 1963. Stephen Hawking è uno studente di cosmologia di Cambridge determinato a trovare una spiegazione semplice ed eloquente per l’universo. Anche il suo mondo privato gli si rivela quando quando ad una festa incontra la studentessa di lettere Jane Wilde. I due si adocchiano subito. “Chi è quello?”, chiede Jane a un’amica. “Quello? È uno strano”.

Stephen è un vero genio. I professori l’hanno già individuato come uno potenzialmente valido, e il ragazzo deve solo scegliere l’argomento della sua tesi finale. Ma nel pieno della giovinezza, e dopo aver invitato ufficialmente Jane al ballo dell’Università, la sua vita è travolta dalla diagnosi di una malattia dei motoneuroni che gli compromette movimento e linguaggio, lasciandogli, secondo i primi referti, solo due anni di vita…

Più che un’esplorazione del Hawking teorico, il film di Marsh è proprio un semplice e lineare biopic alla Hollywood che scava più nei sentimenti e nella storia privata. Il cuore pulsante de La Teoria del Tutto è infatti il rapporto dell’uomo con la moglie: lo si capisce sin da quel primissimo sguardo che i due si scambiano a tavola dopo che lui l’ha invitata al ballo.

Si passa poi al primo, bellissimo bacio sul ponte in occasione dello stesso ballo, agli scambi di conoscenze (lui cita teorie, lei cita passi di libri), al matrimonio, ai figli e ai primi problemi. Poi c’è la malattia: dai primi sintomi, che lo spettatore può notare dalle prime lettere scritte male col gessetto sulla lavagna, fino al primo vero incidente che gli fa perdere l’equilibrio e cadere a terra. Si passa quindi ai primi esami e alla diagnosi.

L’aspettativa è quella di 2 anni di vita, e al sentirsi dire che perderà gradualmente l’uso dei muscoli, Stephen chiede per prima cosa al medico cosa succederà al suo cervello. “Non viene colpito, ma il problema è che nessuno capirà i tuoi pensieri”. Invece i suoi pensieri non solo furono capiti, ma rivoluzionarono la scienza e il modo di pensare l’Universo e il tempo. Complice soprattutto l’aiuto onnipresente di Jane: che però restò al suo fianco per 25 anni, prima del divorzio.

L’idea migliore della sceneggiatura di Anthony McCarten è quella di non lasciare mai da parte il personaggio di Jane (interpretata da una brava Felicity Jones), ma anzi di darle tutta la dignità possibile di moglie e soprattutto donna. Non a caso il film è tratto dal suo libro. Poi lo script è stato evidentemente scritto con a fianco un manualino di scrittura cinematografica base, talmente è “corretto”.

Non manca nemmeno l’ovvio elemento narrativo che torna utile nel finale per completare la fuoriuscita della lacrima facile. Finale che ammazza un film fino a quel momento davvero (troppo) corretto, ma che aveva una sua dignità. Marsh e McCarten decidono invece di giocare sporchissimo, però non riescono nemmeno a nascondere bene la loro presunta furbizia indirizzata a strappare fiumi di lacrime.

Negli ultimi 10 mega-retorici minuti succede davvero di tutto, applausi del pubblico verso Hawking compresi. Con tanto di brano superfamoso da pubblicità usato nell’ennesimo montaggio veloce di immagini, trucchetto già usato in precedenza: solo che questa volta il tempo va all’indietro (capito il gioco interno?). Marsh, per quel che riguarda il montaggio veloce con musica, dovrebbe davvero guardarsi Mommy di Dolan.

Voto di Gabriele: 5
Voti di Federico: 6+

La Teoria del Tutto (The Theory of Everything, Inghilterra 2014, biopic 123′) di James Marsh; di Eddie Redmayne, Felicity Jones, Tom Prior. Qui il trailer italiano. In sala dal 15 gennaio 2015.

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