Home Recensioni Thor: Love and Thunder, recensione – la perfetta fusione di Marvel e Disney genera il miglior cattivo dell’UCM

Thor: Love and Thunder, recensione – la perfetta fusione di Marvel e Disney genera il miglior cattivo dell’UCM

Leggi la recensione di “Thor: Love and Thunder”, il filM Marvel Studios diretto da Taika Waititi con Christian Bale nuovo villain dell’UCM.

11 Luglio 2022 11:00

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Thor: Love and Thunder è approdato nei cinema e il regista Taika Waititi alla sua seconda prova con L’universo Cinematografico Marvel (UCM) si è dimostrato all’altezza del suo precedente Thor: Ragnarok, confermando la svolta in stile “Guardiani della galassia” del Dio del tuono asgardiano. Per questo sequel Waikiki ha aggiunto al consueto mix di azione, avventura, fantascienza e commedia, un pizzico di horror, sulla scia del “Doctor Strange” di Sam Raimi, in questo caso ben supportato dal talentuoso Christian Bale, al suo primo villain da fumetto neri panni di Gorr il macellatore di dei, una inquietante miscela del clown Pennywise e del Joker di Heath Ledger, ma con l’aggiunta di un disperante e umanizzante desiderio di vendetta che lo porta emotivamente un gradino sopra il Thanos dei film degli Avengers, a suo tempo interpretato da Josh Brolin interamente con l’ausilio della motion-capture.

Taika Waititi riesce pregevolmente a contenere la ormai inevitabile impellenza da parte di Disney di inserire frotte di ragazzini nelle loro produzioni strizzando l’occhio al suo primario target di riferimento, un po’ come fece George Lucas con i famigerati Ewok nel sequel Il ritorno dello Jedi. Disney però ha dovuto per forza di cose fare i conti con la follia anarcoide che si cela in Waititi che nasce come comico, chi ha visto il film Vita da vampiro e la serie tv What We Do in the Shadows comprenderà esattamente a cosa ci riferiamo. Così assistiamo ad un’orda di bambini in preda allo spirito del “Dio del tuono” che combattono come un orda di feroci vichinghi in miniatura, o l’ultimo fotogramma del film con una bizzarra accoppiata che oltre a spiegarci il titolo del film, andrebbe accolta da una standing ovation in un mix di entusiasmo e ilarità (non riveliamo altro per non rovinarvi la sorpresa), aggiungiamo solo che dopo “Thor: Love and Thunder”, Taika Waititi può essere considerato il Robert Rodriguez neozelandese.

Con la galvanizzante musica dei mitici Guns N’ Roses ancora nelle orecchie, che Waititi chiaramente adora poiché la band è citata a più riprese e non solo nella colonna sonora, la quarta avventura di Thor si apre con una roboante, chiassosa ed esilarante battaglia al fianco dei Guardiani della galassia, una sequenza di spacconate e goliardia che potrebbe spiazzare qualcuno, ma non chi ha apprezzato il precedente “Ragnarok” e chi conosce bene lo stile di Waititi. La fragorosa intro, musicalmente paragonabile ad un riff di chitarra di Slash, si conclude con un Thor eletto “Dio del disastro” e la scoperta che un nuovo nemico di nome Gorr sta eliminando le divinità grazie ad un’arma mitica che lo rende potente, ma che lo sta anche corrompendo, esattamente come il Darkhold per la Scarlett Witch di Doctor Strange. Giusto il tempo di salutare Star-Lord (Chris Pratt) e i Guardiani della galassia e ricevere in dono un paio di capre urlanti, vediamo Thor tornare in una New Asgard irriconoscibile, che nel frattempo da villaggio di pescatori è diventata una ambita meta turistica guidata dal Re Valchiria (Tessa Thompson).

E’ proprio quando Gorr fa la sua entrata ad effetto, e nel frattempo scopriamo i motivi per cui Jane Foster, una Natalie Portman perfetta supereroina, è diventata “Mighty Thor” brandendo il martello Mjolnir distrutto in “Ragnarok”, che comprendiamo appieno come mai l’intero film sia così puntato alla leggerezza e ad una comicità a tratti debordante. Sia Gorr che Jane Foster sono personaggi che portano con sé archi narrativi cupi e con una disperazione di fondo che avrebbe potuto cambiare il tono del film, facendolo deragliare rispetto a quello di “Ragnarok”, quindi Waititi che di comicità se ne intende sceglie di bilanciare la disperazione e la tristezza portati come fardelli da Gorr e Jane Foster, regalando al film e agli spettatori reiterati momenti di leggerezza che svolgono appieno la loro funzione di “sollievo comico”, rendendo “Thor: Love and Thunder” un mix bizzarro, inconsueto e surreale che potrebbe far storcere il naso a chi non ha apprezzato la svolta di Waititi rispetto al personaggio di Thor nell’UCM, e a chi ha qualche pregiudizio rispetto ai film Marvel. In entrambi i casi si tratta di voci fuori dal coro e poco pertinenti rispetto ad un universo condiviso che ha certo dei difetti, ad esempio la mancanza di “cattivi” di riferimento, anche se con Thanos, Mysterio e Gorr le cose stanno evidentemente cambiando, ma se quello di Marvel è l’unico universo condiviso che tiene botta da ben 14 anni un motivo ci sarà. Per chi ancora nutrisse dei dubbi al riguardo basta guardare la concorrenza: vedi un Universo Esteso DC (UEDC) che è riuscito a decollare solo grazie ad all’Aquaman di James Wan, per poi avere una ulteriore battuta d’arresto, secondo il sottoscritto immeritata, con Wonder Woman 1984, per non parlare del neonato Sony’s Spider-Man Universe (SSU), su cui preferiamo stendere un velo pietoso, con i debutti cinematografici di Venom e Morbius non propriamente memorabili, per usare un eufemismo.

Per non incorrere in troppi spoiler indesiderati ci fermiamo qui, ricordandovi di non perdere la scena sui titoli di coda, breve sequenza che grazie all’ironico Zeus di Russell Crowe introduce il prossimo antagonista di Thor, che è un altro mix di mitologia e fumetto che siamo curiosi di vedere all’opera.