Home Commedia Un anno difficile: trailer italiano e colonna sonora della commedia di Olivier Nakache e Éric Toledano (Al cinema dal 30 novembre)

Un anno difficile: trailer italiano e colonna sonora della commedia di Olivier Nakache e Éric Toledano (Al cinema dal 30 novembre)

In anteprima al Festival di Torino e nei cinema con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection la nuova commedia dei registi di “Quasi amici”.

28 Novembre 2023 11:51

Dopo la tappa in anteprima fuori Concorso alla 41ma edizione del Torino Film Festival, dal 30 novembre e arriverà nei cinema con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection Un anno difficile, La nuova irresistibile commedia dei registi di Quasi amici Olivier Nakache e Éric Toledano.

Torino Film Festival 2023 il programma completo (24 novembre – 2 dicembre 2023) (3)
Leggi anche:
Torino Film Festival 2023: il programma completo (24 novembre - 2 dicembre 2023)

Un anno difficile – Trama e cast

La trama ufficiale: Albert e Bruno (Pio Marmaï & Jonathan Cohen), due simpatici scrocconi sempre al verde, nel tentativo di imbucarsi a un aperitivo si trovano coinvolti nelle attività di un gruppo di eco-attivisti. Tra inganni, maldestri sotterfugi e sgangherate azioni di protesta, per i due amici sarà forse l’occasione di redimersi e rimettere ordine nelle proprie vite. Dai registi di Quasi amici, una commedia travolgente e attuale, tra consumismo e ambientalismo, con l’esilarante coppia comica formata da Jonathan Cohen e Pio Marmaï e una sorprendente Noémie Merlant (Cactus).

Il cast è completato da Mathieu Amalric (Enrico), Grégoire Leprince-Ringuet (Quinoa), Luàna Bajrami (Antilope), Sandrine Briard (Sirène).

ELENCO SALE

Un anno difficile – Trailer e video

Intervista ai registi

Da dove nasce l’idea del film?

ERIC TOLEDANO: Stavamo scrivendo un film, ma durante la pandemia lo abbiamo accantonato, perché in quel mondo in pausa ci siamo ritrovati davanti a vari interrogativi. Da un lato, stavamo pensando alla seconda stagione di En thérapie, che avrebbe affrontato l’impatto diretto della pandemia e dell’isolamento sulla psiche dei francesi; dall’altro volevamo anche affrontare domande più ampie, allacciandoci a tutti i discorsi sul famoso “mondo che sarebbe venuto dopo” – qual era questo nuovo mondo che sarebbe dovuto arrivare, questo mondo che, secondo alcuni, non sarebbe più stato lo stesso? Le immagini che ci si sono presentate davanti erano di due tipi: c’erano le strade deserte, le serrande dei negozi abbassate, gli aerei piantati a terra, la gente alle finestre che applaudiva ogni sera alle 20; e, in contrasto con la sensazione di vuoto che tutti stavamo provando in quel momento, si sono delineate altre istantanee che evocavano lo straripamento delle nostre società in crescita permanente. Poi abbiamo trovato su internet un video di giovani attivisti che cercavano di impedire alla folla di entrare in un grande magazzino durante il Black Friday. Per noi, quella era una fotografia dell’epoca storica che stavamo vivendo: due visioni del mondo che si scontravano. Perciò il film è caratterizzato da due blocchi, da campi-controcampi, da due movimenti, come un valzer.

OLIVIER NAKACHE: Colpiti da questa contrapposizione, ci siamo chiesti chi fossero le persone che, quel giorno, volevano entrare per prime nei negozi e chi fossero coloro che si paravano loro davanti. Abbiamo scavato, indagato, incontrato persone per cercare di identificarle e capirle e, ben presto, è emerso il tema del sovraindebitamento. Questo argomento ci interessa da un po’ di tempo, è sintomo del desiderio di mimetizzarsi, racconta della voracità degli istituti di credito che fanno sprofondare molte persone nei debiti oltre al punto di non ritorno. Abbiamo approfondito la questione per comprendere processo, che a volte sono lunghi e laboriosi, fino all’eventuale estinzione dei propri debiti con la Banca di Francia. Poi ci siamo chiesti chi fossero questi eco-attivisti. O meglio, eco-attiviste, perché sono state le ragazze, con la loro combattività, a colpirci di più durante le nostre ricerche. Abbiamo conosciuto diverse Cactus! Inoltre, all’inizio delle nostre ricerche, è stata proprio una Cactus ad accoglierci. E il personaggio interpretato da Noémie Merlant si basa proprio su di lei (con la quale l’attrice ha passato del tempo per prepararsi al ruolo).

E.T.: “Lasciami passare.”, “No, ti respingo.”: dovevamo filmare un movimento fisico. Come un valzer di idee in cui non si sa più su quale piede ballare. Siamo cresciuti negli anni ’80, la nostra generazione è quella dell’abbondanza consumistica e, un giorno, ci siamo svegliati e i nostri stessi figli parlavano di muri, di collasso e della necessità di cambiare. Ci siamo trovati di fronte a giovani che soffrono sempre più di eco-ansia. Anche per questo, l’intero film è attraversato dall’evocazione dell’immagine di ponti. Per noi si trattava di collegare due temi come se fossero due sponde: il sovraindebitamento e l’ecologia. Apparentemente, c’entrano poco l’uno con l’altro, ma degli appartamenti vuoti possono raccontare storie diverse – dalla recente visita di ufficiali giudiziari al desiderio di una vita austera, minimalista e in decrescita. Non siamo usciti indenni da quattro anni di En thérapie. Per noi la serietà e la violenza di quel periodo storico dovevano essere bilanciate da delle risate condivise – avevamo tantissimo bisogno di comicità. Far ridere quando si sarebbe dovuto piangere ci ha permesso di avvicinarci a determinati pensieri e osservazioni con ironia e umorismo. La commedia fornisce un punto di osservazione privilegiato, è un barometro sociale che porta anche a un vero e proprio esame di coscienza.

Avevate delle idee precise per la regia?

O.N.: Sicuramente avevamo voglia di energia e movimento. E questo principio applicato alla regia giustifica la scelta dei soggetti. Il Black Friday o le azioni degli eco-attivisti – questi interventi umani sono di grande ispirazione e molto stimolanti da filmare. La nostra è stata anche una reazione ai quattro anni in cui abbiamo lavorato a En thérapie e che abbiamo quindi passato a filmare volti e campi-controcampi in uno studio: sentivamo un forte bisogno di uscire, di cercare nuove sfide. Ma le azioni degli eco-attivisti sono mosse dalla cosiddetta eco-ansia e abbiamo voluto rappresentare anche quella.

E.T.: Inoltre, raramente sono state girate scene simili e creare nuove immagini è una delle cose che amiamo del fare cinema.

La commedia all’italiana ha più o meno sempre influenzato i vostri film, ma in questo vi siete lasciati completamente andare al black humour:

E.T.: Questo è il nostro ottavo film. I sette precedenti formano un ciclo in cui i protagonisti erano personaggi che stavano simpatici al pubblico. Il rischio più grande era quello di risultare ridondanti e ripetitivi, perciò in questo film abbiamo voluto che la commedia all’italiana non fosse più solo un richiamo, ma un modello da seguire. Per descrivere una società in pieno mutamento e decostruzione, abbiamo utilizzato l’ironia, la satira, la farsa, così come tutti quegli elementi che servono a comprendere meglio il tema e a rendere il fiume più tumultuoso, ad aggiungere correnti e controcorrenti che sgomitano tra loro, si muovono e straripano. Ne I soliti ignoti di Monicelli, sullo sfondo di un tessuto sociale violento, c’è un anziano che mangia con discrezione la pappa di un bebè.

O.N.: Romain Gary ha scritto: “L’umorismo è la prova della superiorità dell’uomo rispetto a ciò che gli accade”. Da Ettore Scola a Dino Risi, il cinema italiano degli anni ’70 aveva la capacità geniale di ridere dei guai che si accumulano giorno dopo giorno. Una filosofia ripresa da Yves Robert e Claude Lelouch in L’avventura è l’avventura, ad esempio. Durante una delle nostre anteprime, una spettatrice ci ha detto che quella che rappresentavamo era una “sfortuna gioiosa”.

Quindi credete che, calcando la mano sullo black humour, i vostri personaggi non risultano più simpatici?

O.N.: Sì, per la commedia all’italiana l’arma letale è il personaggio furbo, a volte disonesto, irresponsabile, sfortunato e arrogante che rincorre la dignità umana, il riconoscimento sociale o una relazione romantica. Dunque, la sfida consisteva nel riuscire a rendere piacevoli questi adorabili falliti, poiché il loro disordine apparente non poteva essere rappresentato da una linearità troppo schietta. E abbiamo abbracciato la cosa: i nostri protagonisti partono dal punto A per arrivare… al punto A.

E.T.: Abbiamo mosso i primi passi in questa direzione con il nostro terzo film, Troppo amici, che descrive dei rapporti familiari tesi tra amore, disprezzo e dipendenze. E poi stiamo semplicemente invecchiando: forse, siamo meno ottimisti di un tempo! Per forza di cose, si pone la questione dell’etica, della responsabilità, ed è ormai impossibile dire: “Après moi, le déluge”.

Come si bilanciano le forze quando si scrivono personaggi appartenenti a due fazioni opposte – I consumisti folli e gli ecologisti radicali?

E.T.: Abbiamo usato la fotografia per cercare di deliziare e, al contempo, interrogare lo spettatore. Inoltre, simbolicamente, queste due fazioni rappresentano le contraddizioni del nostro tempo e abbiamo voluto rappresentare i due punti di vista senza criticare, fare favoritismi nei confronti dell’uno o dell’altro o dare giudizi morali. Uno dei maestri della commedia all’italiana, Dino Risi, ha detto: “Odio il moralismo, per me non c’è luce che dallo schermo risplenda verso lo spettatore per dirgli cosa pensare”.

O.N.: Abbiamo tentato di descrivere il più e il meno, il pieno e il vuoto. Ci siamo immersi, abbiamo seguito per molto tempo l’attività dell’associazione Crésus, che aiuta le persone sovraindebitate, e quella di Extinction Rebellion, osservandone i mantra, i codici, ecc.

E.T.: Ad esempio, i soprannomi del film – Quinoa, Cactus, Antilope – sono veri, sono davvero parte dei codici del mondo associativo ambientalista radicale. In questo ambiente non si giudica l’attivista in base al proprio nome, che può rivelare la sua origine sociale o etnica. Del resto, proprio come nella sequenza alla stazione di polizia in cui Noémie Merlant si ritrova costretta a consegnare la sua carta d’identità, abbiamo scoperto la vera identità di queste persone, solo quando hanno iniziato a lavorare al film.

“Iniziato a lavorare al film” In che senso?

O.N.: Tutte le comparse che ruotano attorno agli attori protagonisti sono attivisti che abbiamo reclutato per le scene delle proteste alla settimana della moda, davanti agli aerei o davanti alla Banca di Francia. Ci hanno detto: “Dimostriamo per far parlare di noi e voi parlate di noi, quindi partecipiamo volentieri”. Adoriamo i cast misti – attori e gente comune, ognuno ha una sfida da superare. È stato divertente, perché questi giovani attivisti spesso trovavano la nostra satira troppo leggera!

Parliamo del cast.

O.N.: Pio Marmaï è stato presente fin dall’inizio e abbiamo scritto il copione pensando a lui. Avevamo pensato di metterlo in coppia con Alban Ivanov, ma, purtroppo, poco prima dell’inizio delle riprese, Alban ha avuto dei problemi e non se l’è più sentita, di girare il film. Lo stesso giorno in cui ce l’ha detto, abbiamo incontrato Jonathan Cohen in un bar e il resto è storia.

E.T.: Era estremamente lusingato, ma ci ha avvertiti che aveva appena finito delle riprese durate sei mesi senza sosta e che era stremato. Gli abbiamo detto che era perfetto per un personaggio soprannominato Lexo: doveva semplicemente presentarsi così com’era, con la barba ed esausto! In certe scene abbiamo addirittura cercato di indirizzarlo verso il pathos di Vittorio Gassman.

E Noemie Merlant? Avete pensato subito a lei?

O.N.: Il nostro cinema è pieno di coppie maschili, ma qui volevamo un trio con una protagonista femminile . L’abbiamo adorata nel film di Céline Sciamma e in Parigi, 13Arr. di Jacques Audiard. Eravamo certi della potenza della sua recitazione. Ha gentilmente accettato di fare un provino e, dopo un minuto, sapevamo già che sarebbe stata fantastica. Poi, durante la preparazione del film, abbiamo visto L’innocente di Louis Garrel, dove è venuto alla luce il suo talento per la commedia. Persino la sua precisione ha potenziale comico. È riuscita a trovare posto nel nostro film e a brillare tra Pio e Jonathan, che erano molto amici, e non a caso, c’è lei al centro del poster. Ha brillato anche solo con la voce, come quando chiama Pio “Pulcino” con un tono meravigliosamente preciso e puntuale.

Dichiarazioni del cast

PIO MARMAÏ

Era da tanto che volevamo lavorare insieme e questo desiderio si è concretizzato con En thérapie. Poi mi hanno proposto questo film.

Inizialmente avrei dovuto interpretare Bruno (poi diventato il ruolo di Jonathan), ma questo cambiamento dell’ultimo minuto è stato molto stimolante e mi ha permesso di dare un’energia diversa al ruolo di Albert. Ho dovuto giocare su due registri contemporaneamente. Da un lato, quello della sopravvivenza, perché, socialmente, il mio personaggio è messo alle strette – debito dopo debito, cade in una sorta di marginalità. E, dall’altro, dovevo dargli un risvolto comico, perché comunque mantiene ancora il contatto con la realtà grazie alla sua intraprendenza e ai suoi imbrogli. Non si lascia mai andare, avanza, si muove costantemente, al ritmo imposto dalla lingua di Eric e Olivier. Questo movimento perpetuo, anche se goffo, mi piace. Ed è speculare al movimento del personaggio di Noémie – entrambi hanno una forza trainante: per uno è sopravvivere, per l’altra è fare attivismo. Anche il diniego di Albert è una forma di candore che lo rende commovente.

Con Eric e Olivier, non c’è posto per l’improvvisazione, si segue il copione! Alcuni momenti sembrano improvvisati, eppure è tutto scritto. Hanno girato molte scene, spremuto per bene le situazioni, a volte ci hanno lasciato carta bianca e loro due si sono bilanciati perfettamente: una volta era Olivier a dirigere il tutto, quella dopo Eric, e non c’è mai stata tensione tra i due. Mi affascina che funzionino così bene in coppia, che si ascoltino ancora con tanta curiosità dopo aver diretto così tanti film insieme. Non ero mai stato diretto da due registi e non avevo idea che potesse essere così facile. Il loro amore per il cinema si riflette nel modo in cui dirigono gli attori.

JONATHAN COHEN

Eric e Olivier mi hanno contattato mentre stavo finendo la post-produzione di Le Flambeau, les aventuriers de Chupacabra. La voglia di lavorare con loro era evidente, ma ero esausto! Ho detto loro: “Sono veramente uno straccio!” E Olivier ha risposto: “È proprio quello che cerchiamo!”. “Allora, perfetto.” E non ho rimpianti.

Nella loro regia, mi hanno dato riferimenti alla commedia all’italiana, come I soliti ignoti o I vitelloni: dovevo “comportarmi da Gassman”, “comportarmi da Mastroianni”. Dovevo cercare la fantasia, il lirismo nel tumulto. Il mio è un personaggio squallido che cerca di mostrarsi allegro in ogni circostanza. Da questo soffio di vita e contro ogni previsione nasce la commedia. E nasce anche dall’accoppiata del mio personaggio e quello di Pio contro Noémie: sono due ragazzi catapultati in un contesto che è loro estraneo e perfino nemico.

Il film offre spunti interessanti anche sul tema della mascolinità, che è legata, fin dalla notte dei tempi, al successo sociale. Anche in questo caso dovremo fare marcia indietro e cambiare paradigma.

RACCONTACI UN PO’ DEI TUOI COLLEGHI.

Vedere Mathieu Amalric recitare è stato incredibile: è un attore magico. Sorprendente in ogni momento, la sua arte rivoluzionaria è singolare, prova di tutto! Per me, che lo ammiro dai film di Arnaud Desplechin, è stato un privilegio poter recitare con lui.

Il ruolo di Noémie è molto complicato. E la sua capacità di rendere il personaggio piacevole mi ha sbalordito, tanto di cappello!

Con Pio ci siamo divertiti un sacco. Non ci conoscevamo di persona, ma c’è stata subito grande complicità sia sul set che nella vita. Ne abbiamo fatte di ogni, ma non durante le riprese, perché Eric e Olivier ci hanno chiesto di essere seri e immergerci nelle situazioni e nella sceneggiatura. “Forza, non esageriamo, concentriamoci!” Raramente ho incontrato persone che lavorano con tanto vigore. Sono riusciti a farmi tirare fuori un’emotività tutta nuova per me durante la sequenza in cui sussurro “Ti odoro” alla mia ex moglie. Non volevo strafare, ma mi hanno spronato e ho superato il senso del pudore. Sono loro molto grato.

NOÉMIE MERLANT

È una grande emozione essere sul poster del film, perché Eric e Olivier sono i due grandi maestri della commedia di questo periodo storico. Quasi amici mi ha lasciata a bocca aperta, per non parlare dei film successivi. Sanno meglio di chiunque altro come mescolare toni, umorismo e temi sociali, sentimenti e umanismo, e come rivolgersi a quante più persone possibile pur rimanendo esigenti. Il fatto che abbiano pensato a me quando ancora la mia filmografia non conteneva commedie mi onora e commuove. Non ero entusiasta all’idea di fare un provino, soprattutto perché non mi sento mai a mio agio durante i test, ma la loro capacità di instaurare rapporti mi ha subito calmata.

Per la sequenza in cui tengo un discorso davanti all’assemblea degli attivisti ero molto agitata. Eric e Olivier sapevano che temevo di non risultare sincera – mi sarei vergognata tantissimo a sembrare artificiale e finta davanti a un pubblico del genere – quindi mi hanno rassicurata e mi hanno preparato un montaggio di discorsi di attivisti a cui ispirarmi. Inoltre, nel copione dovevo dire che tra qualche anno si sarebbe superata la soglia dei 40°C e quel giorno c’erano esattamente 40°C fuori.

E’ pazzesco come, sul set, abbiano dato posto a tutti – attori, attivisti, tecnici. Eravamo in tanti e ci conoscevano tutti per nome! Saprebbero raccontare un aneddoto su ognuno di noi! Mi affascina questa capacità di ascolto, questo interesse sincero, poiché sul set, di solito, i registi hanno ben altre cose a cui pensare. Nei loro film promuovono il dialogo ed è ciò a cui danno priorità nel loro lavoro. E creano anche un senso di festa, ogni giorno, dimostrando che, sì, il film è importante, ma non è tutto. Alcuni registi applicano la moralità ai loro film, ma non alla vita. Eric e Olivier fanno l’opposto: Un anno difficile non vuole mai essere moralista, si pone domande e risponde con incontestabile umanità.

MATHIEU AMALRIC

Sono stati i produttori di Le Film du Poisson, con cui Eric e Olivier hanno girato En thérapie, a farmi sapere che volevano lavorare con me. E non ho resistito! Sono due tesori. Delle persone stupende. E il loro cinema mi ha sempre stupito: chi altri riesce a usare la commedia per affrontare tematiche difficili come fanno loro? Ad esempio, proprio all’inizio del film, si sente l’energia dei giovani, la loro febbre e questo tema serissimo viene introdotto con la scena del Black Friday, una sequenza barocca con Jacques Brel in sottofondo!

Per interpretare il mio personaggio, non ho pensato alla commedia. Dovevo rimanere al primo livello. Ho incanalato la compassione dell’uomo più anziano “che ci è già passato”, che ha già toccato il fondo. L’ho immaginato come un ex dipendente di una grande banca e vittima di un’ondata di licenziamenti.

La commedia è tutta una questione di percussioni, soprattutto quando i registi ti offrono uno spartito magistrale da suonare. La sfida più grande è stata non ridere davanti ai due buffoni. Jonathan e Pio fanno morire dal ridere! Sono esplosivi ed Eric e Olivier hanno creato situazioni in cui hanno brillato.

Il mio personaggio è un’anima buona, un salvatore, ma la complessità umana impone che non sia sempre tutto così semplice: anche lui ha i suoi demoni. La gag del casinò è nata molto tardi e studiando il film, mi sono reso conto che il mio personaggio era molto più interessante e più burlesco di quanto pensassi. Io sono il clown bianco nel film. Abbiamo inventato costumi e trucco man mano che procedevamo con le riprese aggiungendo sempre un dettaglio in più, come i baffi finti.

Eric e Olivier erano felici come bambini: “Sì, spingiamoci oltre!” Lavorano sodo, ma hanno anche gusti ben precisi. Sanno trasportare. Io avevo appena finito di girare con Nanni Moretti un film in cui ballavo ed Eric e Olivier sono come lui, appartengono a questa famiglia di registi che dicono: “Di più! Ancora di più!”, che vogliono trovare il divertente nell’eccesso e che si lasciano guidare dal piacere.

Certi sogni ci sono stati inculcati? Questo film ci invita a rivendicare i nostri sogni!

Un anno difficile – La colonna sonora

  • Le musiche originali del film sono del duo indie Grandbrothers, musicisti molto amati dai registi Olivier Nakache e Éric Toledano.
  • La colonna sonora include brani di Jimi Hendrix (“Little Wing”), Jacques Brel (“La valse à mille temps”), Yuri Buenaventura (cover di “Ne me Leave pase”), pezzi del trio inglese di jazz contemporaneo GoGo Penguine e un’esclusiva cover del brano “Stay” di David Bowie interpretato da Yarol Poupaud.
  • La musica dei Grandbrothers rappresenta una comunione tra il vecchio e il nuovo. Formatosi a Düsseldorf, in Germania, il lavoro innovativo del duo è incentrato sulla collaborazione tra il pianista Erol Sarp e l’ingegnere/progettista di software Lukas Vogel. I crediti in ambito cinematografico del duo includono colonne sonore per la commedia My Wonderful Wanda (2020), la serie tv 66-5 (2023) e il corto Suave (2020). I Grandbrothers sono alla loro seconda collaborazione con i registi Olivier Nakache e Éric Toledano dopo la commedia The Specials – Fuori dal comune (2019).

1. Sonic Riots (Grandbrothers) 5:22
2. La valse à mille temps (Jacques Brel) 3:51
3. Hopopono (GoGo Penguin) 3:57
4. Stay (Yarol Poupaud) 5:38
5. Le Freak (Chic) 5:29
6. Little Wing (Jimi Hendrix) 2:26
7. Le masque tombe (Pascal Lengagne) 2:51
8. Murmuration (GoGo Penguin) 2:19
9. White Nights (Film Edit) (Grandbrothers) 2:15
10. White Nights (Piano Version) (Grandbrothers) 1:57
11. Ne me quitte pas (Yuri Buenaventura) 5:38

La colonna sonora di “Un anno difficile” è disponibile QUI su Amazon.

Un anno difficile – Foto e poster

Commedia