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Gotham Awards 2015: il resoconto di Blogo della cerimonia di premiazione a New York

Abbiamo partecipato alla cerimonia di premiazione dei Gotham Awards 2015 a New York, cenando fra i nominati e vivendo in diretta le reazioni. Il nostro resoconto esclusivo della serata, tra emozioni e qualche dichiarazione…

pubblicato 2 Dicembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 10:38

Cipriani Wall Street, nel Financial District. C’è fibrillazione nell’aria già alle 17. Lo show comincia non prima delle 20, ma per preparare tutto – foto di rito, red carpet (in realtà silver), cocktail di benvenuto, e le portate della cena – si lavora da ore. Come si lavora da mesi per la preparazione di una cerimonia della durata di 3 ore, che filano via lisce con un meccanismo perfetto.

‘Ci lavoro da luglio’, mi dice il produttore dei Gotham, Andrew Houchens. Il bello è che in sala non se ne accorge nessuno: sembra tutto spontaneo. Oltre a organizzare lo show in sé, che come si può prevedere è un lavoraccio fatto di continue chiamate, tentativi e risoluzioni di problemi dell’ultimo minuto, ci stanno anche le nomination da ‘creare’, gestendo i comitati di selezione, e i nominati da gestire. I vincitori alla fine sono solo la punta dell’iceberg.

Verso le 18 iniziano ad arrivare i primi nominati e le personalità del mondo del cinema chiamate a presentare e consegnare i premi. Julianne Moore s’imbatte per caso in Sarah Paulson, la quale accompagna Todd Haynes, vincitore di uno dei quattro premi-tributo alla carriera. Glielo consegnerà proprio la Moore: bella pensata, visto il loro sodalizio che continuerà anche con il prossimo Wonderstruck.

Ci si sposta in una piccola sala al piano superiore da cui si può vedere la sala principale dove avverrà lo show e sarà servita la cena. Qui viene servito il cocktail di benvenuto, e si aggirano indisturbati Michael Keaton, Laurie Anderson, Sean Baker, Matt Dillon, John Turturro, e registi esordienti come John Magary e Marielle Heller. L’atmosfera si fa subito più rilassata, anche perché è il momento di salutare chi si conosce e scambiare due chiacchiere informali.

Si aggirano anche professionisti della Greater Fort Lauderdale Film and Music Commission, in Florida, tra gli sponsor principali della serata: vogliono incontrare i giovani registi e produttori. ‘Nella nostra area diamo incentivi in denaro se si viene a girare lì: una bella opportunità per i giovani, ma spesso loro non lo sanno’, mi dice Noelle Stevenson, la Film Commissioner. C’è però poco tempo per le presentazioni, e alle 20 si riscende nella sala grande per prendere posto al proprio tavolo.

85 tavoli con una media di 8 posti a sedere. E mentre gli invitati si godevano il primo bicchiere, i camerieri stavano già servito la prima portata. Cominciano quindi la cena e la cerimonia di premiazione: salgono sul palco le presentatrici Ilana Glazer e Abbi Jacobson della serie tv Broad City. Che siano due star del piccolo schermo a presentare l’edizione numero 25 dei Gotham la dice lunga, anche perché per la prima volta si è instituito il premio per le migliori serie, sia in tv che sul web.

Ilana e Abbi sono ovviamente ironiche, seguono il copione classico secondo il quale non bisogna prendere troppo sul serio argomenti e nominati. La loro conduzione diverte ed è in tono col ritmo veloce della serata. A me è invece parso che ogni volta che qualcuno sul palco azzardava a fare battute su Donald Trump calasse un po’ il gelo e il fastidio in sala. Questo, dell’America e in parte anche dell’industria, mi continua a far paura: come se i tempi dei fischi a Michael Moore durante il suo speech contro Bush agli Oscar non fossero davvero passati.

Dopo l’introduzione delle presentatrici sale sul palco Joana Vicente, Executive Director di IFP: ricorda che questa è appunto l’edizione numero 25, che due anni fa IFP ha aperto il bellissimo Media Center, open space con uffici e start up a Dumbo, Brooklyn. E Joana ricorda che lo spirito dei Gotham è sempre quello di celebrare artisti affermati e scoprire nuove leve: c’è da riconoscere che in questo sono i premi più coerenti da anni.

In 3 orette vengono assegnati 10 premi e 4 tributi, e ci sono due pause da 15 minuti. Il primo premio, quello per il miglior interprete esordiente, è anche quello che scriverà la storia per davvero: vince infatti Mya Taylor, una delle due attrici transgender di Tangerine. Il boato di gioia in sala è clamoroso. Un peccato che non ci sia la Taylor a ritirare il premio: come spiega Sean Baker, che accetta il premio in suo onore, purtroppo ha perso il suo aereo.

La speranza del regista è che “l’industria accolga Mya e Kiki. C’è talento nella comunità transessuale: sta solo a noi riconoscerlo, sta a noi fare il casting”. Mya sarà poi giustamente la prima ad arrivare all’after party (e al party privato del film in un karaoke a Chinatown). Baker salirà di nuovo sul palco per ritirare il meritato e sorprendente premio del pubblico, composto dai membri di IFP, i quali potevano votare un titolo tra quelli nominati a miglior film, miglior documentario e miglior regista esordiente.

Io personalmente urlo anche quando Jonas Carpignano vince a sorpresa il premio come miglior regista esordiente per Mediterranea. “Anch’io ho urlato!”, mi confessa più tardi Savina Neirotti, direttrice del TorinoFilmLab, che nell’ultima edizione ha premiato il nuovo progetto del regista italiano, A Ciambra. Il film, che nasce da un suo corto, Jonas lo vuole girare al più presto. Mi confessa che preferisce focalizzarsi su questo e sulle (meritate) vittorie all’estero piuttosto che sul fatto che in Italia ancora Mediterranea non abbia (vergognosamente) distribuzione. Come si dice in questi casi? Nemo profeta eccetera eccetera…

Non ha stupito quasi nessuno il premio come migliore attore a Paul Dano, ma perché poteva in fondo vincere chiunque. Comunque il ragazzo in Love & Mercy è bravissimo. Ha lasciato invece stupefatti, come ha sottolineato l’applauso inizialmente un po’ timido, la vittoria di Bel Powley, classe 1992, come miglior attrice. Bravissima e coraggiosa in Diary of a Teenage Girl, la Powley è andata a ritirare il premio con uno sguardo smarrito. Ha battuto le super-favorite Cate Blanchett e Brie Larson. Ma alla fine i Gotham sempre preferiscono nuove attrici, vedi l’anno in cui proprio la Larson di Short Term 12 batté la Blanchett di Blue Jasmine.

Tra i momenti più esilaranti della serata c’è sicuramente quello che vede coinvolte Nadia Manzoor e Radhka Vaz, le creatrici e interpreti di Shugs and Fats, web series su due donne musulmane che vivono nella ‘libera’ Brooklyn. Le due attrici, ritirando il premio per Breakthrough Series – Short Form, affermano ironicamente che “di solito in questi casi si ringraziano le famiglie… ma per essere qui noi siamo sfuggite alle nostre famiglie!”. Le due danno anche il via alla battute su Trump, che picchierebbero volentieri col trofeo.

Joshua Oppenheimer non è potuto essere a New York per ritirare il premio per il miglior documentario: ma questo riconoscimento fa avanzare comunque The Look of Silence come frontrunner nella corsa agli Oscar. Anche se The Act of Killing aveva vinto il Gotham nel 2012 e aveva perso poi proprio agli Oscar… E per una persona che non può essere sul palco, ce n’è invece una che sale molte volte: il produttore Steve Golin, sul palco per ritirare il premio per la miglior serie tv per Mr. Robot, assieme al resto del cast, e per ritirare il suo tributo alla carriera.

E proprio i quattro tributi sono tra i momenti più emozionanti e toccanti della serata. Oltre a quelli per Haynes e Golin, salgono a ritirare il premio alla carriera la già citata Helen Mirren e Robert Redford. A consegnare il premio alla Mirren c’è addirittura Robert DeNiro, che la introduce sul palco dichiarando che non si ricorda “di essere cresciuto con la voglia di scopare la Regina!”. La Mirren ci tiene a ricordare soprattutto gli sceneggiatori dei film per i quali ha lavorato, perché “le parole possono trasmettere tutto, l’amore e l’odio, la gentilezza e la stupidità. Donald Trump…”.

Robert Redford, a cui il tributo è andato in particolare per il suo stesso contributo al sistema del cinema indipendente, ricorda come bisogna restare umili anche nel successo: “Una volta, appena raggiunto il successo, stavo attraversando Wilshite Boulevard [a Los Angeles] e all’improvviso una macchina con alcuni ragazzi viene verso di me. Mi pare stiano per urlare “Robert Redford! Robert Redford!”, e invece mi urlano “Stronzo!”‘.

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Un video pubblicato da Gabriele Capolino (@gabrielecapo) in data:

In una serata dominata in modo rinfrescante dalla diversità, compreso il grant per Chanelle Aponte Pearson e la sua web series 195 Lewis (tenetela d’occhio: sarà cult per il pubblico LGBT e speriamo non solo), spetta a Spotlight riportare tutto a radici più ‘solide’ e rassicuranti. Ma è la stoffa con cui è fatto il film a essere ‘solida’, perché poi in realtà il film di McCarthy segue sì il miglior cinema classico – vedi anche il premio per la sceneggiatura -, ma non per forza quello mainstream

Golin sale quindi per la terza volta sul palco per ritirare il Gotham al miglior film assieme a tutto il resto del cast al gran completo, che era già salito per ritirare il premio per il miglior ensemble. “Si dice sia raro avere da un attore un’interpretazione con poco ego: ma averla da un intero gruppo di attori è un miracolo!”, dice Mark Ruffalo. Parlando di grandi interpretazioni, peccato che Carol sia stato snobbato, e nel vocio generale fra i tavoli a cerimonia finita lo sottolineano in tanti.

Io a questo punto penso che l’importante è che la serata sia andata come sia andata: in modo divertente e rilassato, talvolta sorprendente. È il gioco dei premi, dei vincitori e dei vinti. Sul momento sono convinto che comunque, tra premi ufficiali e tributi, i Gotham abbiano sottolineato quel che è stato per davvero il cinema indie del 2015. Gli organizzatori Andrew ed Abby Harri possono ritenersi soddisfatti, e all’after party si rilassano pure loro, e finalmente sorridono: loro hanno vinto di sicuro.