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The Wrestler – di Darren Aronofsky: recensione in anteprima

The Wrestler (The Wrestler, USA, 2009) di Darren Aronofsky; con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Judah Friedlander, Ajay Naidu, Mark Margolis, Ashley Springer, Angelina Aucello, Giovanni Roselli, Marcia Jean Kurtz.Ci sono due persone che sono più vive e vegete che mai e lottano assieme a noi. Si chiamano Darren Aronofsky e Mickey Rourke,

23 Gennaio 2009 10:09

The Wrestler - di Darren Aronofsky: recensione in anteprima The Wrestler (The Wrestler, USA, 2009) di Darren Aronofsky; con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Judah Friedlander, Ajay Naidu, Mark Margolis, Ashley Springer, Angelina Aucello, Giovanni Roselli, Marcia Jean Kurtz.

Ci sono due persone che sono più vive e vegete che mai e lottano assieme a noi. Si chiamano Darren Aronofsky e Mickey Rourke, rispettivamente regista e attore protagonista di The Wrestler. Un film che ha tante storie da raccontare, e che rendono la sua trama, decisamente semplice e lineare, più ricca e commovente di quello che è.

Nel film Randy “The Ram” Robinson non è più ormai il lottatore che era un tempo, finché la vita non gli ridà l’occasione di risalire sul ring. Esistono film che sembrano scritti per un attore, disegnando a volte quasi la sua biografia, e The Wrestler è senza dubbio uno di questi: quasi lo sceneggiatore Siegel avesse avuto sempre in mente solo l’attore, ma soprattutto in questo caso ex-pugile, Rourke.

E, sopresa delle sorprese, c’è un regista che ha accettato più di un rischio. Aronofsky lascia innanzitutto lo stile (gli stili) dei precedenti tre film, prende la telecamera sulla spella e si mette quatto quatto a seguire il suo grande attore, con una onestà che lascia di sasso. E torna a Venezia due anni dopo essere stato fischiato per L’albero della vita, e dopo aver finito di montare la pellicola un paio di giorni prima: un coraggio impressionante che gli ha fatto guadagnare un bel Leone d’Oro.

The Wrestler è così un film sulla rinascita. Come Randy dedice con una forza di volontà contagiosa e intensissima di graffiare un’ultima volta, da gran leone qual è, anche Aronofsky e Rourke riacquistano una linfa ancora più vitale di quella che li fece portare, in situazioni e casi ovviamente diversi, al successo. Non si pensi però che The Wrestler sia godibile solo e soprattutto per queste storie che sono comunque esterne alla pellicola in sé.

Riprendendo il filone dei film sportivi alla Rocky, dove la periferia e il riscatto sono al centro di una storia “tutta americana”, The Wrestler fila liscio che è un piacere. Il film possiede un ritmo e una potenza davvero notevoli, anche perché Aronofsky, che punta per la prima volta per una sincerità della trama che si trasforma in assoluta linearità paratattica, riesce ad essere ancora una volta sorprendente, anche frammentando quando può la narrazione (vedi la scena dell’incontro in cui si vedono prima gli esiti della lotta).

Sembra di essere tornati negli anni ’70, quindi. Ma con un po’ di coscienza in più, ossia che per riuscire a fare un film del genere in modo convincente bisogna lasciare arzigogolii vari a casa, essere onesti fino in fondo e non dimenticarsi dell’ironia. Aronofsky così vince la sua difficile scommessa, riuscendo ad assestare un paio di colpi niente male (la violenza a tratti brutale, gli incontri tra Randy e la figlia Stephanie) e un paio di battute memorabili (mire principali: Cobain e The Passion!).

Nulla di impegnato, nulla di complicato, solo purissimo cinema americano ad ottimi livelli, annunciato dai fumettosi e colorati titoli di testa. E soprattutto grande cinema americano dal punto di vista della recitazione, con un Rourke splendido come non ci stancheremo mai di ripeterlo, e due donne magnifiche e intensissime come Marisa Tomei, bellissima spogliarellista, ed Evan Rachel Wood, figlia ferita e sofferente.

E dopo tutte le botte, il dolore, le risate, le lacrime, arriva lui, The Boss. Incominciano i titoli di coda e parte The Wrestler, la magnifica canzone che Bruce Springsteen ha scritto proprio per il film: Have you ever seen a one-legged dog making its way down the street? / If you’ve ever seen a one-legged dog then you’ve seen me. Interpretando al meglio il protagonista e la sua malinconia, il Boss ha scritto la meraviglia finale di un gran bel film.

Voto Gabriele: 8
Voto Simona: 8
Voto Federico: 8

Dal 6 marzo nei cinema.

Festival di VeneziaPremio Oscar