Home Festival di Venezia Da Venezia la recensione di Sang Sattawat

Da Venezia la recensione di Sang Sattawat

Sang Sattawat (Syndromes and A Century) Nazione: Thailandia Regia: Apichatpong WeerasethakulIl cinema orientale lo stiamo imparando ad apprezzare in occidente pian piano, si sa e se n’è parlato molto. Che ci siano autori, anche qui al Lido, meravigliosi è un dato di fatto, e l’esempio lampante che mi viene da fare è quello di Tsai

5 Settembre 2006 06:59




Sang Sattawat (Syndromes and A Century)

Nazione: Thailandia
Regia: Apichatpong Weerasethakul

Il cinema orientale lo stiamo imparando ad apprezzare in occidente pian piano, si sa e se n’è parlato molto. Che ci siano autori, anche qui al Lido, meravigliosi è un dato di fatto, e l’esempio lampante che mi viene da fare è quello di Tsai Ming-Liang. E da loro si hanno grandi aspettative, e dall’autore di “Tropical Malady” ci si aspettava come minimo un bel film. Se apprezzate, come il sottoscritto, i tempi decisamente meno ritmati rispetto ai film americani o comunque anche europei che appartengono di diritto alla cultura orientale, non vi nego, sinceramente, che potreste trovarvi in serie difficoltà con “Sang sattawat” comunque. Vi potrei dire che c’è una bellissima riflessione sul tempo dietro a queste lunghissime sequenze dalla telecamera fissa, che c’è una riflessione dello stesso autore anche su se stesso, che ricorda e ci fa capire come si può ricordare in modo diverso la stessa situazione. Vi potrei dire il meglio di questo film, nella sua oggettiva tenerezza. Eppure le emozioni, che sulla carta e nella testa di Weerasethakul non dubito ci siano, che la pellicola dovrebbe offrire restano lì, non passano, e sconfinano, purtroppo, nella noia.

Ecco qual è la vera maniera, altro che De Palma: si corre il rischio di fare passare qualcosa che non è, ovvero far pensare alla spettatore che quel determinato film (e questo, personalmente, credo appartenga perfettamente alla categoria in questione) sia stato girato solo ed esclusivamente per il regista. E ribadisco, magari non è così, ma ciò che arriva alla fine è solo questo. Veramente peccato.
Un’annotazione non di tipo artistico, ma riguardo lo spettatore: se si è in una sala, in un cinema, e non si è soddisfatti della pellicola che si sta vedendo, ci si può benissimo alzare e andare via. Non capisco perchè farlo, ad ogni modo, dopo un minuto di film. Pregiudizi? Chissà. Si disturba solo la visione di chi vorrebbe immedesimarsi nel film sin da subito e ne ha tutto il diritto.

Voto Gabriele: 5

Festival di Venezia