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Torino 2011: recensioni di Three and a Half e Either Way

Un film Islandese e uno Iraniano presentati al Festival di Torino 2011: Three and a Half e Either Way però non fanno furore

pubblicato 1 Dicembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 06:02


Hanieh, Homa e Banafsheh sono tre detenute in un carcere iraniano che, ottenuto un permesso di libera uscita, decidono di scappare verso il Nord del paese, con l’obiettivo di varcare il confine illegalmente. Giunte in prossimità della frontiera, le tre donne si accordano per incontrare Nasser, che dovrebbe aiutarle a fuggire. Ma il giovane non si fa vedere e lo stato di sofferenza di Hanieh fa intuire alle compagne che la ragazza è incinta: Homa e Banafsheh decideranno quindi di accompagnarla in ospedale, cambiando così irrimediabilmente il loro piano iniziale.

È un anno importante per il cinema iraniano. Da una parte il dolore perenne e lo sdegno per la situazione di Jafar Panahi, dall’altra la grande vittoria e il successo a Berlino del capolavoro di Asghar Farhadi, Una separazione. Fa piacere quindi continuare a scovare film di una cinematografia lontana e ancora troppo poco conosciuta: i festival servono anche, e soprattutto, per questo. Anche come quando inseriscono in concorso un film che non convince, ma che merita più spazio a prescindere di un A Confession.

In concorso al Torino Film Festival troviamo quindi questo piccolo film firmato da Naghi Nemati, qui al suo secondo lavoro dopo il premiato Those Three, visto sempre a Torino nel 2007. Dopo un film al maschile, un film al femminile, in cui tre donne decidono di fuggire dal paese ma restano coinvolte in ragnatele da cui non riescono, per un motivo o per l’altro, a liberarsi. Il confine irraggiungibile come speranza per un destino migliore, la condizione della donna, le difficoltà quotidiane: tutto già visto a suo modo anche nel più recente cinema iraniano.

Uno dei principali problemi di Three and a Half è proprio quello di essere sfortunato, visti i modelli a cui pare per forza di cose rifarsi. C’è la lentezza meditativa di certo Kiarostami, c’è un inizio che non sarebbe dispiaciuto a Farhadi, un soggetto alla Ghobadi, tocchi alla Panahi. Premesso quindi che l’opera di Nemati sembra un frullatone di idee, suggestioni e stili differenti di questo ultimissimo cinema nazionale, la cosa più faticosa ed indigesta del film è proprio la sua sceneggiatura.

Si fa una grande fatica a seguire l’andamento degli eventi, anche se alla fine tutto sembrerà (forse) un po’ più chiaro. Ma per tutti gli 80 minuti della pellicola ci si perde senza alcuna motivazione. E pensare che Three and a Half era pure iniziato bene, con un colpo di pistola assordante ed una prima parte anche molto dialogata. Il dramma si stempera però nella noia e nell’assenza di emozione, e sale anche un po’ di rabbia nel pensare che le molte persone che si potrebbero avvicinare per la prima volta al Torino Film Festival a questo cinema, penseranno che la cinematografia iraniana sia tutta così. Cosa che non è affatto vero.

Voto Gabriele: 5

Three and a Half (Seh-o-nim – Iran 2011 – Drammatico 80′) regia di Naghi Nemati con Negar Hasanzadeh, Shokouh Karimi, Mehdi Pourmoussa, Samaneh Vafaiezadeh.

Either_Way_posterIslanda, anni Ottanta. Finnbogi e Alfred sono due impiegati della compagnia stradale islandese che hanno deciso di passare l’estate a lavorare sulle strade ventose e solitarie del Nord del paese. I due uomini sono però molto diversi tra loro: il più anziano ed esperto dei due ha infatti accettato come compagno il giovane Alfred, come favore alla fidanzata, sorella del ragazzo. Costretti a vivere a stretto contatto in un arido e desolato ambiente naturale, impareranno a conoscersi e rispettarsi, fino alla nascita di un’inaspettata amicizia.

E c’è anche quindi l’Islanda nella competizione del Torino Film Festival di quest’anno. Either Way è l’opera prima di Hafsteinn Gunnar Sigurdsson, e si tratta di una piccola commedia a metà strada tra Beckett e Kaurismäki. Sigurdsson ha un’idea abbastanza chiara del cinema che vuole fare, sin dall’utilizzo del formato panoramico per inquadrare le ambientazioni naturali dell’Islanda, sia per quel che riguarda i movimenti di macchina (c’è molta camera fissa, altrimenti sono dolci, mai mpd a mano), sia per quel che riguarda le scelte di sceneggiatura.

Insomma, Sigurdsson ci vuole regalare un film a suo modo pulito, ordinato. Un modo, questo, per definire soprattutto i caratteri dei due protagonisti: Finnbogi (Sveinn Ólafur Gunnarsson, anche co-sceneggiatore), il più adulto dei due, fidanzato con la sorella del più giovane Alfred (Hilmar Guðjónsson). Cosa fanno due uomini eterosessuali quando si ritrovano forzatamente a dover stare assieme 24 ore su 24 tutta la settimana? Bevono e parlano di donne.

Ecco: le donne sono – a prima vista – le grandi assenti del film. C’è solo una figura quasi metaforica che spunta fuori in due scene, che ovviamente non sveleremo, eppure allo stesso tempo la figura femminile c’è sempre, tra le righe. I due ne parlano continuamente, appunto: citano le loro relazioni presenti e passati, i tentativi di approccio e quindi anche le rispettive visioni dell’amore. Finnbogi crede nell’amore, e vede il sesso solo nell’ottica del rapporto amoroso; Alfred invece parla continuamente di voler fare sesso, e non riesce a sbollire i propri istinti masturbatori. Ci saranno sorprese in entrambi i casi.

Ma la presenza femminile più grande è indubbiamente quella della Natura. La forza di Either Way innegabilmente poggia soprattutto sulle inquadrature spesso mozzafiato dell’Islanda settentrionale dov’è ambientato il film, con l’aiuto ovviamente di una fotografia giustamente ricercata e curata. Forse Either Way è però quel tipico film un po’ ruffiano che usa i ritmi d’autore e l’ironia a volte volutamente un po’ “grossolana” per fare colpo sullo spettatore. Spesso riuscendoci pure: infatti lo spettatore resta incuriosito e s’affeziona ai due personaggi principali, cogliendo anche le loro sfumature, la loro solitudine e le loro paure.

Voto Gabriele: 7

Either Way (Á annan veg – Islanda 2011 – Commedia/Drammatica) regia di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson con Hilmar Guðjónsson, Sveinn Olafur Gunnarsson, Þorsteinn Bachmann, Valgerður Rúnarsdóttir, Þorbjörn Guðmundsson, Runólfur Ingólfsson.

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