Home Festival di Venezia Venezia 2010 – Il Capolavoro di Tarantino: mettere d’accordo familismo e mediocrità

Venezia 2010 – Il Capolavoro di Tarantino: mettere d’accordo familismo e mediocrità

Venezia. La Mostra il giorno dopo le Leoni piangenti. Piangono gli esclusi, parte del pubblico, parte degli addetti ai lavori, parte degli opinionisti. Una bella festa, non c’è che dire. Eppure Quentin Tarantino, presidente carismatico e gestore di una unanimità bulgara (come si dice) della giuria, merita i riflettori per un motivo che supera la

pubblicato 12 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:35

Venezia. La Mostra il giorno dopo le Leoni piangenti. Piangono gli esclusi, parte del pubblico, parte degli addetti ai lavori, parte degli opinionisti. Una bella festa, non c’è che dire. Eppure Quentin Tarantino, presidente carismatico e gestore di una unanimità bulgara (come si dice) della giuria, merita i riflettori per un motivo che supera la scelta di Somewhere di Sofia Coppola, leoncina dalle lacrime di gioia, e quelle degli altri film o degli altri premiati.

Ricordiamoli: i loro nomi figureranno nell’albo d’oro della Mostra in una pagina che probabilmente in futuro verrà girata in fretta, per andare oltre. Leone d’argento alla regia per Alex de la Iglesia, Balada triste de trompeta, tristissima pagliacciata sulla sfondo del franchismo, un gran sbracciarsi per un fumetto che invidia Batman; premio ahinoi anche per la sceneggiatura.

Leone d’oro all’insieme dell’opera a Monte Hellman, regista amato dai cinefile, autore di un esangue, commemorativo di generi giallo-pirandelliani e di se stesso, Road to Nowhere. Miglior attore Vincent Gallo per Essential Killing, ci può stare, diretto da Jerzy Skolomoskji, regista polacco, un vecchio ragazzo, che ha avuto il premio speciale. Miglior attrice Arian Labed, meritato, protagonista del film greco Attenberg. Miglior attrice emergente Mila Kunis in Black Swan. Ecco tutto.

sofia-coppola-simona-marletti-cineblog Come la mettiamo sulle reazioni, miste fra indignazioni (poche le eccezioni) e rassegnazione (in gran boom)? Bisogna partire da una sezione della Mostra, che ha incuriosito, pur essendo laterale, una retrospettiva. Titolo: “La situazione comica” in cui sono stati proiettati i film da ridere dal muto a Totò, a Sordi, a Tognazzi, fino a Christian De Sica (il primo “Vacanza di Natale”, di tre decenni fa). Bisogna ricordare poi che Tarantino, bastardo con troppa gloria forse, ebbe a Venezia alcuni anni orsono la consacrazione di superopinionista con la rassegna dedicata ai film italiani di cosiddetta serie B,celluloide dimenticata di un Lucio Fulco, ad esempio.

Da una parte, ieri, la serie B, a cui Tarantino, confessò di essersi ispirato fino a considerare Barbara Bouchet straniera italianizzata la vera alternativa ad Anna Magnani. Dall’altra, la “situazione comica”con una sua coda ufficiale, in cui si iscrive il verdetto che ha appena fatto morti e feriti, a cominciare dai quattro film italiani.

Ricordiamoli, al suono della marcia funebre: La pecora nera di Ascanio Celestini (un’opera prima, vale un po’ di comprensione); Noi credevamo di Mario Martone (la cospirazione nel Risorgimento come luogo di tetraggini); La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo (compito faticosamente malinconico sugli amori con poche speranze); La passione di Carlo Mazzacurati (più farsa che commedia su un regista in crisi che cerca sbocchi nel calvario di Cristo messo in scena).

Tarantino aveva con sé una giuria debole; e ha capito subito che i 24 film inseriti nel concorso avevano poca qualità. Ha messo su un film da presidente. Un film di serie B, in una gara che ogni giorno accresceva la sua suspense: visto il basso livello, chi vincerà? Un giallo in campo nero, funereo. Il presidente ha optato per un ingresso nella “situazione comica”, la rassegna del passato, con una soluzione da commedia americana proposta da lui, regista di origine italiana; insomma, una commedia italoamericana. Con l’intento di mettere d’accordo familismo indiretto e mediocrità universalmente conosciuta nei giorni veneziani. La sua autorità registica ha avuto buon gioco.

Il premio maggiore a Sofia Coppola. Le spie giornalistiche hanno subito ricordato che Quentin ha avuto un rapportino amoroso con Sofia, aggiungendo però che si trattava di un qualcosa di improbabile vista la ritrosità del bastardo in cerca sempre di gloria nell’avventurarsi in direzione femminile. E sia. In mezzo a competitori deboli, perché non ricordarsi della fidanzatina, figlia del grande Francis Ford Coppola? Nessuna “apocalipse now”. Solo gesto galante reso possibile dalle circostanze.

Poi. Il premio a Monte Hellman, il leggendario amico regista- produttore che diede una mano al giovane debuttante Quentin, la cui presenza a Venezia il poi bastardo può aver calcolato per pagare un debito non solo sentimentale. Anche in questo caso la mediocrità dei film ha dato più di una mano.

A proposito del livello generale, in discesa con continuità da alcuni anni ad oggi, forse un dato lo si può ammettere, al di là delle discussioni e della diversità di pareri. Non vanno più o vanno sempre meno pellicole come Post mortem, che racconta con “troppa” serietà i retroscena del golpe cileno di Pinochet; come Silent souls, che ambienta in una zona finnico-russa la storia di un amore senza fine che arde in un rogo acceso dall’uomo che ha perduto il suo prezioso bene, “troppo” lineare; come Venus noire, la vicenda della donna “ottentotta” finita dal luna park a reperto da museo, “troppo” antirazzista. Ovvero, non vanno più i film che fino a qualche anno fa corrispondevano a idee adottate o protette dalla Mostra. Il guastatore le ha spazzate via con la sua personale commedia. Vincente. E odiata, dai vecchi frequentatori del Lido.

PS. Naturalmente, esprimo una serie di mie suggestioni e convinzioni. Mi auguro che si possano fare confronti utili. Per certi aspetti, ci sono ad esempio diversità con altri, in questo stesso, amato Cineblog. Gabriele C., molto bravo, la pensa in modi francamente divergenti. Meno male. Se no, sai che noia. Quella veneziana basta e avanza.

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