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La bataille de Solférino: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2013

Torino Film Festival 2013: uno dei film dell’anno dei Cahiers du Cinéma è un’opera strana, che unisce privato e pubblico (della Francia tra Sarkozy e Hollande), pianti di bambini e urla di adulti. Prima parte da “guerrilla cinema” pazzesca, poi il film cambia. Ci sarà da discutere su La bataille de SolférinoIn concorso.

pubblicato 29 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:47

Il decimo miglior film dell’anno secondo i Cahiers du Cinéma unisce privato e pubblico nel giorno delle elezioni di Hollande. Presentato a Cannes nella sezione completamente indipendente ACID, La bataille de Solférino è l’esordio altrettanto indipendente e molto personale di Justine Triet, che non ha certo voluto andare sul sicuro con il suo esordio.

Siamo il 6 maggio 2012, giorno del ballottaggio fra i due candidati alla presidenza della Francia, il socialista Hollande e il presidente uscente Sarkozy. Presagendo la vittoria di Hollande, i giornalisti si accalcano in rue Solférino, dove ha sede il quartier generale del partito socialista. Laetitia viene chiamata all’ultimo minuto per coprire la diretta per la sua tv, e si prepara per uscire tra mille impedimenti.

Per coprire la diretta dell’evento deve lasciare le due figlie piccolissime (Liv e Jeane) a un babysitter, Marc, raccomandandogli di non affidarle a Vincent, il padre delle bambine, nel caso questi si presentasse. Ovviamente niente va come previsto, e nella folla che invade le strade di Parigi si consuma lo scontro tra Laetitia e l’ex compagno, non meno burrascoso della sfida politica appena conclusa…

La guerra è dichiarata, sia per le strade che nelle case. A Solferino, dove c’è il raduno dei simpatizzanti di Hollande, c’è anche gente di destra, e ci si insulta tutti allegramente. Nelle case intanto i bambini piangono e urlano, i vicini sono costretti ad intervenire se un padre entra nella casa dell’ex moglie quando non potrebbe farlo, e via dicendo. Non c’è tranquillità da nessuna parte, non si respira.

La prima parte de La bataille de Solférino è una bomba, qualcosa di pazzesco. Dopo averci portato a casa di Laetitia e averci fatto conoscere i personaggi dandoci un assaggio di delirio privato, l’autrice ci scaraventa per le strade della Parigi del 6 maggio 2012. Un intero paese è diviso in due, mentre freme nel conoscere il proprio destino. L’annuncio sarà fatto entro poche ore, e tutti si riversano nella città, bloccando le strade.

Il film della Trier, in questa prima parte, è un meraviglioso esempio di “guerrilla cinema”. Tutte le scene ambientate a Solferino e per le strade di Parigi sono girate in loco sul momento, quando sta per essere davvero annunciato che Hollande è diventato Presidente. La regista racconta anche che spesso lei e la sua piccola troupe sono stati scambiati per giornalisti veri, mentre Vincent Macaigne (che interpreta Vincent, arrivato a Solferino per discutere/litigare con la moglie sull’affidamento delle figlie) è parso agli occhi di molti per davvero uno squilibrato.


Le inquadrature di massa mostrano una città nel più totale delirio, quasi pronta ad esplodere da un momento all’altro. Alcune di queste inquadrature sono riprese dall’alto che praticamente ci mostrano solo teste appiccicate l’una all’altra. Non mancano neppure interviste fatte a persone che stanno aspettando i risultati, e si discute quindi sulla speranza di un rinnovo, sui valori di destra e persino sulla natura umana.

Questo caos totale che degenera anche in risse quando diventa buio. Pure Vincent finisce a fare a botte e viene portato in commissariato. Quello che la Triet mette in scena è una follia pubblica rappresentata nella sua massima potenza ed esplosione, in un modo che meglio non si potrebbe chiedere: sporco, in diretta, vero. Con un ritmo travolgente, feroce, più veloce della vita stessa grazie al montaggio frenetico.

Poi improvvisamente tutto cambia. Si torna a casa, e la coppia si ricongiunge a Virgil, il nuovo compagno di lei, nell’appartamento della donna dove la giornata era iniziata. E partono gli insulti e le discussioni a voce alta, altissima. “Sei pazza!”, “Sfigato!”, partono le mani, ci si picchia, si parla come delle macchinette cercando di trovare l’insulto più grossolano. Come per strada anche nelle case si combatte per avere ragione.

Però questo cambio di rotta dell’opera è di un brusco che lascia a bocca aperta. È ovvio che, per coerenza, quando si torna nell’appartamento dopo che ormai tutta la tensione pubblica è scemata si debba cambiare “registro”: ma qui sono i personaggi che letteralmente danno di matto. Arriva un momento in cui non li si regge più, anche perché poi non litigano e/o si menano e basta, ma delirano allegramente tra loro.

“Disadattati e immondi”, “difficili, mostruosi e violenti”, bambini cresciuti in preda al panico che hanno perso la capacità di vivere: così la Triet descrive i suoi personaggi. Gli interpreti stanno meravigliosamente al gioco, ma la pazienza di chi assiste oltre la quarta parete viene messa a dura prova. Dopo una prima parte in cui tutto funziona che è una meraviglia si è costretti ad assistere ad un cambiamento che crediamo non giovi al risultato finale.

Forse bisogna ripensarci su, oppure bisogna rivedere una seconda il film. Quel che è certo è che, come dice ancora la Triet, queste persone saranno pure insopportabili: ma (anche) per questo sono vive.

Voto di Gabriele: 7

La Bataille de Solférino (Francia 2013, commedia 94′) di Justine Triet; con Laetitia Dosch, Vincent Macaigne, Arthur Harari, Virgil Vernier, Marc-Antoine Vaugeois. Qui il trailer.

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