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Funeral Party: di tutto un po’, senza andare in fondo

Funeral Party (Death at a Funeral, Germania / Gran Bretagna / USA, 2007) di Frank Oz; con Matthew Macfadyen, Andy Nyman, Ewen Bremner, Peter Dinklage, Rupert Graves, Alan Tudyk, Ewen Bremner.Il nuovo film di Frank Oz riconferma un’idea che, da almeno In & Out in poi, continua a girovagare all’uscita di ogni sua pellicola: Oz

23 Settembre 2007 17:18

Funeral Party (Death at a Funeral, Germania / Gran Bretagna / USA, 2007) di Frank Oz; con Matthew Macfadyen, Andy Nyman, Ewen Bremner, Peter Dinklage, Rupert Graves, Alan Tudyk, Ewen Bremner.

Il nuovo film di Frank Oz riconferma un’idea che, da almeno In & Out in poi, continua a girovagare all’uscita di ogni sua pellicola: Oz è un regista simpatico, ma non un bravissimo regista. E Funeral Party, nonostante un premio del pubblico a Locarno (ma non c’era di meglio? A sentire cinefili e critici sì), non è un filmone. Divertente? Nessuno lo potrà mettere in dubbio. Ciò che invece si può mettere in dubbio di un film come Funeral Party è la sua vena cattiva, che forse così cattiva, scorretta e farsesca non lo è fino in fondo.

Il film di Oz, che dura poco, anche meno del precedente e irrisolto La donna perfetta, incomincia con dei titoli di testa decisamente adatti all’aria irriverente e scomoda che il film vuole dare allo spettatore, e il viaggio di una bara stilizzata attraverso le stradine di una mappa per giungere alla casa dove sarà ambientata tutta la pellicola introduce intelligentemente lo spettatore nelle vicende paradossali dei protagonisti. Ed ecco cos’è Funeral Party: un insieme di riuscite gag che si dividono fra dialoghi dallo humour britannico e situazioni volgari che fanno scattare l’ilarità in sala.

Funeral Party è abbastanza farsa, è abbastanza volgare, è abbastanza british, è abbastanza divertente. Di tutto un po’, ma senza affondare mai il coltello per benino. Certo, il politicamente scorretto c’è, e nessuno viene risparmiato, ma la situazione poteva essere sfruttata ancora di più, e il film ci avrebbe solamente guadagnato. Tra l’altro il montaggio non è certo brillante e il divertimento è un po’ spezzettato, con qualche momento di stanca. E la scorrettezza alla fine viene vinta dal tarallucci e vino, con un monologo finale che raffredda per benino il sorriso.

Gli interpreti, volutamente sopra le righe, si adeguano alle varie storie, che prevedono uso di droghe scambiate per valium, rancori e/o amori causati da una vecchia scopata dopo una sbronza, outing post-morterm riguardo la sessualità e anche un po’ di merda. Si poteva osare anche di più, e forse anche meglio. “Caruccio”, ma senza molte lodi.

Voto Gabriele: 6

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