Home Festa del Cinema di Roma La verità negata: recensione in anteprima

La verità negata: recensione in anteprima

Efficace courtroom drama che muove da una vicenda realmente accaduta, relativa al processo «Irving contro Penguin Books», che ha contribuito a dare una mazzata significativa alla liceità di diffusione delle cosiddette tesi negazioniste

pubblicato 18 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 05:11

Deborah Lipstadt (Rachel Weisz) è un’eminente figura nell’ambito degli studi ebraici e dell’olocausto, con cattedra alla Emory University di Atlanta. Svariate le pubblicazioni di successo, ma è un libro in particolar modo a coinvolgerla in una diatriba che finirà sui banchi di un tribunale, ovvero Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory. Qui la Lipstadt usa toni netti ed inequivocabili all’indirizzo di David Irving (Timothy Spall), studioso della seconda guerra mondiale che ha deciso di citarla in giudizio per diffamazione: Irving contesta fermamente che lui sia un negazionista o, peggio ancora, un antisemita, se non altro perché simili etichette squalificherebbero agli occhi della comunità il suo lavoro.

La verità negata si concentra sul processo, a partire dai suoi presupposti. Deborah che ogni giorno si dà alla sua consueta corsa mattutina, torna a casa, beve dalla sua tazza, tiene poi le sue lezioni e via discorrendo, una routine rotta dall’irrompere violento di quest’inquietante figuro. Un giorno, mentre tiene una sorta di conferenza, David Irving interviene chiedendole ragione sul perché lei si neghi al confronto, come mai non intenda partecipare ad un dibattito a due: il motivo è che la Lipstadt ritiene che in questo modo finirebbe col legittimare il lavoro di Irving, verso il quale invece non nutre altro se non disprezzo.

Irving decide perciò di citare la Penguin Books per la pubblicazione del sopracitato libro della Lipstadt; lo fa in Inghilterra però, dove la legge non contempla la presunzione d’innocenza bensì quella di colpevolezza, dunque l’onere della prova è totalmente a carico della studiosa. La verità negata veste gli abiti del courtroom drama e procede spedito attraverso la ricostruzione di quei giorni, quando si tenne uno dei processi più significativi nella lunga storia dell’olocausto ebraico. Un processo che avrà delle ripercussioni legislative, dato che contribuirà in maniera rilevante alla formulazione del cosiddetto reato di negazionismo, punito penalmente.

Come tutte le drammatizzazioni tratte da storie realmente accadute, La verità negata non si esime dall’affrontare la vicenda con un certo trasporto, anche per via della tematica inevitabilmente. Da un lato bisogna far filtrare l’importanza di quello che potrebbe sembrare un semplice caso di diffamazione, mentre invece, come sottolineato poco sopra, ha avuto ben altra rilevanza; dall’altro l’attenzione è rivolta allo screditare certe posizioni collegandole ad un personaggio evidentemente deprecabile come quello (bene) interpretato da Timothy Spall. È un campo minato, sia per la delicatezza del tema che per le innumerevoli parentesi apposte negli ultimi cinquant’anni.

Guardando un po’ più da vicino a come al cinema è stata trattata la questione, ci si rende conto che è tutto sommato recente il passaggio dalla narrazione dei fatti, dunque film che trattano concretamente quanto accaduto nei campi di sterminio o comunque in quel periodo, a quella invece relativa a come ci si è relazionati successivamente al discorso. Partendo dal fascinoso The Eichmann Show – Il processo del secolo, che è film complementare a La verità negata per il suo soffermarsi sulla spettacolarizzazione della tragedia; non a caso il processo Irving contro Penguin Books ebbe anch’esso parecchia eco sui media, che da subito compresero la portata del fenomeno. Non meno recenti sono altri due film, germano-centrici per così dire, anch’essi però rientranti a pieno titolo nel novero di cui sopra, ovvero Il labirinto del silenzio e Lo stato contro Fritz Bauer, che a loro volta si concentrano sull’esposizione dell’argomento, con particolare riferimento ad un paese, la Germania, in cui per anni è stato tabù rievocare tale pagina.

Insomma, ancora una volta il cinema dà contezza della realtà come e meglio del giornalismo, tastando il polso della contemporaneità in maniera meno diretta ma senz’altro più veritiera. Ciò che sembra dirci La verità negata, oggi soprattutto, a seguito del dilagare delle teorie attraverso l’indisciplinata diffusione della rete, è che la battaglia deve spostarsi altrove; non più sul “provare” la veridicità di quanto accaduto nei campi di concentramento, ché dopo settant’anni non ce n’è più bisogno ed anzi si finirebbe col legittimare coloro i quali si ostinassero ancora a proporre tesi diverse. No, oggi la sfida riguarda l’informazione, i modi e le fonti che veicolano una o più versioni che non coincidono con decenni di studi ed approfondimenti ampiamente accettati dalla comunità di studiosi, siano essi storici o cattedratici.

Non a caso nel film si fa leva, tra l’altro, sul dilettantismo di Irving, che più di ogni altro giudizio che lo vuole un razzista, negazionista ed antisemita, non riesce a sopportare di essere declassato al rango di maldestro appassionato, anni luce lontano dalla qualifica di storico alla quale tiene sopra tutto. La verità negata è infatti anche un film sulle competenze, en passant; quella degli avvocati di Deborah, cinici ma efficienti giuristi britannici apparentemente senza cuore, macchine che del caso a loro sottoposto ne fanno una ragione di vita più che altro per una questione di etica professionale prima ancora che per la vicinanza alla causa (che, inutile dirlo, ad un certo punto subentra).

Difatti sono gli attori a fare la differenza (Andrew Scott il migliore), le loro performance tengono incollati ad una storia che si può certamente immaginare come finirà, dando modo allo spettatore di anticipare addirittura svariati passaggi. Si riesce addirittura a tenere a freno Spall, sebbene il suo personaggio desse adito ad una caratterizzazione forte, visto e considerato peraltro che il suo personaggio contempla tutto il male che in potenza potrebbe derivare, stando a quanto aleggia, dall’uso improprio del cosiddetto diritto di esprimersi. Ecco, forse è questa una delle “grandi” tematiche assenti nel film, ossia un respiro più ampio sulla liceità o meno di discutere o ridiscutere sulla Storia. Certo, in questo caso le maglie della realtà non concedevano un granché, visto che, come la stessa Deborah evidenzia in chiusura, libertà d’espressione non significa sostanzialmente libertà di dire bugie; tanto più che Irving, per come descritto, non certo alla verità anelava. Il rischio però e di assimilare tutti coloro le cui tesi, anche di diverso spessore, si pongono al limite, con il profilo discutibile di mister Irving. Un problema serio, attualissimo, con il quale prima o poi il cinema dovrà pur confrontarsi.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”4″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]

La verità negata (Denial, USA/Regno Unito, 2016) di Mick Jackson. Con Rachel Weisz, Tom Wilkinson, Timothy Spall, Andrew Scott, Jack Lowden, Caren Pistorius, Alex Jennings, Harriet Walter, Mark Gatiss, Andrea Deck, Maximilian Befort, Will Attenborough, Todd Boyce e Sean Power. Nelle nostre sale da giovedì 17 novembre.

Festa del Cinema di Roma