Home Curiosità Into Darkness – Star Trek: note di produzione, clip e spot per il ritorno di J.J. Abrams

Into Darkness – Star Trek: note di produzione, clip e spot per il ritorno di J.J. Abrams

Finalmente anche in Italia, Into Darkness – Star Trek si concede una ricca pagina di verità dal set, da leggere in nostra compagnia

5 Giugno 2013 10:00

Costato 200 milioni di dollari, incassati fino ad oggi 328,937,381 dollari in tutto il mondo, promosso dalla stampa Usa e da noi già recensito in anteprima, Into Darkness – Star Trek pianifica lo sbarco nei cinema italiani, pronti ad accoglierlo a partire da oggi, mercoledì 12 Giugno. Per l’occasione, come vuole ormai la tradizione di Cineblog, vi ‘inondiamo’ di curiosità produttive legate alle pellicola, tra note, verità fino ad oggi taciute, clip in italiano e spot, tutte diffuse dalla Universal Italia.

Un’ultima sfornata per ‘lanciare’ definitivamente il kolossal Paramount, chiamato a far meglio del primo capitolo, nel 2009 assai deludente sul suolo tricolore. Star Trek – Il futuro ha inizio esordì infatti con ‘solo’ 852.000 euro, per poi chiudere a quota 2.270.000 euro. Briciole, dinanzi ai quasi 400 milioni incassati in tutto il mondo, tanto da ipotizzare un facile ‘trionfo’ nei confronti del predecessore da parte di questo Into Darkness – Star Trek.

La storia inizia con il ritorno dell’Enterprise sulla Terra, in seguito ad un controverso incidente galattico. L’indomito Capitano Kirk è tuttavia impaziente di tornare fra le stelle per una nuova e più lunga missione di pace ed esplorazione. Le cose però non vanno affatto bene sul Pianeta Blu. Un devastante attacco terrorista ha rivelato una realtà allarmante e la Flotta Stellare ha subìto un attacco dall’interno dalle disastrose conseguenze globali. Il Capitano Kirk guiderà l’Enterprise in una missione incredibile che spazia dal pianeta Klingon alla Baia di San Francisco. Il nemico che si annida a bordo dell’Enterprise ha un unico scopo: la distruzione totale. Kirk guiderà i suoi compagni in un ingannevole regno di specchi dove non si erano mai inoltrati prima d’ora, penetrando il sottile confine fra amici e nemici, vendetta e giustizia, alle prese con una guerra totale e la potenzialità di un futuro unito.

Tra i protagonisti Chris Pine, ovvero il Capitano James T. Kirk, mentre Zachary Quinto è il Primo Ufficiale Spock, Karl Urban è il Dott. Leonard “Bones” McCoy, Simon Pegg è il Capo Ingegnere “Scotty” Scott, Zoe Saldana è Uhura, Ufficiale delle Comunicazioni, John Cho è il Timoniere Hikaru Sulu, Anton Yelchin è Pavel Chekov e Bruce Greenwood è l’Ammiraglio Christopher Pike. Si sono poi uniti al cast Benedict Cumberbatch, nel ruolo del misterioso terrorista intergalattico John Harrison, Alice Eve, nei panni del nuovo membro dell’equipaggio di nome Carol Marcus, e Peter Weller, in quelli dell’Ammiraglio della Flotta Stellare che entra in conflitto con l’Enterprise.

Detto ciò, a voi Into Darkness – Star Trek.

Lo spazio: dentro l’oscurità

Sulla scia di una tradizione che ha dato vita a quattro serie televisive, 11 film a soggetto e innumerevoli sogni ‘stellari’, questo film inaugura il mondo di Star Trek in tre dimensioni; nel film del 2009 un gruppo di esploratori spaziali tanto validi quanto ribelli, appena usciti dall’Accademia, si imbarcavano in un avvincente viaggio inaugurale verso le stelle. Si trattava della prima grande prova del loro talento, abilità e reciproca lealtà, in cui sfidavano le proprie personalità conflittuali, ma era pur sempre solo l’inizio della loro avventura. Forte di quella esperienza, l’equipaggio della U.S.S. Enterprise stavolta varcherà i confini dell’oscurità tornando sulla Terra del 23° secolo, mentre sinistre forze di guerra minacciano sia la sacralità del proprio mondo che di realtà ancora sconosciute.

Con “Into Darkness – Star Trek” J.J. Abrams torna alla sua visione umana dell’universo di Star Trek, rendendo il suo omaggio particolare ad una serie che fa ormai parte della cultura popolare, inoltrandosi stavolta in un territorio inesplorato.

Il primo film è stato apprezzato per aver mescolato l’umorismo irriverente, i personaggi carismatici e la fantasia della serie televisiva degli anni ’60 con il ritmo e l’azione del 21° secolo, dando vita ad una storia fresca e ricca di emozioni che racconta come tutto ebbe inizio. Sulla scia delle intenzioni di Gene Roddenberry, lo “Star Trek” di Abrams parlava agli amanti delle stelle in tutti noi rendendo tangibile l’infinito.

In seguito al successo di quel film, Abrams non era però disposto a riposare sugli allori. Tenendo fede al ‘dictum’ di Star Trek, in questo secondo viaggio ha voluto approfondire ogni aspetto del film, esplorando con coraggio le dinamiche dei personaggi di Star Trek e rendendo la loro missione ancora più avvincente. Questo ha comportato una serie di incredibili nuove sfide per i filmmakers. L’Enterprise si è spinta oltre i confini dell’immaginabile, sono stati ideati e costruiti interi nuovi mondi. E per spingere la storia verso una nuova frontiera, Abrams ha preso la decisione di girare il film sia in IMAX® e che in un 35mm anamorfico, presentandolo in 3D.

Tuttavia, le maggiori difficoltà sono quelle affrontate da Kirk, Spock, Uhura, Bones, Scotty, Sulu e Chekov. Quando la Flotta Stellare viene scossa da un terribile attacco, non solo dovrà fronteggiare il lato oscuro al suo interno ed un temibile nuovo nemico, ma dovrà dubitare persino dell’unica cosa di cui ci si dovrebbe fidare all’interno di un universo imprevedibile: i propri compagni.

“Questo film supera il primo film in ogni suo aspetto: vedremo pianeti vulcanici, inseguimenti spaziali ed incredibili effetti speciali, sullo sfondo di una storia più sfumata”, spiega Abrams. “L’equipaggio dell’Enterprise stavolta sarà coinvolto in una vicenda in cui emergono dilemmi morali e personali, e dovrà affrontare problemi relativi alla fiducia, alla lealtà e a ciò che accade ai propri principi quando si viene messi a dura prova. Il nostro obiettivo era conservare la commedia, l’umanità e l’esuberanza dei personaggi nonostante si avventurino in un territorio più oscuro e complesso. Per il Capitano Kirk, ciò che inizia come una missione di vendetta, sarà un viaggio alla scoperta di se stesso, di cosa vuole dire essere un capitano di valore”.

Abrams continua: “Per riuscire a far proseguire la storia, questo film doveva essere più ambizioso dell’altro. L’azione e le dimensioni sono anni luce più avanti. Introdurre la tecnologia IMAX® e il 3D trasporterà il pubblico ad un altro livello di intrattenimento. Ma allo stesso tempo, a prescindere dal formato, ciò che più ci interessava era riuscire a raccontare una storia ancora più eccitante ed emozionante”.

Una storia che ancora una volta è stata scritta dagli sceneggiatori e produttori Robert Orci e Alex Kurtzman, insieme a Damon Lindelof; il processo di scrittura si è trasformato in un vero e proprio brainstorming continuo. “Non saprei dire quanti meeting abbiamo fatto per parlare della storia”, racconta Abrams. “Abbiamo collaborato costantemente, apportando modifiche, cercando di capire cosa inserire. Sono stato davvero fortunato a poter lavorare di nuovo con Bob, Alex e Damon. Sono stati infaticabili, e hanno creato una storia che dà di volta in volta spazio ad ognuno dei personaggi principali, che emerge con la sua vita e i suoi ideali”.

Bryan Burk, produttore e co-fondatore della Bad Robot, osserva che il copione si basava anche sull’idea che i membri dell’equipaggio di Star Trek si stanno trasformando in un inseparabile, seppur talvolta disordinato, gruppo di amici. Spiega: “Il copione di ‘Into Darkness’ è iniziato con una domanda: in che modo possiamo mettere la squadra dell’Enterprise in una situazione di grave minaccia e conflitto? Abbiamo pensato che mentre il primo film racconta di come questa squadra si unisce, il secondo film doveva invece raccontare di come questi personaggi crescono e diventano adulti. Un’idea ricca di energia e di potenzialità”.

Per portare l’intensa energia drammatica del film al successivo livello visivo, Abrams ha usato la tecnologia IMAX® ed una accurata conversione in 3D che ha avuto luogo durante la post produzione, per riuscire a superare il risultato ottenuto in precedenza. Non è stata una decisione che il regista ha preso a cuor leggero, perché comunque la sua priorità riguarda sempre l’autenticità, anche nella storia più fantastica. Ma dopo aver esaminato con attenzione i più sofisticati film 3D e IMAX® degli ultimi anni ed aver lavorato con il regista Brad Bird, che ha usato IMAX® in “Mission Impossible: Protocollo fantasma”, Abrams si è convinto che era arrivato il momento giusto per coniugare questa moderna tecnologia con la grande storia di Star Trek.

“Quando un film è girato in IMAX®, è tutta un’altra cosa”, dice il regista. “La risoluzione è incredibile e si viene letteralmente ingoiati dal film. Ma non avevo ancora mai visto un’avventura spaziale presentata in questo modo. Christopher Nolan è stato molto disponibile e mi ha fatto vedere le scene de ‘Il cavaliere oscuro – Il ritorno’ con l’IMAX®. Vedendo quelle immagini pazzesche, ho capito che sarebbe stato assurdo privare il nostro film dell’opportunità di girare in IMAX®”.

I risultati rivelano che è valsa la pena affrontare le enormi difficoltà logistiche. “Siamo finalmente in grado di trasmettere l’ampia scala della storia non solo nello spazio ma anche sulla Terra e all’interno delle navi spaziali. Sono convinto che sarà davvero elettrizzante”, dice Abrams.

Aggiunge Roger Guyett, il supervisore visivo della Industrial Light & Magic che torna anche lui a far parte della squadra del film: “Con un’idea che assomiglia a un ‘Lawrence d’Arabia’ nello spazio, IMAX® è stato un mezzo magnifico con cui J.J. rivela i grandi scenari esplorati dall’Enterprise”.

L’uso della fotografia IMAX® in una porzione del film, ha svolto anche una funzione creativa. “Molti dei nostri set sono più verticali che orizzontali, e con IMAX le dimensioni sembrano aumentare”, spiega Abrams. “Lo abbiamo usato per la giungla del pianeta vulcanico Nibiru all’inizio del film, per il pianeta dei Klingon, Kronos, e specialmente alla fine, nella scena dell’inseguimento sulle strade di San Francisco. La regola è stata che per le azioni all’esterno, abbiamo girato con IMAX®, mentre all’interno abbiamo usato un 35 anamorfico”.

Nel creare un’esperienza in 3D con cui mostrare la suggestione e la velocità del mondo di Star Trek, Abrams e la sua squadra si sono spinti persino oltre. All’inizio i filmmakers erano reticenti ad utilizzarlo, fino a quando non si sono resi conto di poterlo fare in un modo adatto ad esprimere le loro ambizioni visive. “Non abbiamo mai usato il 3D in nessuno dei nostri film prima d’ora”, osserva Burk. “Ma quando abbiamo visto gli ingredienti di ‘Star Trek’, e cioè battaglie epiche, prospettive planetarie a perdita d’occhio e una grande azione, abbiamo pensato: se ‘Star Trek’ non è adatto al 3D, allora quale film lo è? Ma volevamo che la nostra prima esperienza in 3D fosse assolutamente speciale e diversa”.

Questo processo è iniziato con la premessa che non basta aggiungere semplicemente il 3D; è una tecnica che va utilizzata per elevare il racconto o per dare vita a mondi inediti. “James Cameron ha compiuto dei grandi progressi con ‘Avatar’ mostrandoci qualcosa che non avevamo mai visto prima. Ma il fatto di girare semplicemente un film in 3D non lo rende ‘Avatar’, così come abbiamo avuto modo di vedere nei numerosi film usciti successivamente”, continua Burk. “Quindi abbiamo pensato che se lo avessimo fatto, lo avremmo fatto nel migliore dei modi”.

A tal fine si sono rivolti allo stereografo Corey Turner, che ha collaborato in alcuni dei migliori film in 3D degli ultimi anni, incoraggiandolo ad utilizzare le sue tecniche per creare profondità e dettagli avvolgenti che il pubblico non aveva ancora mai visto. “Il processo è stato estremamente laborioso e più minuzioso di quel che avessimo mai immaginato”, dice Burk. “Insieme a Corey, abbiamo studiato ogni singolo frame del film, esaltando ogni aspetto del 3D, infatti sembra che gli oggetti schizzino letteralmente fuori dallo schermo. Dicevamo sempre a Corey ‘facciamo di più’ e lui diceva, ‘questo è il massimo’ e noi invece lo spronavamo ‘ancora, ancora!’ e lui ci accontentava. Speriamo che la combinazione dell’IMAX® e del 3D produca un effetto sorprendente per il pubblico”.

La magia delle immagini è stata il punto focale anche nella collaborazione fra Abrams e il direttore della fotografia Dan Mindel, il cui innovativo uso delle lenti, delle luci e degli angoli aveva già caratterizzato “Star Trek” del 2009. Dice Abrams a proposito di Mindel: “E’ uno dei migliori direttori della fotografia che ci siano oggi nel mondo del cinema, ha girato questo film in un modo che regala in ogni scena una sensazione tattile carica di emotività. Dan usa la fotografia per dare alla storia spessore e realismo, per permettere ai personaggi di essere accessibili e al mondo di respirare”.

Al di là della fantasia visiva del film, Abrams preferisce comunque creare tutto ciò che può attraverso la cinepresa. Usa schermi verdi e CG solo quando è necessario per trasportare il pubblico nelle galassie sconosciute ma gli piace un’azione drammatica intima e realistica, e questa duplicità crea un forte contrasto. “Ovviamente non si può fare un film chiamato ‘Star Trek’ e non avere lo schermo verde”, osserva il regista, “ma fin dal primo film abbiamo voluto trovare spazi e costruire set ogni volta che era possibile, per creare un mondo che non sia sintetico o sterile, ma che possa essere percepito in modo molto realistico”.

Osserva il produttore esecutivo Jeffrey Chernov: “Anche se il film ti trasporta nello spazio più profondo, c’è sempre qualcosa di reale nella narrazione di J.J. Lui sa che se è l’emozione a guidare l’azione e l’effetto, persino la storia più fantastica può diventare credibile e personale”.

Abrams osserva che nell’esplorare un nuovo territorio visivo ed emotivo, si è sentito un po’ come il Capitano Kirk alla volta di un cosmo sconosciuto… per il quale è meglio essere preparati. “In un film del genere, ogni giorno si è messi alla prova ad ogni livello, per riuscire a migliorare”, spiega. “Ma così come fa Kirk in questa nuova storia, anche io ho apprezzato questa opportunità”.

Conclude Burk: “Con il primo film volevamo sfidare le aspettative del pubblico rispetto a Star Trek. Ora penso che J.J. abbia raggiunto un livello successivo di complessità e che la gente uscirà dal cinema pensando ‘Wow, era davvero un film di Star Trek?’”

Sul Ponte: l’equipaggio si ritrova

Kirk:
All’inizio di “Into Darkness – Star Trek” il Capitano James T. Kirk si trova ad un bivio. Nel frattempo è diventato un comandante esperto che sfida le regole per ottenere ciò che pensa sia giusto. Tuttavia la sua sfrontatezza e la sua audace determinazione ad ignorare il protocollo, lo pone in conflitto con la Flotta Stellare, anche quando questa si confronta con un terribile pericolo.

L’attore Chris Pine veste nuovamente i panni di Kirk che dovrà imparare a gestire il suo potere e la sua vulnerabilità; vedremo presto l’attore nel ruolo protagonista di “Jack Ryan” per la regia di Kenneth Branagh. Felice di poter tornare a bordo dell’ Enterprise, Pine racconta che per questa seconda avventura si sentiva ansioso ma carico di aspettative. “Il primo giorno sul set sembrava il primo giorno in cui si torna a scuola dopo le vacanze”, racconta ridendo. “Ritrovare i propri colleghi, l’eccitazione dell’inizio delle riprese, desiderando di dare il meglio di sé. Ma quando mi sono nuovamente calato nel ritmo del personaggio, è stato tutto molto naturale”.

Stavolta però Pine ha accelerato quei ritmi dato che Kirk vivrà un forte scossone nella sua carriera, e dovrà affrontare la perdita, il dubbio e grandi quesiti che riguarda ciò che gli sta più a cuore. Pine è rimasto particolarmente colpito dal modo in cui il copione di “Into Darkness – Star Trek” esplora il complesso rapporto ‘yin e yang’ fra Kirk e Spock, che imparano a conoscersi meglio e a fare i conti con le loro più lampanti diversità e la loro innegabile sintonia.

“C’è sempre stata la sensazione che nessuno dei due sarebbe lo stesso senza l’altro”, osserva. “E questa storia diventa un viaggio necessario per entrambi. Kirk adora trasgredire ma quando all’inizio della storia il Capitano Pine gli dice ‘Puoi essere fantastico ma ancora non lo sei’, si forma una crepa nella sua corazza. Kirk ha sempre avuto un fascino noncurante e smaliziato ma in questa missione viene assalito dai dubbi. Trovo che sia una storia meravigliosa per entrambi i personaggi”.

Continua: “Non potevamo trovare due personaggi maggiormente agli antipodi ma alla fine troveranno il modo di completarsi come amici”.

Mentre i temi di “Into Darkness” conducono Kirk all’interno di un regno che suscita forti emozioni, l’attore osserva che Abrams sa istintivamente conoscere il modo con cui bilanciare l’oscurità con la luce e i colori. “J.J. conosce la forza dell’intrattenimento”, osserva Pine, “e il modo di connettere il pubblico alla storia. Stavolta ci saranno incredibili sequenze d’azione ma il cuore del film è comunque e sempre l’esperienza umana”.

Spock:
Kirk non è l’unico a dover affrontare i propri demoni interiori nel corso del viaggio spaziale. Anche il suo primo ufficiale Spock, sarà costretto a guardarsi dentro come non ha mai fatto prima. Zachary Quinto torna nel ruolo dell’individuo per metà umano e per metà vulcaniano che si avvale della sua logica reprimendo le emozioni che più possono infastidirlo; l’attore è recentemente apparso nel ruolo di un banchiere in “Margin Call”, un film da lui stesso prodotto. “Into Darkness” presenta Spock e Quinto alle prese con varie situazioni, sia dal punto di vista del dramma, che dell’azione che del romanticismo.

All’inizio del film Spock lotta con i suoi ideali di dovere, aderenza alle regole e stoico senso del sacrificio e con il modo più passionale e problematico con cui invece Kirk si relaziona al mondo. “In questo film Spock impara a gestire le proprie emozioni e cosa significa essere amico di qualcuno”, osserva Quinto. “Kirk prende alcune decisioni sprezzanti delle regole, che in seguito lo tormenteranno, mentre Spock è disposto a morire pur di obbedire alla legge e Kirk non intende affatto lasciare morire il suo amico solo per obbedire ad una regola. Quindi fin dall’inizio i due assumono atteggiamenti opposti e questo è il tema ricorrente del film. Ma poi, ci sarà un momento in cui Spock comprende cosa significa avere un amico e ammette di provare anche lui sentimenti profondi per gli altri. In quel momento si rivela più umano di quel che lui stesso immagina”.

Quinto racconta che nel film Spock ha dato prova della sua prestanza fisica, più che mai. Infatti lo vedremo saltare in un vulcano e impegnarsi in combattimenti corpo a corpo. “Ho dovuto correre molto, il film è molto fisico e mi sono allenato parecchio”, afferma. “Ma è stato molto gratificante perché mi ha permesso di connettermi in modo completamente diverso con Spock, e mi sono molto divertito”.

È stato bello anche esplorare l’improbabile storia d’amore fra Spock e Uhura, un rapporto che rivela il mondo interiore di Spock più di quanto lui stesso non vorrebbe. “C’è un bel momento nel film fra Uhura e Spock, in cui la donna gli confessa di essere sconvolta dalla sua volontà di morire e lui risponde ‘Forse pensi che sto prendendo una decisione a cuor leggero, ma ti giuro che non è così’. Si percepiscono alcuni lati della psiche di Spock che non avevamo ancora esplorato. È stato davvero interessante”.

Aggiunge: “Lavorare con Zoe Saldana nel ruolo di Uhura è stato straordinario. È così aperta, vulnerabile e forte al tempo stesso. Ha un carattere duro ma sa essere anche morbida ed è magnetica. Ci conosciamo da anni ed è stato bello ritrovarsi, lavorare con lei crea una sensazione di familiarità”.

Nel corso di questo cambiamento di Spock, Quinto dichiara di essersi lasciato guidare da Abrams per portare i personaggi verso nuove direzioni. “Ciò che distingue J.J. rispetto agli altri registi è la sua enfasi sull’umanità e sui personaggi. Non segue mai i progetti alla lettera e così ha fatto anche per Star Trek. Inoltre non ci permette mai di dare per scontato il primo film. Ha subito chiarito che dovevamo prepararci ad una storia completamente nuova e non ricominciare da dove eravamo rimasti”, spiega l’attore.

Ma qualcosa è rimasto intatto rispetto al primo film: il rituale del trucco a cui Quinto si è sottoposto quotidianamente per riuscire ad avvicinare i suoi lineamenti a quelli del noto vulcaniano. Se pur con nuove sfide. All’inizio del film Spock indossa un costume speciale per introdursi nel nucleo di roccia e fuoco del pianeta Nibiru, e Quinto racconta che la fabbricazione del costume è stata molto laboriosa. “Il costume è stato fatto su misura basandosi sui disegni laser al computer del mio corpo, quindi abbiamo fatto molte prove”, spiega. “E’ un abito scomodo e soffocante ma splendido. Lavorare indossandolo è stato un esercizio di pazienza. Ho indossato il costume per sei giorni di riprese ed è stata una bella fatica”.

Ma la cosa più bella per Quinto è stata la chance di poter rivelare un personaggio che affascina milioni di spettatori con le sue infinite contraddizioni e la sua ricerca di coerenza. “E’ un grande onore per me avere la possibilità di incarnare un personaggio tanto amato, simbolo di intelligenza, logica e compassione”, conclude. “Ogni volta che entro in contatto con lui Spock mi insegna l’integrità”.

Uhura
:
Zoe Saldana non vedeva l’ora di mostrare nuovi aspetti di Uhura, l’affascinante e razionale xenolinguista che veste il ruolo dell’ufficiale delle Comunicazioni dell’ Enterprise esperta di traduzioni e comprensioni degli idiomi galattici. Come Quinto, Saldana era affascinata dall’idea di continuare ad esplorare il rapporto fra Spock e Uhura, e di renderlo tumultuoso. “Penso che il loro rapporto nel primo film abbia sorpreso tutti, ma era necessario farlo crescere”, commenta. “Stando insieme dovranno affrontare le prime difficoltà e questo è uno dei colpi di scena del film di cui solo JJ è capace”.

Un tempo Uhura era l’unica donna sul Ponte dell’Enterprise, ma in questa nuova missione sarà affiancata da Carol Marcus; inoltre occuperò un posto importante fra Kirk e Spock, che se la contenderanno come alleata. “Lei però è più attratta da Spock perché si attiene alle regole. Tuttavia ammira anche il lato ribelle di Kirk perché sa che il suo cuore è buono e generoso”, dice Saldana. “Gode del massimo rispetto di entrambi”.

In questo senso Saldana occupa un posto d’onore da cui osserva il modo in cui Kirk e Spock si affrontano e si relazionano. “E’ stato bellissimo vedere Chris e Zach che costruiscono i propri personaggi, rispettando la loro natura ma aggiungendo alcune peculiarità”, osserva. “Penso che siano migliorati moltissimo e mi è piaciuto molto il modo in cui si beccano in questo film. E mentre si scambiano le loro battute, si percepisce benissimo la stima e l’amicizia che nutrono reciprocamente”.

Così come Kirk e Spock, anche Uhura subisce dei grandi cambiamenti in “Into Darkness”. “L’equipaggio sta diventando adulto, assume maggiori responsabilità ed impara ad accettare la strada che ognuno di loro ha scelto” dice Saldana. “Ognuno di loro impara a sentirsi a suo agio nella sua pelle, soprattutto Uhura. Si chiede: sarò in grado di sacrificare la mia vita per la mia squadra, la mia nave, per i principi in cui credo? Sono domande importanti per lei”.

Saldana ha trovato particolarmente eccitante la possibilità di mostrare per la prima volta il talento di Uhura nel parlare fluentemente la lingua Klingon, che ha comportato l’apprendimento di una lingua nuova, seppur totalmente inventata, con una strana struttura grammaticale. “Il Klingon è molto divertente”, spiega. “E’ stato interessante esplorare la pronuncia e il significato di ogni parola e cercare quindi di inserire il tutto nel dramma e nella tensione della scena. Sul set, quando ero con gli attori Klingon con le loro code di gatto all’aria, la mia fantasia era colpita dalla fantasia di tutto il contesto. Mi piace misurarmi con situazioni nuove, rare e difficili”.

Abrams era deliziato dal modo in cui Saldana ha gestito gli incontri con i Klingon. “Ha la capacità, in qualsiasi lingua, di trasmettere grandi emozioni”, dice. “Zoe ha reso tutto molto reale e divertente, e non sciocco e fasullo. In un film del genere c’è il pericolo di scadere nel ridicolo, invece lei è stata straordinaria”.

Bones, Scotty, Chekov e Sulu:

Anche l’ufficiale medico della vecchia scuola della nave, Leonard “Bones” McCoy, si pone dei quesiti: si chiede infatti quale rotta stia prendendo la Flotta Stellare. “E’ preoccupato di questa nuova missione perché ha una valenza militare, e lui crede che la Flotta Stellare sia più adatta a missioni pacifiche e di esplorazione”, spiega Karl Urban, la star d’azione che torna a incarnare questo ruolo dopo aver recentemente interpretato il futuristico personaggio protagonista di “Dredd”.

Il pungente senso dell’umorismo di Bones era già uno strumento importante per evitare che Kirk o Spock prendano le cose o se stessi troppo seriamente. Ma stavolta sarà davvero fondamentale per riuscire a sedare i conflitti che esplodono a bordo dell’Enterprise. Urban dichiara di essersi divertito. “Al centro di Star Trek c’è un gruppo di persone che non è del tutto in sintonia, ma che alla fine riesce sempre a superare le differenze reciproche per poter sconfiggere un avversario comune”, spiega. “Bones secondo me è l’esatto opposto di Spock. Se Spock è la logica, Bones incarna l’umanità . . . e Kirk dovrà trovare un equilibrio fra questi due estremi per poter essere un bravo capitano. In “Into Darkness – Star Trek” assisteremo ad un momento critico nel loro rapporto perché discuteranno animatamente per far prevalere il proprio modo di condurre le operazioni”.

Il turbolento ingegnere della nave Scotty, si trova anche lui ad un bivio in “Into Darkness – Star Trek”, e questo è stato un elemento molto allettante per l’attore inglese Simon Pegg che incarna nuovamente il ruolo. “Sono stato contento di impersonare di nuovo Scotty perché la Enterprise sta diventando un vero equipaggio. Nel primo film, ci siamo incontrati e abbiamo trovato un modo per stare insieme. Ora Scotty conosce tutti meglio, anche se ognuno sta cercando di migliorare i rapporti interpersonali. Per esempio ancora chiama Chekov ‘piccoletto’”, ride Pegg.

Ma la persona a bordo dell’Enterprise che Scotty conosce meglio è il suo amico Kirk, e nonostante questi sia ora il capitano di una nave importante, lo schietto ingegnere continua a dargli qualche consiglio, anche a rischio del suo lavoro. “Scotty può essere caotico e insubordinato ma sa fare il suo lavoro. Chiama Jim ‘Capitano’, ma è anche sincero con lui, e in questo episodio si scontreranno. Scotty lo mette alla prova nel momento sbagliato e ne pagherà le conseguenze”, spiega Pegg. “Ma il loro legame è comunque forte. Scotty rispetta Kirk; lo considera un capitano coraggioso, capace, intuitivo e gli piace la sua integrità. Quando si scontrano, Scotty è arrabbiato con lui, ma in fondo è pronto a fare tutto ciò che il capitano possa chiedergli”.

Presto il pubblico si renderà conto che i timori di Scotty rispetto ai pericoli della nuova missione dell’ Enterprise, sono ben fondati. “Scotty è un bevitore, un rissoso e può sembrare un buffone ma è un bravissimo ingegnere”, spiega Pegg.

Pegg è stato felice di ritrovare JJ Abrams. “E’ lui il motore che guida l’Enterprise con entusiasmo, positività ed inventiva, tenendo tutti in riga”, dice.

Anton Yelchin, che torna a bordo dell’Enterprise nei panni del prodigio russo Pavel Chekov, la pensa allo stesso modo. “Di J.J. mi piace il fatto che è veramente affezionato a questo mondo e ad ogni singolo personaggio e al loro percorso individuale”, afferma. “Non solo fa piacere venire diretti da J.J. ma è bello vederlo all’opera”.

È Chekov che sostituisce temporaneamente Scotty quando le cose si mettono male con Kirk. “Ad un certo punto Kirk e Scotty hanno un diverbio e Kirk dice a Chekov, ‘Indossa una camicia rossa’”, spiega Yelchin. “Così finalmente ho potuto cambiato colore! Ma a parte tutto, mi è piaciuto il momento in cui Chekov deve dimostrare di essere pronto e capace e di sapersi adeguare se necessario”.

Yelchin si è preparato al ruolo di Chekov tornando alle origini del personaggio. “Ho visto varie volte le puntate della serie originale in cui appare Chekov”, spiega. “Amo questo personaggio ed ero felice di poter tornare sulla Enterprise. Mi piace inoltre il modo in cui questo film mescola il grande tema della vittoria contro l’azione giusta, un tema che ricorre in tutta la storia letteraria e cinematografica di questa serie, insieme all’ umorismo e all’intelligenza dell’universo Star Trek”.

John Cho, che ancora una volta interpreta il timoniere Hikaru Sulu, concorda: “Questo secondo film è davvero fedele alle origini spirituali di Star Trek, nel modo in cui affronta le nuove idee e le grandi domande, attraverso questi personaggi familiari”.

Per Cho tornare sul Ponte insieme ai suoi colleghi è stato naturale. “Sembrava che il tempo non fosse passato”, afferma. “Non succede spesso nella vita di vivere una bellissima esperienza e di avere il privilegio di poterla rivivere in modo ancora più eccitante”.

Carol Marcus, Christopher Pike e l’Ammiraglio

Il Ponte dell’Enterprise dà il benvenuto ad un nuovo membro dell’equipaggio: l’Ufficiale Scientifico ausiliario Carol Marcus, che contribuirà a generare – involontariamente – qualche complicazione. Incarna il ruolo dell’affascinante scienziata, che si basa su un personaggio introdotto nel precedente Star Trek, Alice Eve, l’attrice che ha studiato ad Oxford, apparsa anche nei film “Lei è troppo per me” e “Sex and the City 2”.

“Volevamo qualcuno che risultasse diverso dal resto del cast ma che potesse comunque amalgamarsi alla squadra splendidamente. Doveva essere spiritosa ed intelligente, sexy e determinata, ed Alice possiede tutte queste caratteristiche”, afferma Abrams.

Eve è stata felice di aver fatto parte dell’equipaggio soprattutto in un ruolo tanto intrigante. “La presenza di Carol a bordo della Enterprise è avvolta dal mistero”, osserva Eve. “E’ un’esperta di armi con un dottorato in fisica, quindi è una presenza un po’ scomoda per Spock. Inoltre allaccia subito un rapporto speciale con Kirk e Spock in qualche modo si sente minacciato”.

La scintilla romantica è stata particolarmente interessante da esplorare con Chris Pine nel ruolo di Kirk. “Carol e Kirk generano un ritmo, fra loro, che ricorda quello fra Hepburn e Tracy” spiega l’attrice. “Il loro rapporto è altalenante. Lavorare con Chris è stato fenomenale, è una persona estremamente generosa e trascinante”.

Anche il mentore ed ex capitano della Enterprise, Christopher Pike, interpretato da Bruce Greenwood, interpreta un ruolo centrale in “Into Darkness”, perché in un attimo cambierà tutto, specialmente per il suo giovane protégé, il Capitano Kirk. All’inizio del film Pike è furibondo perché Kirk ha violato la Direttiva Principale, l’inviolabile regola della Flotta Stellare secondo cui i viaggiatori dello spazio non devono mai danneggiare il corso di un’altra civiltà, e per questa violazione è persino disposto a rimuoverlo dal comando. “Poiché Pike ama Kirk come un figlio”, spiega Greenwood, “permette a Kirk e Spock di prendere una decisione, nonostante la gravità della trasgressione”.

Pike licenzia Kirk per stimolarlo a diventare un leader migliore. “Gli spiega che le decisioni non possono essere guidate dalle proprie emozioni altrimenti potrebbero mettere gli altri in pericolo, e questo è inaccettabile”, dice Greenwood. “Ma Pike sa che un giorno Kirk sarà in grado di usare il suo talento per salvare la galassia”.

Un altro comandante della Flotta Stellare fa il suo ingresso in “Into Darkness”, ma potrebbe non essere ciò che sembra. Interpreta questo personaggio oscuro e misterioso l’attore, filmmaker e storico dell’arte Peter Weller, noto per i suoi intensi ruoli di “Robocop” e “Dexter”. L’attore era affascinato all’idea di condurre Star Trek in un regno di pericolose operazioni segrete, attacchi preventivi e misteri che riguardano la flotta.

Weller è capitato nel film per un caso fortuito. Si trovava nell’ufficio di produzione della Bad Robot per parlare con i dirigenti della regia di un altro progetto televisivo, quando Abrams ha avuto un’ispirazione. “Mentre parlavo con lui, continuavo a pensare che sarebbe stato perfetto nei panni dell’Ammiraglio”, racconta il regista. “Infatti subito dopo l’ho chiamato, gli ho offerto il ruolo e lui ha accettato. È stato uno dei casting più casuali che abbia mai fatto”.

Abrams aggiunge: “Siamo stati fortunati ad averlo nel film. Da un lato Peter è metodico e cura ogni dettaglio e sfumatura. Dall’altro è cerebrale e incredibilmente intelligente. Ma possiede anche un grande istinto e dopo aver appreso la tecnica dei movimenti, va oltre ed è un piacere guardarlo”.

Weller si è unito al progetto con entusiasmo. “Il copione era fantastico”, dice. “Orci, Kurtzman e Lindelof mi hanno dato un bel ruolo e grazie ai consigli di J.J. abbiamo creato un personaggio magnifico, con un forte patriottismo, che fa ciò che ritiene sia giusto per Flotta Stellare. Potrebbe apparire come un antagonista ma è più complesso di come appare”.

La nemesi rivelata

Il lato oscuro di “Into Darkness – Star Trek” è incarnato da un nemico misterioso, un terrorista intergalattico, le cui intenzioni distruttive non sembrano conoscere confini terreni né cosmici. Si tratta di John Harrison, un unico uomo forte come un esercito maledetto, che diventa il bersaglio del Capitano Kirk.

Da quando i filmmakers hanno iniziato a pensare all’uomo di nome John Harrison, e al suo profondo legame con la tradizione di Trek, si sono concentrati su qualcuno in grado di impersonarlo.

Dopo aver incontrato decine di attori qualificati, Abrams ha fatto una scelta inusuale. Ha preso infatti in considerazione Benedict Cumberbatch, l’attore inglese noto soprattutto per i ruoli storici fra cui “Sherlock” (per la TV), “War Horse”, “Espiazione” e “Tinker Tailor Soldier Spy”, “Lo Hobbit” e “Parade’s End”, che ha conquistato Abrams con il suo talento e magnetismo.

“Nel primo film abbiamo avuto attori straordinari che hanno personalizzato i loro ruoli, con uno spirito perfettamente adatto a ciò che facevano. Benedict ha fatto esattamente la stessa cosa con il suo personaggio”, Abrams spiega. “Ha incarnato il suo ruolo con un atteggiamento completamente nuovo, con personalità, forza e con un background diverso. E’ un attore irresistibile ed energico, ha un approccio asciutto e raffinato, che è davvero indovinato, e che ha annullato qualsiasi dubbio potessi avere riguardo il suo aspetto. Non avevamo intenzione di ripeterci in questo film e lui rappresenta la nostra versione del personaggio già apparso nella serie. È stato la decisione giusta perché è bravissimo”.

Cumberbatch era già un fan di Star Trek quando ha letto il copione. “Avevo visto il primo film e pensavo che fosse magnifico. È una commedia intelligente e umoristica e allo stesso tempo fedele all’originale. E questo copione mi ha catturato ancora di più. J.J ed io abbiamo parlato molto del mio personaggio, della sua identità e del suo ruolo nella Flotta Stellare”.

Cumberbatch fa il suo ingresso sul set dell’ Enterprise ed entra in un gruppo già affiatato, diventando un minaccioso outsider. “J.J. crea un’atmosfera sul set che è davvero esilarante”, commenta. “Ha grande rispetto per gli attori e il loro lavoro, e c’è sempre spazio e tempo per il gioco ma anche per una seria concentrazione. È una dinamica che funziona benissimo”.

Nel calarsi nella psicologia torbida del suo personaggio, Cumberbatch si è sottoposto ad un allenamento piuttosto duro per il ruolo più “fisico” che abbia mai interpretato, pieno di combattimenti e di inseguimenti. Racconta che Chris Pine e Zachary Quinto lo hanno aiutato nel training. “Zach e Chris sono bravissimi con questo genere di cose, sono forti e veloci ma con me sono stati gentili e premurosi”, dice. “Si preoccupano sempre dell’incolumità e di come sviscerare le emozioni”.

Queste emozioni al cardiopalma, che emergono soprattutto fra Pine e Cumberbatch, vengono percepite da tutti in modo intenso. “Le scene fra Chris e Benedict sono bellissime perché fanno letteralmente scintille”, dice Karl Urban.

Aggiunge Pine: “Benedict ha letteralmente scolpito il suo personaggio, con la massima precisione. La sua performance è precisa e l’ho guardato recitare con ammirazione, sia come fan che come collega. La sua interpretazione è inquietante, spaventosa e senza dubbio ha creato alcuni momenti che rimarranno per sempre nella storia di Star Trek”.

L’ Enterprise cresce

Se “Into Darkness – Star Trek” amplifica l’azione, le dimensioni, e persino la psiche dei suoi personaggi, i filmmakers hanno voluto aumentare anche la prospettiva dell’Enterprise, ampliando la sua vista dal cuore pulsante della nave, il Ponte. Hanno quindi abbandonato sia i set di cartone della serie originale che quelli costruiti di qualche anno fa.

“Volevamo mostrare al pubblico nuove zone della nave, e conferire una maggiore profondità”, dice Abrams. “Nel primo film abbiamo cercato di rendere reale questa nave di dimensioni epiche e in parte ha funzionato. Il problema però è che il Ponte, la Stanza del Trasporto e la Med Bay si trovavano ognuno su set differenti, e non si riusciva ad avere una continuità. Ma stavolta abbiano avuto l’occasione di costruire un set contiguo, in cui è possibile percorrere un lungo corridoio ed accedere così dal Ponte alla Turbo Plaza, girare l’angolo e raggiungere la Med Bay. In questo modo la nave acquista profondità, ampiezza nonché l’effetto dell’interconnessione. Un set ben costruito crea la sensazione di credibilità anche per il cast e la troupe. In questo modo tutto migliora: le performance, la luce, il lavoro della macchina da presa. Aiuta ogni prestazione, dando agli spettatori una visione più ampia del mondo che amiamo tanto”.

Il produttore esecutivo Jeffrey Chernov riassume: “Il nuovo design dà al pubblico la possibilità di vivere effettivamente la Enterprise. Quando ho visto il progetto originale pensavo che il risultato sarebbe stato unico. Nessuno era ancora mai riuscito a percorrere tutta la nave, né a correre al suo interno, e poi, per completare l’opera, abbiamo costruito la Turbo Plaza, che per la prima volta, dà una sensazione di verticalità alla nave”.

Gli attori trovano che il nuovo set della Enterprise abbia contribuito al realismo di un viaggio interstellare. “In questo film il nostro parco giochi era al completo”, dice Chris Pine. “La troupe ha creato dettagli strabilianti; gli operai hanno lavorato sette giorni su sette, 24 ore su 24, creando un mondo in cui abbiamo potuto immergerci completamente. È stato incredibile”.

I design sono stati opera ancora una volta dello scenografo Scott Chambliss, frequente collaboratore di Abrams, autore dello straordinario lavoro nel primo “Star Trek”, in cui ha riprogettato l’Enterprise secondo un gusto moderno. Stavolta ha addirittura superato se stesso.

Dice Abrams: “Scott ha superato ogni mia aspettativa in questo film. Ha svolto un lavoro eccellente non solo ideando set straordinari ma costruendoli in un modo che supera persino i disegni. Ogni elemento della Enterprise è degno di nota. Ovunque mi girassi, restavo stupefatto”.

Aggiunge Chernov: “Scott aveva un compito molto arduo in questo film: trasportare il pubblico in un futuro ancora più lontano, conservandone comunque la credibilità. J.J. e Scott si sono occupati di ogni singolo dettaglio, interrogandosi su cosa avrebbero provato le persone e su come avrebbero mai potuto trasportarle all’interno del loro mondo. Hanno un rapporto creativo incredibile”.

Il processo creativo ha avuto inizio con i nuovi ed ambiziosi disegni di Chambliss dell’ Enterprise nella sua interezza. “Dopo aver ultimato il progetto, ce ne siamo innamorati”, racconta il manager di produzione Tommy Harper. “A quel punto dovevamo concretizzarlo, trovare il modo di costruirlo ed illuminarlo senza fare bancarotta! Il risultato è un set bellissimo, stupendo, che ha aperto un nuovo mondo a J.J. e lo aprirà anche al pubblico”.

Chambliss osserva che il suo lavoro in entrambi i film di “Star Trek” ha subito in particolare una forte influenza: i disegni industriali di Pierre Cardin, lo stilista francese d’avanguardia, noto per le sue creazioni ‘spaziali’ che presentano colori specchiati, audaci e forme geometriche. “Il design industriale di Cardin ha costituito la base di ogni set dell’ Enterprise”, dice Chambliss.

Questo è particolarmente vero nel caso della cella high-tech dei prigionieri. “Nell’ideare la cella dei prigionieri, ho pensato alla futuristica casa sulla spiaggia costruita da Pierre Cardin negli anni ‘70”, spiega lo scenografo, riferendosi alla leggendaria “Bubble House” vicino Cannes. “Si tratta di varie capsule bianche con finestre rotonde che danno su altre stanze o all’esterno, direttamente sul cielo. Ho preso in considerazione anche alcuni vecchi televisori italiani dallo schermo tondeggiante, incorniciato dalla plastica. Questi televisori nel film diventano l’occhio della sorveglianza presente in ogni cella. L’effetto è inquietante: i prigionieri sono intrappolati in una bellissima vetrina, costantemente sotto osservazione, con tutte le implicazioni emotive e claustrofobiche annesse e connesse”.

Per quanto riguarda la Enterprise, Chambliss è rimasto fedele alla visione concordata con Abrams: “L’idea era di avere una sensazione retro-tech contemporanea ma che rimanda alla serie televisiva originale. Mi piacciono molto gli elementi eleganti della vecchia tecnologia informatica che rendono omaggio al vecchio Star Trek. Abbiamo cercato di mescolare il gusto retrò con la sensibilità futuristica, in modo che diventano complementari. Ci ispiriamo costantemente all’idea ottimistica del futuro che aveva Gene Roddenberry, trasportandola ai giorni nostri”.

In questo nuovo viaggio, la Enterprise non solo cresce, ma sperimenta alcune delle manovre di volo più ardite. Ad un certo punto, la nave si inclina pericolosamente per iniziare un atterraggio di fortuna, che Abrams ha voluto ricreare nell’elegante set di Chambliss. “Tutto è stato fatto tramite corde e funi ed un set oscillante, e ci siamo ritrovati letteralmente a correre obliquamente”, spiega Simon Pegg. “Ci siamo divertiti immensamente a girare, a cercare costantemente un senso di orientamento, fra ciò il basso e l’alto. Non è stato facile ma Chris ed io abbiamo volentieri infilato le imbracature lasciandoci trasportare a mezz’aria urlanti, perché sapevamo che sarebbe stata una sequenza magnifica”.

Spiega il supervisore visivo Roger Guyett. “La nave si rovescia e la gravità artificiale viene meno e quando ciò accade, la gente inizia a fluttuare nell’aria. J.J. ha avuto l’idea che spostando la cinepresa in un certo modo, sembra che ogni cosa sulla nave sia sottosopra. J.J. comprende la magia visiva nei minimi dettagli”.

Verso nuovi mondi: Nibiru e Kronos

“Into Darkness – Star Trek” conduce i filmmakers nelle profondità rarefatte tipiche di Nibiru, il vulcanico pianeta rosso che inaugura il film con una spettacolare scena d’azione e di Kronos, il pianeta del popolo Klingon, dilaniato dalla guerra. “Niente è più eccitante e divertente per un filmmakers che poter creare altri mondi”, ammette Scott Chambliss. “E’ una rara occasione di realizzare l’inimmaginabile”.

Per le prime scene del lussureggiante ma tecnologicamente primitivo Nibiru, Chambliss ha immaginato una civiltà isolana. “Star Trek ci piace anche perché ci dà la possibilità di lavorare con tanti ambienti contrastanti”, osserva. “Nibiru è l’antitesi del pianeta dei Klingon ed entrambi sono completamente diversi dalla Terra. Tutti volevano che il pianeta-isola avesse un’atmosfera seducente; dopo aver visto il bambù rosso nelle Hawaii ho pensato che sarebbe stato interessante usare questo colore per Nibiru, oltre tutto crea un favoloso contrasto con la limpida acqua turchese e la sabbia bianca. Non era bellissimo da punto di vista cromatico ma possedeva quel gusto retrò che caratterizza la nostra visione di Star Trek. Partendo da questa base, abbiamo sviluppato l’intera cultura del pianeta”.

Aggiunge Jeffrey Chernov: “Le difficoltà presentate da Nibiru sono state immense. Non solo per quanto riguarda il set e la fotografia, ma anche per la creazione dell’intera tribù; abbiamo impiegato mesi. Molti film avrebbero optato per la CG, ma J.J. voleva portare in vita il pianeta attraverso la cinepresa. Perciò abbiamo iniziato a disegnare i nostri nativi Nibiru e abbiamo impiegato parecchio tempo a ideare il loro look, lavorando insieme a Neville Page, il nostro designer delle creature, a David Anderson, l’artista truccatore degli effetti speciali e a Michael Kaplan, il nostro costumista”.

Non meno impegnativo è stato Kronos, e ancora una volta Abrams ha dato a Chambliss completa libertà creativa per esprimere la società guerriera dei Klingon nel suo modo originalissimo. “Era chiaro per me che J.J. voleva che Kronos fosse uno straordinario parco giochi e così è stato il nostro approccio”, racconta Chambliss. “Kronos ha una cultura guerriera perciò abbiamo pensato che sarebbe stato interessante mostrare una parte del pianeta simile ad una terra tossica e desolata, ad un paesaggio post-nucleare o colpito da disastro ambientale”.

L’artista si è ispirato ad una insolita località. “Ho trovato alcune foto di un parco acquatico russo in disuso – un posto enorme costruito negli anni 50-’60, che è ormai in stato di completo abbandono e ha un aspetto angoscioso”, spiega Chambliss.

Il set che misura ben 12 chilometri, è stato costruito in un enorme teatro di posa. “Le sue dimensioni erano mostruose”, dice Tommy Harper. “J.J. voleva realizzare le immagini con la macchina da presa e non sfruttare solo il digitale. Eravamo preoccupati, ma abbiamo ottenuto quel che volevamo, compreso il vibrante muro luminoso che è diventato un vero e proprio personaggio del film. È un set che resterà nella memoria, e solo il fatto di arrivare a Kronos è elettrizzante!”

Oltre a dare la vita a Kronos, Chambliss ha avuto l’occasione di ideare l’interno di una nave Klingon da combattimento. “Abbiamo dato alla nave un’identità culturale. Si tratta di una nave a tre posti che abbiamo deciso di posizionare ognuno in modo diverso dall’altro. È uno spazio stretto e non lineare. Tutti noi ci siamo arrampicati al suo interno, sbattendo la testa e inciampando sugli oggetti, pensando: ‘E’ bellissimo ma sarà difficile girare al suo interno’. Ma poi è arrivato J.J. ed è riuscito a muovere la cinepresa in uno spazio irrisorio. E’ stato pazzesco”.

Per quanto riguarda i Klingon, Abrams spiega: “Siamo stati fortunati ad avere Neville Page, una straordinaria artista specializzata nella costruzione di creature, e David Anderson, un bravissimo artista del trucco e degli effetti speciali, per portare in vita gli abitanti di Klingon. Abbiamo scritturato alcuni attori che hanno fatto un lavoro straordinario. Di nuovo, come nel design della Enterprise, i Klingon in questo film rendono omaggio al passato in un modo del tutto originale”.

La moda intergalattica

Anche il costumista Michael Kaplan ha ampliato il suo lavoro in “Into Darkness” , un lavoro che richiede più immaginazione che ricerca. “Star Trek è come un film storico di cui però non è possibile reperire alcun oggetto! Non si può certo andare nei negozi dell’usato o nelle sartorie per questo genere di costumi”, osserva. “In Star Trek abbiamo dovuto fare inventare tutto noi, e se ci sono cambiamenti o aggiunte nei copioni, non si tratta di capi che si possono improvvisare. In un film del genere c’è un’enorme preparazione”.

Per questo nuovo viaggio, persino le uniformi standard dell’equipaggio hanno subìto dei ritocchi. “Non volevamo inserire troppe modifiche, ma renderli più sexy e sofisticati”, spiega Kaplan. “Ho serigrafato le uniformi con un modello boomerang che si vede nei primi piani. È un cambiamento sottile e i colori anche sono leggermente diversi. Il rosso è più intenso, il blu è più verdastro e il color oro dà più sul senape. Anche i pantaloni sono più stretti e presentano alcune modifica e stavolta gli attori non hanno dovuto infilare le maglie dalla testa perché sono provviste di cerniere invisibili”.

Uno dei vestiti più belli stavolta è stato quello con cui Spock esplora il vulcano: per questo abito Kaplan ha senza dubbio ampliato il concetto di ‘completo spaziale’. “Ci ho pensato a lungo, e ho ideato un abito color rame che non avevo ancora mai visto in un film di fantascienza”, spiega. “Un costume spaziale è sempre grigio, argentato o dorato. Ma ho pensato che il riflesso delle fiamme sul rame sarebbe stato molto bello”.

La bellezza del costume è data anche dalla sua complessità. “E’ un costume costoso e presenta molti elementi di ingegneria. Zach viene letteralmente agganciato nel suo costume ed è dotato di alcuni meccanismi”.

Kaplan ha inoltre realizzato a mano le mute subacquee della Flotta Stellare per molti attori principali, fra cui un capo rosso rubino per Uhura- Zoe Saldana. “Credo che il costume di Uhura sia uno dei preferiti di J.J. nel film”, dice Kaplan. “Volevamo che riflettessero il look di Star Trek quindi nonostante sia nuovo è pur sempre tipico di Star Trek”.

Altri nuovi look comprendono gli abiti spaziali intessuti di metalli con i caschi illuminati, le divise della Flotta Stellare e uno Shuttle Suit usato per i viaggi. Nel film l’equipaggio dell’Enterprise indossa abiti civili, a bordo del Knormian e su Kronos, e questo è stato un altro elemento interessante per Kaplan. “Volevo che indossassero abiti adatti ad ogni situazione in cui si trovano, perciò sono comodi e piuttosto spartani; ma mi piaceva anche l’idea che ogni personaggio indossasse un’uniforme da lui creata”, spiega.

Saldana dichiara a proposito del suo costume: “Mi piace l’abito di pelle, che ricorda Mad Max e che rende inosservati su Kronos. Michael è tanto artista quanto narratore”.

Per quanto riguarda l’equipaggio della Vengeance, Kaplan ha ideato un motivo a griglia che crea giochi di luce. “Per Benedict mi piaceva l’idea di fargli indossare un cappotto lungo, così da vederlo muoversi attraverso lo spazio con le falde che svolazzano dietro di lui. La prima volta che lo vediamo su Kronos, è illuminato dal retro e con J.J. abbiamo pensato che sarebbe stata una buona idea non far vedere chi è, all’inizio. Si può scambiare il suo soprabito per un cappotto di Klingon. Poi salta giù e ancora non siamo certi di chi sia perché indossa un cappuccio e una maschera ma quando li toglie vediamo con sorpresa che si tratta di Benedict”.

Per i costumi dei Klingon, Kaplan ha utilizzato dei disegni inediti che erano stati creati per il primo film. “Per i cappotti di soldati d’assalto abbiamo utilizzato una stoffa che assomiglia alla pelle di rinoceronte”, spiega. “I loro caschi sono a forma di ferro di cavallo, che secondo me era un bellissimo effetto. Poi ho ideato un nuovo look per i guerrieri che risulta più pratico per i combattimenti”.

Un’altra novità di Kaplan è stata l’opportunità di inventare non solo mondi sconosciuti ma anche il nostro mondo, per dare vita alla San Francisco e alla Londra del 23° secolo. Ancora una volta ha dovuto trovare un punto di incontro fra passato e futuro. “Come il resto del film, volevamo che il look terrestre fosse radicato negli anni ’60, in una versione plausibilmente futuristica. Ci siamo ispirati agli stilisti Christian Dior, Rudy Gernreich e Cortége, personalizzandoli”.

Quello, dice Kaplan, è il fulcro del lavoro di Abrams. “L’aspetto deve impressionare, ma deve soprattutto riflettere la verità emotiva della storia che raccontiamo”, riassume.

Al servizio della ricerca: la National Ignition Facility

Gene Roddenberry una volta ha detto a proposito di Star Trek: “La maggior parte di questo proviene dalla mia idea positiva rispetto al futuro dell’umanità. Stiamo solo all’inizio, ci attendono grandi sorprese. Non vedo come potrebbe essere diverso”. Quello spirito, che continua ad appassionare milioni di persone alle storie dei viaggi spaziali da lui create oltre 50 anni fa, si ispira per lo più all’incessante desiderio umano di ricerca scientifica. Non sorprende che nel corso degli anni, la filosofia di Star Trek abbia quindi ispirato schieri di giovani scienziati, esploratori e scrittori.

In uno splendido omaggio a questa ispirazione, J. J. Abrams conduce “Into Darkness – Star Trek” in un luogo particolarmente significativo: la National Ignition Facility (NIF) presso i Laboratori Lawrence Livermore, sede di una ricerca senza precedenti per il futuro dell’energia stessa. Qui, 192 dei più intensi fasci laser del mondo vengono utilizzati per rivelare i segreti della materia e dell’antimateria e per esplorare la fusione termonucleare. Il lavoro della NIS potrebbe un giorno risultare in una rivoluzione energetica in grado di cambiare il mondo, e di liberare l’umanità dall’inquinamento, dai carburanti, favorendo persino i viaggi spaziali.

Essendo una struttura governativa segreta, la NIF generalmente non ammette troupe cinematografiche . . . tuttavia Star Trek è qualcosa di completamente diverso. I legami fra Star Trek e la NIF sono molto stretti, dopo tutto la Enterprise è alimentata dal deuterio, un isotopo di idrogeno noto anche come “idrogeno pesante” così come la NIF. E molti degli scienziati che lavorano presso la struttura confessano di essersi fatti le ossa guardando Kirk e Spock che cercano di spingersi oltre i confini della conoscenza umana.

Il Dott. Edward Moses, Principal Associate Director della NIF e del Photon Science Directorate, dichiara: “Per molti anni abbiamo atteso che Star Trek si rendesse conto di noi! La nostra è una struttura futuristica… e penso che siamo stati tutti influenzati dalla visione del futuro di Star Trek”.

Per i filmmakers, la NIF ha fornito una location che non poteva essere emulata in nessun altro modo e che ha dato loro l’opportunità di esplorare indisturbati le viscere nucleari che creano i più avanzati viaggi temporali della Flotta Stellare, e che consentono viaggi più veloci della luce. Per la NIF, è stata l’occasione di vedere il loro laboratorio attraverso gli occhi di un narratore cinematografico. “La visione di J.J. Abrams del nostro lavoro è molto interessante”, osserva Moses.

Abrams era colpito non solo dalla bellezza tecnologica ma anche dalla sensazione di trovarsi in un luogo che ci sta proiettando verso il 23° secolo del film. “Noi volevamo solo girare un film mentre intorno a noi questi scienziati innovativi lavorano su tecnologie che probabilmente aiuteranno tutto il mondo”, afferma. “L’idea che un giorno la ricerca della NIF possa creare un’energia pulita e senza limiti è davvero stupenda. Da un lato era solo una location per la storia, ma siamo stati onorati di essere accolti in quel luogo. Queste persone stanno studiando cose che potrebbero cambiare il destino del pianeta così come quando sono state inventate la ruota e la lampadina. Non riuscivamo a credere che ci lasciassero girare lì e inoltre erano contenti di ospitarci. Molti di loro ci hanno rivelato che Star Trek li ha ispirati a diventare scienziati”.

Nel corso della produzione, una vasta schiera di altri scienziati, artisti e figure pubbliche sono convogliati nel set di “Into Darkness” per curiosare nelle riprese di Star Trek. La loro presenza ci ha ricordato di quando l’idea del film sia affascinante e suggestiva.

Riassume Bryan Burk: “Credo che queste persone siano attratte dalle stesse cose che attraggono J.J., il nostro cast e la troupe: quel senso di meraviglia rispetto a ciò che ci riserva il futuro quando coraggiosamente lasciamo la Terra per conoscere mondi e specie diverse. Speriamo tutti in un futuro in cui non ci siano più guerre e in cui si possano risolvere insieme tutti i problemi. Questa è la visione di Star Trek, e questo è ciò di cui parla la nostra storia”.