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LEGO Batman – Il film: recensione in anteprima

Ora che il Vaso di Pandora è stato scoperchiato, progetti intelligenti come LEGO Batman – Il film non sorprendono, eppure fa piacere che ci siano. Questo di McKay si pone come un irriverente spaccato di cultura pop che non risparmia nessuno ma diverte quasi tutti

pubblicato 6 Febbraio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:58

Batman è un solitario. La sera, dopo aver salvato Gotham dall’ennesima minaccia, torna nella sfarzosissima villa sul pizzo della montagna, si riscalda un’aragosta che mangerà a bordo di una barchetta presso un lago artificiale interno e, per concludere, si gode l’ennesima proiezione di Jerry Maguire nella sua sala di proiezione extralusso. Eppure manca qualcosa a questo Cavaliere Oscuro, qualcosa che non può essere colmato da tutte queste comodità, dalla popolarità giunta ai massimi livelli, dalle folle adoranti e via discorrendo. Batman è solo.

Chris McKay e soci indovinano la chiave di lettura, avendo l’ardire di proporne una davvero interessante, espressa ai tempi de Il cavaliere Oscuro, ossia che l’Uomo-pipistrello in realtà sia un “cattivo”. Intendiamoci, i motivi non sono gli stessi a suo tempo evocati: non perciò il fatto di essersi proclamato da sé giustiziere, al di sopra di tutto e tutti, aver causato più problemi di quelli che ha risolto etc. No. Qui il vero peccato di Bruce Wayne consiste nell’aver fatto terra bruciata attorno a sé. Quando il Joker si sente dire di non essere all’altezza di essere la sua nemesi e che l’inappuntabile Batman non riesce nemmeno a provare odio per lui, è la fine, oltre che una delle scene più divertenti del film: primo piano sul nemico di sempre, su quel Joker che non riesce a trattenere le lacrime ed al quale si arricciano le labbra come fosse un bambino a cui la madre ha appena detto di non volergli bene.

LEGO Batman – Il film è opera dissacrante, una commedia trasversale che non risparmia niente e nessuno. In primis il brand, qui canzonato in ogni sua forma e iterazione, siano esse il fumetto o le trasposizioni dirette da Nolan. Il Batman a mattoncini è consapevole di quasi ottant’anni di storia, primo dei tanti indizi circa la natura “meta-” del film, che in fin dei conti si risolve in una sonora barzelletta, a tratti irriverente, quasi sempre spassosa (roba del tipo «Iron Man puzza» quale pass per entrare nella Bat-Caverna, oppure Sauron ridotto a mera telecamera di sicurezza, per dirne due). Ce l’avevano detto anni or sono i Traveller’s Tales lato videogiochi: coi mattoncini di origine danese ci puoi fare di tutto, raccontare tutto, scontornando i miti più disparati. A suo tempo l’operazione coinvolse per lo più Star Wars, estendendosi poi anche ad altre saghe. Al cinema si tratta del primo, deciso affondo nella cultura pop, sebbene il più compiuto The LEGO Movie abbia funto da apripista (in quel film Batman era uno dei numerosi personaggi secondari).

Ed è il destino di questo mondo qui, quello di risolversi in storie corali, ce l’ha proprio iscritto nel DNA. Prendete un personaggio iconico come quello DC, perciò, ed inseritelo in un contesto che privilegia la quantità, sia a livello pratico (servono tanti mattoncini per costruire un’opera d’arte) sia in termini di compagnia, un’idea di socialità precedente all’approdo dei social, che ne hanno per certi versi pervertito le implicazioni; un mix apparentemente instabile, perché si tratta essenzialmente di due cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra ma che proprio per questo si attraggono. E funzionano. Viene quasi da credere che solo sotto forma di LEGO Bruce/Batman possa trovare quella pace che un fumetto o un film in live-action non potranno mai restituirgli, pena lo snaturarlo, il venire meno al senso di un personaggio fondamentalmente tormentato, e che non potrebbe essere diversamente.

Qui però McKay si può concedere di tutto, anche l’impensabile, ed è questo che rende l’esperimento LEGO Batman non solo divertente ma anche interessante, quasi significativo: trattasi di postmoderno portato alle sue estreme conseguenze, esasperato, già a partire dai titoli di testa, commentati in tono velatamente sarcastico manco fosse un film di Maccio Capatonda (ed è un complimento per quest’ultimo, sia chiaro). I LEGO, da gioco per bambini ad oggetto transmediale per eccellenza, o comunque tra i più preziosi in circolazione; il passo non è stato breve, perché, come tutti i processi importanti, anche questo ha richiesto del tempo. Tempo per capire che era l’ora di emancipare questi colorati pezzettini di plastica dalla loro dimensione prettamente infantile, componente che eppure, in qualche modo, non solo continuano a mantenere ma che rappresenta addirittura quel quid in più.

Quanto al film, però… quali i suoi di punti di forza? Uno è il già citato ribaltamento del profilo del cavaliere oscuro, qualcosa che è molto difficile filtrare attraverso operazioni di altro tipo (non ultimo il Dawn of Justice di Snyder, che non a caso non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo in tal senso): Batman non è un personaggio positivo, questa è la prospettiva con la quale il film di McKay si apre, in un contesto in cui praticamente di villain in senso stretto non ne esistono, dato che i LEGO hanno da essere sempre, immancabilmente buoni, poco importa come siano pittati o quale parrucca di plastica indossino sopra la testa. L’altro sta nell’uso delle onomatopee, che trascende di gran lunga quelle risalenti alla vecchia serie TV, del tipo KABOOM et similia. Qui parliamo di un espediente quintessenzialmente cinematografico: i versi che mimano la composizione di una password piuttosto che gli spari di una pistola laser; il crunch della summenzionata aragosta mentre attorno è il vuoto sonoro; i versi appena percettibili con cui viene accompagnata una risposta, ad indicare la sensazione del momento.

Pure un po’ queer, allegrotto, con questi continui riferimenti alla famiglia non necessariamente tradizionale, la stessa che lo vede limitato, per via di quella che ha perso quand’era piccolino; qui sono due/tre scene in particolare a darci contezza della cosa, come quando Batman viene sorpreso da solo con Robin ed il primo risponde col più classico dei «non è come sembra», oppure quando, nel finale, il confronto con il Joker è decisamente ambiguo – aggiungo, per forza di cose, la coreografia conclusiva, a seguito della quale il protagonista spera di non essere stato ripreso. LEGO Batman – Il film è un progetto intelligente, anche perché trasversale, un gioco che diverte di gusto, in buona sostanza prendendosi gioco di ciò che parte della nostra cultura ha di più sacro. Eppure non è pedante, anzi in alcuni casi riesce pure a manifestare un’inaspettata dolcezza, che tra le pieghe di un racconto convenzionale inserisce tanti di quei rimandi in relazione ai quali servirebbe un articolo a parte. Eppure chiunque può rispondere molto bene, specie chi, per evidenti limiti d’età, di quanto evidenziato sino ad ora non saprebbe che farsene.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]

LEGO Batman – Il film (The Lego Batman Movie, USA, 2017) di Chris McKay. Con Will Arnett, Michael Cera, Zach Galifianakis, Rosario Dawson, Ralph Fiennes. «continua Mariah Carey, Claudio Santamaria, Nanni Baldini, Alessandro Sperduti e Geppi Cucciari. Nelle nostre sale da giovedì 9 febbraio 2017.

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