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Big hero 6: Recensione in Anteprima del nuovo film Disney

Big Hero 6, cinquantaquattresimo film Disney, integra per la prima volta al suo interno l’universo Marvel. Tra irresistibili robot ed improbabili supereroi

pubblicato 5 Dicembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 19:59

Affacciarsi di nuovo, dopo gli Oscar e tanti consensi riscossi, non è certo cosa semplice. Eppure Roy Conli si espresse a tal riguardo (in occasione dell’anteprima alla quale partecipammo) in maniera piuttosto chiara: «meglio essere preceduti da un film come Frozen anziché no». Effettivamente. D’altra parte il progetto Big Hero 6 muove da ben altre premesse, espressione della partnership tra Marvel e Disney, che potrebbe inaugurare una lunga serie di iniziative su questa falsa riga.

San Fransokyo, un mix tra San Francisco e Tokyo, fa da sfondo alle vicende di questi ragazzi, un po’ (molto) nerd che si ritrovano, loro malgrado, a dover vestire i panni dei supereroi. Avviene tutto molto in fretta, dopo che il giovane Hiro Hamada ha appena presentato un progetto che gli è valso l’accesso all’università che frequenta anche il fratello maggiore Tadashi. Quest’ultimo ha sempre creduto in Hiro, ripetendogli quanto fosse un peccato non mettere a frutto le sue doti. Finché non arriva quel giorno in cui il ragazzino di 14 anni esce allo scoperto, mostrando un’invenzione davvero innovativa. Subito dopo, però, la tragedia: l’edificio prende a fuoco e Tadashi perde la vita nel tentativo di aiutare chi era rimasto dentro.

Ecco il conflitto, perciò l’elemento scatenante. È così che Hiro conosce Baymax, l’ultimo progetto a cui Tadashi aveva a lungo lavorato. Trattasi di un pacioccoso robot-infermiere, il cui unico scopo è quello di aiutare le persone che hanno qualunque tipo di problema medico. Immediatamente si stabilisce un rapporto tra lui e il ragazzino, che funge da ponte, quasi a compensare la dolorosa perdita. Insieme, di lì a breve, scoprono che l’invenzione di Hiro non è andata perduta con l’incendio, bensì c’è dietro qualcuno che se ne sta servendo per un altro scopo. Di certo non a fin di bene.

Big Hero 6 si divide piuttosto nettamente in due parti: la prima, quella che lavora sul rapporto tra Hiro e Tadashi, passando per Baymax. È questa senza dubbio la fase più affine ad un progetto Disney, la più divertente ed a suo modo spensierata. Estremamente bilanciata, in cui ogni tessera del puzzle sembra essere al proprio posto. Baymax è, anche a luci accese, il vero protagonista, o per lo meno si pone come il centro gravitazionale dell’intero film. Non a caso i momenti più alti lo vedono coinvolto in prima persona (pardon robot), grazie al suo aspetto goffo e alla sua contagiosa ingenuità.

Quando però il film entra nella fase successiva, quella dei supereroi, qualcosa comincia ad incepparsi. La Marvel ha, per così dire, il sopravvento, e Big Hero 6 diviene ciò che in fondo è la fonte da cui è tratto, ovvero la storia di un gruppo di ragazzi dall’intelligenza sopra la media che, loro malgrado, diventano dei supereroi. La differenza c’è e si vede, o quantomeno si avverte: ad una prima parte brillante, formidabile sia nei momenti comici che in quelli più dolci, commoventi, succede uno scenario che non regge il passo. Vuoi perché il villain è una figura sinceramente debole, vuoi perché l’indole di Baymax viene in qualche modo occultata, il discorso si sposta altrove. Un altrove che, al di là della sensibilità di ciascuno, evidentemente non funziona allo stesso modo.

Il rapporto tra Hiro e Baymax viene oscurato fino quasi al termine del film, per poi fare capolino al fotofinish, per chiudere un discorso su cui sarebbe stato maggiormente incisivo soffermarsi di più. Così anche quel finale, che comunque funziona, in ogni caso non funziona quanto avrebbe potuto. Vanificando, sebbene solo in parte, un potenziale notevole, perché se era certo che Baymax non fosse un nuovo Wall-E, le carte in regola per porsi grossomodo come una valida ed autonoma alternativa le aveva eccome. Si dirà che il vizio è di forma, oppure che alla base Big Hero 6 deve inevitabilmente tenere conto di certe istanze; che sono quelle di Marvel in buona sostanza, tanto che i riferimenti a quell’universo lì sono così tanti che i produttori hanno dovuto scegliere come sede una città che non fosse anche solo vagamente riconducibile a New York, città Marvel per eccellenza.

Ad ogni buon conto, ne esce fuori un prodotto comunque di livello. Perché Big Hero 6 è sì un film che si rivolge ad un target ben preciso (Deo gratias) ma che, come da tradizione, riesce a coinvolgere anche i più grandicelli. Mostrando anche un certo interesse per tematiche in fin dei conti adulte, al di là dell’amicizia e dei sentimenti in genere, visto che di mezzo c’è un robot al quale ci si affeziona e che (chi lo sa?) magari si affeziona a sua volta. Frammenti di questioni appena accennate, ci mancherebbe; per questo esiste Ghost in the Shell. Eppure anche solo quella prima, entusiasmante metà, vale il proverbiale prezzo del biglietto. Anche perché il fatto che un’anima del film considerato nel suo insieme prevalga sull’altra, non significa che quest’ultima vanifichi del tutto la prima. Non la completa, semmai. È questo il “peggio” che si può dire, perciò va bene anche così.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”8.5″ layout=”left”]

Big Hero 6 (USA, 2014) di Don Hall, Chris Williams. Con Scott Adsit, Ryan Potter, Daniel Henney, T.J. Miller, Jamie Chung, Damon Wayans Jr., Genesis Rodriguez, James Cromwell, Alan Tudyk, Maya Rudolph, Abraham Benrubi, Katie Lowes, Billy Bush, Daniel Gerson, Paul Briggs e Charlotte Gulezian. Nelle nostre sale da giovedì 18 dicembre.

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