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Roma 2016, London Town: Recensione in Anteprima

Presentato nella sezione autonoma e parallela Alice nella Città, London Town riporta in vita il punk dei Clash in epoca thatcheriana. Visto dagli occhi di un 14enne.

pubblicato 13 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:58

Un coming-of-age punk-thatcheriano, quello sbarcato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione autonoma e parallela Alice nella Città. London Town di Derrick Borte ci porta nell’Inghilterra del 1976, contraddisinta dalle proteste operaie nei confronti di Margaret Thatcher, dall’estremismo politico degli skinhead e dal british punk che proprio in quella rivoluzionaria stagione vide sorgere una band da subito diventata immortale. I Clash.

Protagonista della pellicola un 14enne che vive nei poveri e noiosi sobborghi di Londra con suo padre, che lavorativamente parlando arranca all’interno di un negozio di pianoforti e fa le notti a bordo di un taxi per mantenere la famiglia, e con la sua precoce sorellina minore. La madre, aspirante cantante dal passato hippie e dallo sregolato presente, li ha da tempo abbandonati. Shay, studente modello costretto ad aiutare il papà, a studiare, a guardare la sorella e a rassettare casa, sogna di raggiungere la mamma a Londra, ed è qui che un bel giorno conosce una giovane ragazza punk, Vivian, che lo introduce alla musica punk del momento: quella dei poco ancora conosciuti Clash. L’adolescente rimane folgorato, tanto da Vivian quanto dai testi politici della band, ed è qui che la sua giovane esistenza comincerà a prendere strade inattese e vorticose, a causa di un grave incidente che coinvolge il padre. Con una madre sbandata e irriperibile, i conti in rosso e i creditori alle calcagna, una bimba da accudire e un’inedita passione da coltivare, il mondo di Shey sembra letteralmente sgretolarsi. Se non ci fossero proprio musica ed amore a tenerlo a galla.

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Una storia di formazione segnata dal tipico umorismo british e dal passato politico e sociale che si intreccia alla maturazione di questo giovane protagonista, senza però mai affondare il colpo, bensì rimanendo vistosamente in superficie. Da una parte il Regno Unito messo a ferro e fuoco da proteste di piazza e ribellioni musicali, dall’altra la storia di una disastrata famiglia chiamata a rimettersi in piedi prima di affondare del tutto.

Per quanto gradevole nella sua leggerezza e piacevolmente divertente, London Town di Derrick Borte paga lo scotto di uno script caratterizzato da un’improbabilità di fondo che alla fine tende a frenarlo e a limitarlo. Tutto quel che capita ai protagonisti è esageratamente frettoloso, per non dire poco credibile, mentre Borte, probabilmente soffocato da un ridotto budget, è costretto a montare limitate scene di massa e campi stretti onde evitare complicate e attendibili ricostruzioni scenografiche.

Eccellenti i due piccoli protagonisti, con l’esilarante bimba una spanna sopra tutti, così come convince Jonathan Rhys Meyers, qui negli abiti punk di Joe Strummer 20 anni dopo aver indossato quelli glam rock di Brian Slade in Velvet Goldmine di Todd Haynes. Una parte minore, per il divo che è stato Dracula sul piccolo schermo, ma fondamentale nello sviluppo della storia e soprattutto nella crescita del 14enne protagonista. Ruolo secondario anche per Natascha McElhone, quasi 20 anni fa al fianco di Jim Carrey in The Truman Show e in questo caso negli abiti di una mamma debosciata, paladina dell’amore libero e costantemente in balia di droghe ed alcool, per un film dalla voluta e forse eccessiva frivolezza, visti i drammatici temi politici e sociali beatamente lasciati sullo sfondo. Una maggiore attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e un’evoluzione della trama più limata e costruita avrebbero sicuramente reso più consistente l’opera di Borte, così rimasta in bilico tra il gradevole e il superficiale.

[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]

London Town (Uk, drammatico, commedia, 2016) di Derrick Borte; con Jonathan Rhys Meyers, Daniel Huttlestone, Dougray Scott, Natascha McElhone – Alice nella Città, Roma 2016.