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Buried – Sepolto: Recensione in Anteprima

Buried – Sepolto (Usa, 2010) di Rodrigo Cortés; con Ryan Reynolds, Robert Paterson, José Luis García Pérez, Stephen Tobolowsky, Samantha Mathis, Warner Loughlin, Ivana Miño, Erik Palladino, Heath Centazzo, Joe Guarneri, Anne LockhartSi può fare un film con un attore, rinchiuso in una bara, sepolta sotto terra, con solo un accendino e un cellulare a

pubblicato 6 Ottobre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:27

Buried – Sepolto (Usa, 2010) di Rodrigo Cortés; con Ryan Reynolds, Robert Paterson, José Luis García Pérez, Stephen Tobolowsky, Samantha Mathis, Warner Loughlin, Ivana Miño, Erik Palladino, Heath Centazzo, Joe Guarneri, Anne Lockhart

Si può fare un film con un attore, rinchiuso in una bara, sepolta sotto terra, con solo un accendino e un cellulare a fargli compagnia, e renderlo sopportabile per più di 5 minuti? Sì, si può, e Buried ne è la conferma. Dopo aver entusiasmato il Sundance Film Festival, e la stampa americana, il film del talentuoso Rodrigo Cortés arriva finalmente anche in Italia, confermando quanto detto dall’altra parte dell’Oceano, ovvero: Signore e signori, siamo dinanzi ad uno dei film dell’anno.

Trascinato da una sceneggiatura che definire brillante è dire poco, Buried ci porta nell’abisso delle nostre paure, sotterrandoci insieme ad uno straordinario Ryan Reynolds, che soffre con noi, un metro sotto terra, in un angusto spazio chiuso, senza conoscerne le motivazioni e cosa fare per riuscire ad uscirne, con i secondi che scorrono inesorabilmente, togliendo ossigeno a lui, a noi e soprattutto all’amministrazione americana, responsabile di aver iniziato una delle guerre più insensate della storia, in Iraq, e messa con le spalle al muro da uno dei film più politici dell’intera stagione.

Affascinante. Attraverso la propria incredibile capacità di far rimanere lo spettatore attaccato alla poltrona per 90 minuti, senza dargli mai tregua, Buried si mostra così, affascinante e conturbante, perché costruito su uno script e una regia che sono delle impeccabili macchine da ‘guerra’, nell’aggiungere tensione a tensione, ansie a paure, svelando minuto dopo minuto sempre più informazioni.

Paul è un’autista finito in Iraq per lavoro. Ha moglie e figli a casa, negli States. Non è un soldato, non è armato, da 9 mesi vive tra le bombe irachene solo per mantenere la propria famiglia. Fino a quando si risveglia in una bara, vivo, tre metri sottoterra. In tasca ha un cellulare, una matita e un accendino Zippo. Perché è rinchiuso in quella cassa? Chi ce l’ha messo? Cosa vogliono da lui e cosa fare per uscirne vivo? Quesiti che Paul dovrà cercare di risolvere in fretta, prima che l’ossigeno finisca, facendolo morire soffocato…

Ad Alfred Hitchcock Buried sarebbe piaciuto. Forse avrebbe voluto addirittura girarlo. Il film dello spagnolo Rodrigo Cortés omaggia palesemente quelli del Maestro, attraverso una storia che angoscia, ammalia e conquista, e a una serie continua di colpi di scena che ci portano a soffrire insieme a Ryan Reynolds, fantastico protagonista. Il giovane Cortés ci regala una regia mai banale, considerando la difficoltà tecnica e di sviluppo del soggetto, appoggiandosi ad una fotografia spettrale, affidata al catalano Eduard Grau, passato dai colori patinati di A Single Man a quelli sporchi, cupi, a tratti accecanti e infernali, e decisamente inquietanti, di questo Buried.

Con a disposizione un semplice cellulare, Cortés distrugge la guerra in Iraq, la sua utilità, le sue verità, e l’amministrazione Usa che con George W. Bush l’ha prima voluta e poi persa, in termini di vite umane e di strategy. L'”american dream” viene sotterrato tre metri sotto terra, denudato e mostrato in tutto il suo palese cinismo, insieme alle lobby industriali della guerra che da anni speculano sui giovani americani, soldati e non, mandati a morire per difendere una menzogna iniziale, da proteggere a tutti i costi, a costo anche della vita, in un paese dove non esistono solo ‘terroristi’ ma soprattutto delinquenti, diventati tali perché privati di tutto, a suon di bombe e false promesse.

Attraverso un finale tanto coraggioso quanto spiazzante, Cortés conclude un’opera praticamente quasi perfetta (a parte un paio di ralenty evitabili), originale e incredibilmente riuscita, girata in appena 17 giorni, costata solo 3 milioni di dollari e capace di rialzarsi immediatamente ad ogni minimo segno di cedimento, soffocato da quintali di terra, colpi di scena e soprattutto da meritati e sentiti applausi.

Uscita in Sala: 15 ottobre
Qui il trailer italiano
Voto Federico: 8
Voto Carla: 8