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The Idol: Recensione in Anteprima

Il regista di Omar e Paradise Now porta in sala la storia vera di un cantante diventato simbolo vivente di pace e speranza per un intero popolo.

pubblicato 2 Aprile 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 07:49

Dopo aver commosso il pubblico di Toronto e Torino, The Idol di Hany Abu-Assad arriva nei cinema d’Italia con tutto il suo carico di emozioni e forti sentimenti, legati all’incredibile storia vera di Mohammed Assaf, cantante vincitore del talent show Arab Idol. Una sorta di The Millionaire in salsa palestinese diretto dal due volte candidato agli Oscar Abu-Assad, in nomination grazie a film come “Omar” (2003) e “Paradise Now” (2006), rispettivamente vincitori di un Golden Globe e del Premio della Giuria nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes del 2013. Proprio due settimane dopo quel meraviglioso successo sulla Croisette il vero Assaf, diventato eroe nazionale e simbolo di riscatto per un intero popolo, trionfava in diretta televisiva dinanzi a milioni di telespettatori festanti, tra i quali c’era proprio il regista, addirittura emozionato per l’incarico di farlo diventare settima arte.

D’altronde la vita di questo ragazzo dai modi gentili che è riuscito a tramutare l’orrore della guerra in accecante bellezza attraverso la propria voce, è nata per diventare cinema. Siamo a Gaza, striscia di terra in cui guerra, disperazione e distruzione la fanno ormai da padroni. Mohammed e sua sorella Nour, combattiva e mai doma, sono di fatto prigionieri in patria tra missili e militari che riescono comunque ad avere uno sguardo di ottimismo sul proprio futuro grazie alla passione per il canto e per la musica. Insieme agli amici Ahmad e Omar suonano in strada e si divertono ad immaginare un domani da ‘band’, cullando il sogno impossibile di poter suonare e cantare all’Opera Hall del Cairo, un giorno.

Ma il destino ha altro in serbo per entrambi, tanto da intralciare con devastanti ostacoli la strada di Mohammed, costretto a cantare nei matrimoni e a guidare un taxi per pagarsi gli studi universitari e a tentare una clamorosa ‘fuga’ da Gaza per partecipare ad un provino televisivo di un noto talent show. Arab Idol. Provini che si tengono al Cairo, con i confini chiusi e le vie d’uscita controllate a vista, ma Mohammed riesce nell’impossibile e grazie ad una serie di clamorose vicissitudini finisce davanti ai famosi giudici del programma. E qui, voce di un popolo che mai ne aveva avuta in capitolo, il ragazzo diventa simbolo vivente di pace e speranza.

Ci sono tutti gli ingredienti classici del ‘viaggio dell’eroe’ in questo racconto biografico, ovviamente romanzato e onestamente incredibile nella sua evoluzione. Abu-Assad, come già fatto con esagerato successo da Boyle e meritato disinteresse da Daldry (Trash), si affida per buona parte della pellicola a dei bimbi, esordienti e dalla grande forza recitativa soprattutto negli incredibili occhi della bravissima Hiba Atallah, vera colonna del piccolo Mohammed, più gracile e meno coraggioso rispetto alla sorella musicista. Il regista, che ha avuto il permesso di girare per 3 giorni all’interno di Gaza, ci conduce per mano tra i paesaggi devastati dai bombardamenti del 2014, con i protagonisti che vivono le proprie vita tra palazzi sventrati, recinzioni con filo spinato e tunnel sotterranei in cui ‘smerciare’ hamburger McDonald. Se Boyle e Daldry ci avevano trasportato nelle baraccopoli di Mumbai e tra le discariche brasiliane, Abu-Assad non fa altro che rappresentare le ferite di guerra, tra bimbi storpi e strade bombardate.

Il sogno del protagonista, anche se frenato da ostacoli che apparentemente appaiono insormontabili, riuscirà comunque a spiccare il volo, diventando l’educato e nuovo volto di un popolo a lungo discriminato ed emarginato. Una voce ‘divina’ che per circa due mesi ha aiutato in diretta tv milioni di persone a dimenticare i propri problemi e a sorridere. Di nuovo. Abu-Assad, dopo una prima parte anche forzatamente ironica nel delineare i tratti dei 4 bimbi mattatori, onestamente troppo ‘adulti’ nei discorsi fatti tanto per l’età quanto per la situazione vissuta, spinge poi sull’acceleratore del sentimentalismo spinto, tra drammi indicibili che virano al ricattatorio e problemi su problemi che continuano a far inciampare il talentuoso Mohammed. Fino a quando quest’ultimo, improvvisamente, smette di essere bambino e si fa adulto.

A questo punto parte l’epopea vogleriana del protagonista e prende vita la sua straordinaria voce, che nell’emozionante finale finirà per incrociare il volto del vero Assaf. Immagini di repertorio che testimoniano l’evento mediatico vissuto nel 2013 in Palestina, con piazze stracolme di gente festante per la vittoria di un ragazzo di Gaza che accettò con coraggio il rischio della galera pur di non soffocare il sogno di una vita. Perché anche l’impossibile può diventare possibile. Pochi minuti di ‘realtà’ che con forza superano, dal punto di vista emotivo, quanto precedentemente rappresentato sotto forma di finzione dal regista, forse troppo legato all’aspetto fiabesco della storia, tra speranza, sofferenza e riscatto, per riuscire a dargli quel senso di credibilità che ne rappresenta l’effettiva unicità.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

The Idol (Ya Tayr El Tayer, Palestina, Qatar, Gran Bretagna, biopic-drammatico) di Hany Abu-Assad; con Tawfeek Barhom, Ahmed Al Rokh, Hiba Attalah, Kais Attalah, Abdel Kareem Barakeh, Nadine Labaki, Ahmad Qasem, Saber Shreim – uscita giovedì 14 aprile 2016.