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L’alba del pianeta delle scimmie: intervista esclusiva ad Andy Serkis per Cineblog

L’alba del Pianeta delle Scimmie: Andy Serkis discute su motion capture, legame con la saga e futuro della stessa

pubblicato 29 Luglio 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 09:45


Ampio risalto è stato dato su queste pagine al prequel di una delle più fortunate serie fantascientifiche del cinema, ossia L’alba del Pianeta delle Scimmie. Oggi, però, intendiamo rompere la lunga serie di trailer che si sono ultimamente succeduti, proponendovi un’interessante intervista condotta da Joe Utichi a Andy Serkis e rilasciata in esclusiva a Cineblog. Serkis ha modo di discutere riguardo alla tecnica del motion capture, nonché alla sua evoluzione nell’arco degli ultimi anni. Tuttavia, nel breve scambio di battute, c’è anche spazio per un approfondimento circa i temi e le affinità di quest’ultimo film con l’intera saga, oltre a manifestarci alcune sue idee su di un possibilissimo seguito. Dopo il salto troverete l’intera intervista.

All’avanguardia per performance con la tecnica motion capture, Andy Serkis è probabilmente meglio conosciuto come l’uomo che sta dietro Gollum nell’eccezionale successo di Peter Jackson della trilogia del Signore degli Anelli. Era la prima collaborazione dell’attore con Weta Digital, la società realizzatrice di effetti speciali digitali dello stesso Jackson con sede in Nuova Zelanda, e la sua performance come creatura decimata dalla lunga vita garantitagli dal potere dell’Unico Anello, lo aiutò a legittimare la performance capture come un vero strumento di recitazione.

Da allora, Serkis si è messo al servizio del motion capture, che ha anche contribuito a sviluppare in film diversi fra loro come “King Kong”, “Le avventure di Tin Tin: Il segreto dell’unicorno” e ora “L’alba del pianeta delle scimmie”. Ha inoltre contribuito a portare questa tecnologia nel mondo dei videogame con Heavenly Sword della Ninja Theory del 2007, in cui interpretava il ruolo del malvagio re Bohan.

La motion capture è avanzata molto dai tempi di Gollum?

Assolutamente sì. Ho anche stabilito un forte rapporto di lavoro con Weta Digital: lavoro con loro ormai da dieci anni. Joe Letteri, che è il supervisore degli effetti visivi della Weta, si spinge semplicemente ogni volta oltre il limite precedentemente stabilito. E così sono tutto il team guidato da Dejan Momcilovic, il migliore supervisore al mondo per questa specifica tecnica.
Loro hanno sempre capito che, al centro di essa, la questione sta tutta nel personaggio e la sua storia, e la tecnologia serve a questo. Io credo che nessuno studio di effetti visivi al mondo faccia quanto la Weta. Anche lavorare con il regista Rupert Wyatt è stato incredibile. Un paio di cose molto importanti accadute in questo film non si erano mai verificate prima. La prima sono le riprese live action sul set, che significa che tutta la performance capture è stato fatta in un colpo solo. Non è stato cioè come con Il Signore degli Anelli e King Kong, dove vieni ripreso sul set e poi devi ricreare il tutto col motion capture. Tutto questo avviene nello stesso momento, e così tutti gli stimoli e le “comunicazioni” tra James Franco, Rupert e me stesso sul set è stato molto immediato. E dato che tutto ciò accade realmente, ha quel livello di verità che si deve cercare di realizzare con la tecnica motion capture.

Questo film si inserisce nell’incredibile storia del franchising IL PIANETA DELLE SCIMMIE, ma non credi che il fatto che sia ambientato ai nostri giorni farà percepire diversamente quello che è stato prima?

La stragrande maggioranza del pubblico più giovane non ha mai sentito parlare de “Il pianeta delle scimmie”. Ecco un pubblico totalmente nuovo. Ho mostrato il trailer ai miei figli, e ne sono rimasti affascinati. E’ una storia che serve da potente ammonimento, nello stesso modo in cui la sensibilità del film del 1968 di Charlton Heston affrontava i temi del pregiudizio, del razzismo, dell’oppressione e così via. Tratta molto dei diritti di una specie sull’altra, della supremazia e di una certa arroganza. L’arroganza dell’umanità che ritiene che il pianeta sia lì solo per essere saccheggiato. Speriamo di capire, quindi, che il nostro pianeta esisterà per sempre, al contrario di noi. Affronta questo genere di interrogativi ed è una parabola, in realtà, anche se si colloca al giorno d’oggi. Penso che sarà davvero compresa dal pubblico più giovane. Per gli spettatori più avanti con gli anni che sono fan dei film precedenti, penso che funzioni allo stesso modo, perché mantiene la sensibilità del vecchio film di fantascienza. Una volta ho detto che non mi sentivo all’interno di un film dagli effetti speciali. Invece ne è pieno, ovviamente, ma quello che intendevo era che questo film è più affine a “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e ai precedenti film del “Pianeta delle scimmie” dove il livello di credibilità è molto alto. Non pensi: “Accidenti, mi chiedo come hanno fatto questo?” perché sei veramente affascinato dal potere della storia. Un altro aspetto fondamentale del film è la famiglia, dato che hanno molto spazio le relazioni personali. E più di ogni altra cosa tratta dei diritti degli animali.

Rupert Wyatt ha parlato di questo film come di una sorta di preludio alla guerra – dove si arriverebbe con un prossimo film?

Non si può fare a meno di pensare a dove si potrebbe arrivare. Se ci sarà un prossimo film, ci sarà del territorio incredibilmente fertile, in realtà – l’intera formazione della società, cosa che Cesare conserverebbe dell’umanità, dalla sua esperienza di essere stato allevato da esseri umani. Che siano tutti malvagi, o che lo siano solo alcuni. In ogni specie ci saranno sempre soggetti più aggressivi e immagino che questo rifletta la società umana. Il che è interessante; qualunque specie comandi il pianeta, affronterà gli stessi problemi di ora.