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Una piccola impresa meridionale: Recensione in Anteprima

Rocco Papaleo firma il suo secondo film da regista dopo Basilicata coast to coast. Una piccola impresa meridionale solca i mari dell’attualità lasciandola sullo sfondo di vicende e problematiche più specifiche, che riguardano il singolo

pubblicato 15 Ottobre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 08:30

La vocazione al sacerdozio quale frutto di una fede più che di un incontro. In un periodo in cui il rito domenicale si era spostato dalle sagrestie agli stadi (o a casa, davanti alle radioline), pare non ci fosse altro modo per accostarsi al Figlio di Dio, ossia tifando. Gli altri tenevano per qualche squadra, Costantino (Rocco Papaleo) per Gesù, l’eroe che «spargeva il bene e camminava sull’acqua».

Finché tutto ciò non è più bastato per mantenere viva quella fiamma, sicché il prete non si spreta e ricomincia una nuova vita. Il problema è tornare al paese, quello chiuso ed arretrato per definizione, dove una notizia del genere rischia di ingenerare tante di quelle chiacchiere da non dormirci la notte. La sfida diventa allora quella di dirlo a mamma Stella (Giuliana Lojodice), la cui esistenza è funestata da un’altra tragedia, ossia il tradimento della figlia ai danni del marito, con conseguente scappatella addirittura in Cina.

Situazione scabrosa, che dà il bentornato al povero Costantino nel peggiore dei modi. L’unica è dunque quella di isolarsi, ritirarsi in quell’eremo improvvisato che per l’ex-prete militante è un casolare di famiglia, sotto a un faro. Contesto suggestivo, ideale per chi ha senz’altro parecchio su cui ragionare. Ed infatti lo vediamo il disorientato figliol prodigo intento a leggere, o almeno a provarci, lasciando alla fine che sia il vento a sfogliare le pagine. Pare che ad attenderlo ci sia un periodo di snervante solitudine, da cui attingere ancora più miseria anziché dissipare i tanti dubbi. Ma il fato pare avere altri piani: Valbona (Sarah Felberbaum), donna delle pulizie presso mamma Stella, porta la sorella Magnolia (Barbora Bobulova), ex prostituta, presso l’abitazione di Costantino, il quale, controvoglia, si ritrova nel giro di pochi minuti un ospite di troppo.

Ma non è tutto qui, perché alla bella signora si aggiungono pure il cognato di Costantino, Arturo (Riccardo Scamarcio), stanco di farsi dire cornuto da tutti al paese, nonché il trio di una piccola ditta di ristrutturazione che interviene sull’edificio talmente in disuso che alla prima pioggia seria gocciola come uno scolapasta. In questa prima parte va delineandosi un contesto che prende man mano corpo e che, a conti fatti, rappresenta il cuore di Una piccola impresa meridionale. Sì perché quella grande casa al faro diventa un po’ un nido di reietti, l’unico rifugio per gente che non è più in sintonia con il mondo, da cui non vengono accettati, o per lo meno capiti. Ma il film, andando più nello specifico, si regge proprio su questa convivenza a tutta prima forzata, che con l’abitudine si scopre essere fonte di enormi sorprese.

Ciascuno dei personaggi trae infatti forza e coraggio dalle peripezie altrui, scoprendosi ogni giorno un tantino di più nei riguardi dell’altro, non più avvertito come una minaccia. Né può essere così, dato che ciascuno di loro si trascina dietro una croce, grande o piccola che sia. In tal senso allegorico, il film di Papaleo procede assecondando ritmi lenti, cadenzati, estraneo a certi ambienti «d’autore», ma non meno rilassato nel suo graduale risolversi. Ne deriva un tono per lo più melanconico, con quella punta di ironia che non può mancare, sia questo un episodio sopra le righe, una battuta apparentemente involontaria o l’ennesimo «vaffanculo» di mamma Stella. Pure un pelo sensuale, se vogliamo, sensazione acuita, tra l’altro, dalle tonalità jazz che contraddistinguono per intero la pellicola.

Il migliore è Scamarcio, che con quelle sue uscite in dialetto scippa quasi sempre un sorriso. Segue la Bobulova, con un personaggio infarcito di non pochi cliché ma che tuttavia risulta gradevole. Papaleo, dopo delle primissime battute da “prima donna”, si lascia lentamente e volutamente oscurare dagli altri, fungendo un po’ da regista davanti alla macchina da presa e non solo da dietro. Non forza affatto la sua verve comica, quella particolare indole per la quale molti di noi lo apprezzano, ma evidentemente non in linea col Costantino del film.

In fondo Una piccola impresa meridionale appronta un discorso impregnato di attualità, la nostra attualità, senza però entrare nel merito di alcunché e lasciando certe tematiche forti sullo sfondo di vicende anzitutto umane. Il risultato è un pellicola che scivola via un po’ alla volta, troppo flemmatica per chi tende ad apprezzare un diverso tipo di commedia nostrana contemporanea, poco impegnata per chi alla denuncia sacrificherebbe pure i propri cari. Ma forse è proprio ciò a cui aspirava Papaleo, che alla fine, dopo tanto rilassamento, rischia pure di inciampare con quella sua nemmeno troppo velata invettiva ad un contesto che pare non voglia proprio cambiare, quel Sud che magari si dipinge più resistente di quanto in realtà non sia. In generale, il rischio è quello di vivere con distacco una storia (più storie) il cui lato spiccatamente umano passa più per la testa che per il cuore.

Voto di Antonio: 5,5

Una piccola impresa meridionale (Italia, 2013) di Rocco Papaleo. Con Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Rocco Papaleo, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza, Giovanni Esposito, Giampiero Schiano, Mela Esposito, Giuliana Lojodice e Giorgio Colangeli. Nelle nostre sale da giovedì 17 ottobre.