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Sotto il cielo delle Hawaii – Aloha: recensione in anteprima del film di Cameron Crowe

Cameron Crowe ci porta alle Hawaii in questo suo travagliato ultimo lavoro. Sotto il cielo delle Hawaii – Aloha è coacervo di idee amalgamate male, con l’aggravante di un cast di prim’ordine a conti fatti sciupato

pubblicato 12 Agosto 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 13:33

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Di tutto un po’. O forse di troppo un po’. Ad ogni modo è in queste due considerazioni che si intravedono le crepe di un progetto come Aloha, la nuova commedia romantica di Cameron Crowe. Segnato a priori dalle intercettazioni ai danni di Sony, telenovela 2.0 sotto forma di ripetuti scambi di mail. Aspetto meno edificante è che quei continui botta e risposta tra Cameron, Pascal, Rudin ed altri ancora appaiano ben più interessanti di un film nato sotto una stella non buonissima e proseguito, a quanto pare, ancora peggio.

Verrebbe da chiedersi a che punto dei lavori ci si è accorti che qualcosa non andava ma che era già troppo tardi, e che quel qualcosa stesse essenzialmente in sceneggiatura. Il che è un problema non da poco per uno come Crowe, il cui studio dei personaggi è di solito accattivante, credibile. Aloha finisce con l’ergersi quale eccelso esempio di progetto andato storto, e a più riprese, ulteriormente affossato da un letale meccanismo di negazione, a quanto pare più diffuso di quanto sembri in certi ambienti, per cui in caso di incendio non serve scappare dall’edificio… basta lanciare frecciatine. O almeno, questo emerge dai reportage sulla vicenda.

Brian Gilcrest (Bradley Cooper) è un contractor, un mercenario insomma, che viene ingaggiato da un megalomane di nome Carson Welch (Bill Murray), uno che, avendo accumulato un’ingente patrimonio qui sulla terra, intende gettarsi da privato nella sua personale corsa allo spazio. Non si capisce bene quale sia il ruolo di Gilcrest in tutto questo; ciò che sappiamo è che è uscito miracolosamente vivo da un attentato a Kabul, a cui allude un estemporaneo flashback che lascia perplessi, e che la sua “missione” si svolge alle Hawaii, dove vive Tracy (Rachel McAdams), l’ex-fidanzata mollata in prossimità delle nozze ed ora sposata e con due figli. Qui opera pure il capitano Allison Ng (Emma Stone), “assegnato” proprio a Gilcrest..

Molto si è scherzato, proprio a proposito del personaggio della Stone, circa il suo ripetere di essere per un quarto hawaiana, misura che sembra fare retroattivamente nonché paraculescamente eco ad una delle critiche di certe vestali del politicamente corretto, secondo cui la presenza di gente locale in Aloha sia troppo ridotta. Non è sembrato a noi, visto pure che in uno dei passaggi del film Gilcrest va a trovare un suo vecchio amico, una sorta di indipendentista hawaiano che non viene nemmeno “macchiettizzato”, anzi. Ma i problemi sono altri.

Crowe fallisce in pieno i toni, per esempio; troppa disinvoltura nell’evocare un certo misticismo di fondo, che fa capolino qua e là nel corso del film senza mai incidere, senza che insomma venga dato un senso al suo richiamo. Poco sopra abbiamo fatto cenno ad una delle qualità di certo Crowe, quello di Jerry Maguire ed Almost Famous per intenderci, ovvero la capacità di tratteggiare profili verosimili, appassionanti. L’impressione in Aloha è che invece troppe cose vengano date per scontate, il che sarà magari dovuto alla pretesa ambiguità di fondo mediante la quale si vuole filtrare la storia; una storia che però si disgrega dinanzi a simile trattamento, anche perché la linea di confine tra l’ambiguo e l’incomprensibile è spesso troppo, troppo labile.

Lo stesso incipit non è avulso da certe tendenze di Crowe, il quale quasi sempre tenta di spostarsi all’interno del medesimo lavoro dal generale al particolare. Di solito, però, ciò avviene con scrupolo, anzitutto nei riguardi dei personaggi, ma anche in relazione alle vicende: che trattino di amicizia, successo, gloria, amore e quant’altro, vengono sempre collocate ad un livello congeniale alla storia ed ai suoi protagonisti. Giusto per dare un’idea, basta rivolgersi a Vanilla Sky, che è probabilmente uno degli azzardi più rischiosi della filmografia di Crowe; al passaggio dalla commedia alla fantascienza, infatti, qualcosa si logora, sebbene i compromessi fino a quel punto appaiano accettabili e Vanilla Sky resti comunque un lavoro godibile.

In Aloha c’è di mezzo addirittura una corsa agli armamenti spaziali, del tipo che ad un certo punto ci viene mostrata attraverso un laptop l’immagine del nostro pianeta letteralmente circondato da una miriade di satelliti pronti a distruggerla, mentre il personaggio della Stone, «per un quarto hawaiana», mette in campo la sua fede avvertendo che il cielo non si tocca (sempre per tornare al misticismo). Questo per quanto attiene al “generale”. Stesso dicasi per il “particolare”, contrassegnato anch’esso da un leitmotiv di Crowe, spesso e volentieri attratto dalla possibilità di raccontare storie d’amore difficili, se non apparentemente impossibili, o seconde possibilità. Qui lo fa sfoggiando un ménage à trois sentimentale alquanto raffazzonato, seppur foriero di quella che è con ogni probabilità la scena migliore del film, quando sul finire assistiamo ad uno scambio non verbale di battute tra Gilcrest ed il personaggio di John Krasinski, che lo spettatore intercetta attraverso i sottotitoli.

Vedete, Aloha non è il peggior film uscito quest’anno negli USA. Certo, fino alla fine non si capisce dove Crowe intenda andare a parare, mentre fa e disfa, aggiunge e toglie, per poi comporre un finale che inevitabilmente risente di così tanti passaggi forzati; con parecchie scene surreali di troppo, come praticamente tutte quelle in cui Brian e Tracy discutono a tu per tu di passato, presente e pure di futuro. Ciò che colpisce è più che altro l’incapacità di riconoscere certi limiti così palesi, una confusione che, alla luce del risultato, ci pare stia tutta su carta, non certo nella fotografia patinata del bravo Eric Gautier o nell’insolitamente modesta interpretazione di Bill Murray, per dirne due. C’era la location, ma soprattutto c’era un ottimo cast, in cui alla fine spicca Alec Baldwin, che è pure quello con meno minuti sullo schermo. Aloha è semplicemente un film non riuscito, che però aveva tutte le carte in regola per esserlo. Ed è questo che non gli viene né gli verrà perdonato.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4.5″ layout=”left”]

Sotto il cielo delle Hawaii – Aloha (USA, 2015) di Cameron Crowe. Con Emma Stone, Bradley Cooper, Rachel McAdams, Bill Murray, Ivana Milicevic, John Krasinski, Jay Baruchel, Alec Baldwin, Danny McBride, Jaeden Lieberher, Edi Gathegi, Sugar Lyn Beard, Michael Chernus, Danielle Rose Russell, Yousuf Azami, Fahim Fazli, Bill Camp, Lindsey Elizabeth, Joseph E. Agudo, Kelly Oxford, Mustafa Haidari e Rebecca Maltby.