Home Notizie Venezia 2012 – Mi faccio coraggio e mi butto: il Leone d’Oro a Paul Thomas Anderson ma anche Kim Ki-duk lo merita

Venezia 2012 – Mi faccio coraggio e mi butto: il Leone d’Oro a Paul Thomas Anderson ma anche Kim Ki-duk lo merita

Editoriale di Italo Moscati dal Lido con le sue previsioni. Ci avrà azzeccato? Vedremo.

pubblicato 4 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:31

Mi butto, a pochi giorni dalla fine della Mostra, quando ancora si attendono altri importanti film, fra i quali quelli di Marco Bellocchio Bella addormentata e di Francesca Comencini Un giorno speciale, per restare soltanto in ambito italiano. La ragione per cui ho deciso di bruciare le tappe riguarda sia il film di Paul Thomas Anderson, The Master che Pieta di Kim Ki Duk. Ad essi, per completare un primo sfondo, vorrei aggiungere Après mais di Olivier Assayas.

America, Corea, Francia. Tre paesi molti distanti tra loro, con storie, umori, emozioni, angosce che trasmettono una incertezza di fondo, domande senza risposte, sguardi fermi. The Master è la storia di un soldato americano dopo la seconda guerra mondiale, cerca di darsi una professione: prova con la fotografia; prova a cercare vecchie e nuove energie in cocktail da lui stesso inventate, vere bombe al cuore; prova infine ad entrare in una sorta di setta religiosa.

Pietà punta l’obiettivo di un giovanissimo, nel paese ancora diviso in due, la Corea, in cui gli americani esportarono uno dei primi atti della guerra fredda-calda. Il ragazzo presta denaro a strozzo e se i malcapitati non pagano, li storpia per avere i soldi dalle assicurazioni. Cadrà in una trappola micidiale.

pieta-POSTER Après mai racconta gli anni immediatamente dopo il Maggio francese nel 1968, tra contestazioni, slanci ideologici ideologici e artistici, ne fa un bilancio sospeso di alcuni dei personaggi che hanno vissuto quella esperienza.

Tre situazioni e una questione che al tempo presente risulta sempre più chiara, in un cinema che non cerca lo spettacolo ma cerca la realtà dietro le apparenze della realtà.
Il soldato di The Master sogna di continuare ad essere quel che è, cambiando sogno, sognando di avere davanti un viaggio fatto di solidarietà non solo etica, umana, sostanziale. Ma il Maestro in cui s’imbatte si rivela ambiguo e contraddittorio. Il suo fascino “missionario” ricorda quei gruppi, spesso capaci di mobilitare migliaia di persone, in cui avanza una strana terapia in cui la sostanza è costituita dagli interessi del Maestro troppo ispirato anche dai cocktail.

Pietà una donna si presenta al giovane strozzino, folle nella sua violenza, come la madre che lo ha abbandonato e vuole rimediare tornando a riprendere il suo posto, e a ricomporre una famiglia, con lo scopo di interrompere la catena del figlio. Non vado oltre nel racconto, abilissimo nei colpi scena, perché i toni da tragedia greca sono al servizio di uno svelamento di potente effetto. Il senso è la rappresentazione di un mondo dove tutto o molto ruota intorno al denaro, e non sarebbe una novità, ma in cui terra e cieli sono vuoti. Solo la morte è l’esito che prepara astuti agguati.

Après mai è l’affacciarsi dei contestatori del ’68 in una vicenda politica che svela presto i suoi limiti per mancanza di idee e di sviluppi (tornano le vecchi ideologie del primo Novecento), e propone un viaggio nel futuro fatto solo di intenzioni personali, dissolte ovunque. Il che è vero, ed è un retaggio che continua nel lungo sessantotto che ha mostrato e nascosto i giovani, e loro speranze. Ma il bilancio è appunto ristretto ai giovani che amano l’arte,e la sognano, forse la sogneranno sempre. Il film è più risolto e avvincente di Dreamers di Bernardo Bertolucci. Le premesse sono le stesse. Il ’68 non fu solo artistico, fu soprattutto politico, molti ragazzi sono entrati in politica grazie o a causa di quel passaggio storico non solo in Europa.

Questo è il vero bilancio che manca, tarda a venire. E anche in questo caso, più grave dei casi dei film precedenti, sembra che gli occhi verso l’orizzonte non sappiano o meglio non vogliano guardare. Il mio Leone ad Anderson perché ha fatto un film magnifico, sul piano dello stile e della narrazione, e perché i suoi attori sono fenomenali. Per gli orizzonti bisognerà attendere.