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Una bugia per due: trailer italiano della commedia di Rudy Milstein con Vincent Dedienne (Al cinema dal 1° febbraio)

Nei cinema italiani con Officine UBU la brillante opera prima di Rudy Milstein con Vincent Dedienne, Clémence Poésy e Géraldine Nakache.

pubblicato 9 Gennaio 2024 aggiornato 18 Gennaio 2024 12:04

Dal 1° febbraio 2024 nei cinema italiani con Officine UBU Una bugia per due, la brillante commedia francese diretta da Rudy Milstein. Una commedia intelligente, sottile e delicata che racconta una storia fondata sull’apparenza, di come principi e valori vengano spesso messi da parte al fine di sedurre, di essere accettati e di compiacere alla società.

Una bugia per due – trama e cast

La trama ufficiale: Louis è gentile. È così gentile che passa spesso inosservato. I colleghi e i genitori non ne hanno una grande considerazione, e non può nemmeno contare sull’appoggio degli amici… che non ha. Il giorno in cui scopre di avere una grave malattia, quelli intorno a lui sembrano notare la sua esistenza per la prima volta, e per Louis le opportunità personali e professionali improvvisamente abbondano. Quando lo studio legale presso cui lavora gli chiede di difendere una multinazionale da uno scandalo, questa diventa per Louis l’occasione per farsi finalmente notare. Tutto però ha un prezzo, e Louis sarà costretto a ricorrere a una bugia “buona” per ritagliarsi un posto agli occhi degli altri e poter compiere, finalmente, qualcosa di grande.

Protagonista dell’originale opera prima di Milstein è Vincent Dedienne nei panni di Louis, il classico (fin troppo) bravo ragazzo ‘costretto’ dalle circostanze a ricoprire il ruolo di bugiardo. A far da contorno, una serie di personaggi che verranno coinvolti dalle imprevedibili conseguenze delle “piccole” bugie di Louis, tra cui Elsa, la spregiudicata e affascinante manager dello studio legale presso cui lavora Louis, interpretata da Clémence Poésy, l’incorruttibile e determinata Hélène interpretata da Géraldine Nakache, gli eccentrici genitori di Louis interpretati da Isabelle Nanty e Sam Karmann, il bizzarro vicino di casa Bruno, che apparentemente non riesce a provare emozioni, interpretato dallo stesso regista, nel doppio ruolo di autore e attore. Il cast include anche Rabah Nait Oufell, Johann Dionnet, Anna Cervinka e Sebastien Castro.

Una bugia per due – Il trailer italiano ufficiale

Intervista al regista

Raccontaci come nasce il film.

Volevo scrivere una storia sull’apparenza, di come a volte mettiamo da parte i nostri principi per sedurre, per essere accettati dalla società, per progredire socialmente, per compiacere i nostri genitori. Fino a che punto siamo capaci di mettere da parte le nostre convinzioni, la nostra morale e dimenticare i principi per raggiungere il nostro obiettivo? Il personaggio di Louis, interpretato da Vincent Dedienne, interpreta un giovane avvocato coinvolto nel tornado di un caso di pesticidi, presumibilmente responsabili del cancro. È un ragazzo simpatico, ingenuo e gentile. Eppure durante tutto il film fa cose immorali. E lo accettiamo perché, appunto, è un bravo ragazzo. Le buone intenzioni perdonano tutto? Con il pretesto di intenzioni lodevoli, possiamo a volte permetterci di agire male? O al contrario, sono le azioni a definire chi siamo? Ecco, sono un po’ tutte queste le domande che mi hanno animato durante la stesura della sceneggiatura. Volevo che non ci fossero buoni o cattivi. Ad esempio, il personaggio di Hélène (Géraldine Nakache), portavoce dell’associazione dei malati di cancro, sembra a priori detestabile – è volgare, scortese, aggressiva – ma è anche altruista, pensa prima agli altri, difende la vedova e l’orfano. Ma pensa davvero ai malati quando li difende? Louis non ha forse ragione a dirle che è nel loro interesse prendere i soldi adesso piuttosto che lottare per anni per una causa persa? In breve, volevo che i problemi di tutti fossero più complessi di “lui è gentile, lei è cattiva” ecc. Da qui il titolo originale (che non è un riferimento a Balavoine…): sono l’eroe del film, ma “non sono un eroe”!

Ti affidi molto alla realtà?

Certo. La realtà è un materiale meraviglioso. Tanto triste quanto divertente. Le contraddizioni della natura umana sono affascinanti. E non faccio il giudice, non so se anch’io sono una brava persona. Come tutti, cerco di esserlo, ma è complicato. Tutti i personaggi del film prendono spunto dalle domande che pongo a me stesso e alle persone che conosco, ma cerco di discostarmi il più possibile per evitare che mi denuncino per diffamazione!

Con questa vicenda dei pesticidi, anche l’ecologia sta subendo un duro colpo, proprio come questi bohémien greenwasher che si lamentano della plastica negli imballaggi della frutta…

Ma in realtà sto ridendo di me stesso! Vorrei fare tanto di più per l’ecologia, per il pianeta, e poi per tante altre cose, ma non so da dove cominciare! Quindi non faccio nulla. O poco. Oppure un giorno arriverò a essere così offuscato e farà qualcosa per ripulirmi la coscienza. Prendo in giro questo impegno sociale, che si ricollega alla questione iniziale dell’apparenza: firmare petizioni su Facebook ma fare il bagno ogni sera, è davvero coerente?

Si avverte sul film l’influenza comica, benevola e cinica di Woody Allen.

Penso che sia perché anche lui è ebreo! È un regista che significa molto per me. Usare l’umorismo per parlare di questioni esistenziali è una cosa che già faceva mia nonna! Mi piace, lo sento vicino.

Cos’altro ti ha influenzato nella realizzazione del film?

Molte commedie americane – come i film di Judd Apatow. Il cinema di Agnès Jaoui, di Julie Delpy, anche quello di Michel Leclerc e di Baya Kasmi. Tutti gli uomini di Victoria, di Justine Triet. Mi piacciono molto anche le commedie inglesi come Quattro matrimoni e un funerale, di Mike Newell. Anche le prime stagioni de I Simpson! Essere o non essere di Ernst Lubitsch rimane per me la commedia perfetta, siamo costantemente sballottati tra situazioni comiche pure e veri e propri momenti di tensione drammatica. Crediamo in tutto, capiamo tutto, è tragico e ridiamo..

Vieni dal teatro. Cosa ti ha spinto verso la regia?

Ho sempre desiderato fare film. Ho sempre amato scrivere e raccontare storie. Tuttavia, il teatro rappresenta da tempo la via più breve e immediata per realizzare questi sogni. Questo è ciò che è magico nel teatro, abbiamo un rapporto così forte e immediato con il pubblico. Sono entrato nella troupe di Pierre Palmade: scrivevamo durante la settimana e rappresentavamo la nostra produzione il fine settimana successivo. Il lato istantaneo del teatro mi ha permesso di sperimentare tante cose diverse senza che la voglia di andare al cinema mi abbandonasse. Tuttavia, non pensavo che avrei diretto questo film da solo; mi bastava scrivere la sceneggiatura. Ho cercato a lungo un regista che andasse nella mia stessa direzione e non l’ho trovato. Sapevo esattamente cosa volevo, quindi ho deciso di fare il grande passo.

A parte la tua passione per il cinema, non avevi alcuna esperienza in questo campo…

Nessuna. Mi sono esercitato girando cortometraggi che consideravo una sorta di laboratorio preparatorio: prendere la macchina da presa, testare assi, obiettivi, modi di raccontare certe cose, per vedere la differenza tra proiezioni mentali, carta e immagine. Ho scritto e, il giorno dopo, sono partito per dirigere.

Raccontaci della scelta di Vincent Dedienne di interpretare il personaggio di Louis.

Con Vincent ci siamo visti per anni a teatro senza mai conoscerci. L’ho visto recitare molto spesso e, ogni volta, l’ho trovato geniale. Adoro la sua fantasia, la sua poesia, la sua follia, il suo fascino. È una persona molto divertente nella vita ma che ha anche una certa malinconia infantile negli occhi, è un ingenuo… ed è molto amabile. Era perfetto per il ruolo. Tutto il suo corpo incarna il personaggio. Mi ha seguito ovunque, con generosità, accuratezza e precisione. Abbiamo costruito questo personaggio insieme, ho adorato questa collaborazione. È una vera rarità che un primo film sia riuscito a creare questa connessione.

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