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Inmusclâ, recensione: un immersivo thriller psicologico calato in uno scenario tra il magico e l’inquietante

Leggi la recensione di Cineblog del nuovo film di Michele Pastrello con Lorena Trevisan – Disponibile on demand su CHILI.

6 Gennaio 2024 16:07

E’ disponibile On demand su CHILI Inmusclâ, il nuovo film di Michele Pastrello descritto dallo stesso regista come “un dramma onirico e misterioso, ambientato negli inverni della montagna friulana”.

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Protagonista di “Inmusclâ” un’intensa Lorena Trevisan che nei panni di una donna che sta per compiere un misterioso viaggio a piedi, in una natura invernale spopolata, glaciale e inospitale. Quello che però appare come un inesorabile percorso che la conduce a perdersi, turbata, si rivelerà invece un cammino dentro un’imperscrutabile dimensione che le appartiene. Una dimensione dove ciò che minacciosamente la circonda non è quello che sembra.

Ciò che è rimasto ferito ritorna sempre. Come un’anima in pena non ha pace finché non ottiene liberazione. – Proverbio clautano

Il cinema di Michele Pastrello sembra vivere di una sorta vita propria, come sganciato da una narrazione classica e “Inmusclâ” è l’esempio forse più eclatante di questo cinema “altro” che però viaggia su binari consolidati grazie ad una tecnica sopraffina. Tecnica che diventa veicolo ideale per calarsi in concetti come introspezione e anima, e in scenari che utilizzano l’ambiente come recipiente di azioni e reazioni che vogliono raccontare qualcosa di intangibile attraverso il tangibile, con suono e immagini che vibrano all’unisono e rendono la visione più percettiva che concettuale.

Nessun tempo ti appartiene, nessun posto è tuo. Quello che cerchi non ti cerca, quello che sogni non ti sogna / Sai qualcosa che è stata tua in un altro posto e in un altro tempo, per questo attraverserai sempre gli stessi boschi e i giorni passati / Ma se sei nel tempo giusto, il tempo è un altro / Sei sei nel tempo giusto, il posto è diverso. [G. Gospodinov, Cronorifugio]

Il paesaggio della Valcellina friulana viene così plasmato ad arte, inquadrature che scivolano sul terreno innevato e si muovono tra gli alberi fanno il paio con un sonoro curatissimo, così permeante che è fortemente consigliata la visione del film in cuffia per goderne appieno la parte legata al sound design.

In una manciata di minuti ci si trova al fianco della protagonista e si vivono con lei momenti di dolore, paura, sconforto e disperazione che costellano la sua ricerca e il suo avanzare imperterrita in questo limbo gelido, i cui silenzi sembrano anticipare il terrore che si cela tra gli alberi, sotto la neve o tra vecchi resti diroccati, dove elementi tipici del thriller e horror aprono squarci di consapevolezza su ciò che realmente stiamo guardando.

Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere! – F.Nietzche, Così parlò Zarathustra

I paesaggi innevati friulani nella loro estatica e silente bellezza diventano luoghi magici, dove tutto può accadere e così appaiono accessi che collegano realtà e sogno, inconscio e subconscio. Luoghi dove le dimensioni collidono e realtà alternative s’incontrano, e dove i frammenti di ricordi di un trauma subito e mai affrontato prendono la forma di “ostili presenze”. Entità che con la paura ostacolano il rimarginarsi di ferite mai guarite del tutto, che affliggono una protagonista alla disperata ricerca di pace e liberazione.

Potremmo definire “Inmusclâ” un’esperienza nel senso più ampio e artistico del termine, ma la realtà è che il film di Pastrello è una vera e propria sfida, un voler attirare lo spettatore dentro la metaforica “tana del bianconiglio” e spingerlo a scoprire quanto realmente profonda sia…

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