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Finanziamenti pubblici al Cinema: sempre i soliti nomi

Sgravi fiscali per film di “interesse culturale” e contributi per la distribuzione: a beneficiarne sono solo i grandi nomi. E gli emergenti?

pubblicato 20 Dicembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 05:56

Il quadro è desolante. Ne abbiamo scritto più volte, specialmente in occasione dell’insediamento del Governo Letta: inizialmente pareva si dovesse eliminare il Tax Credit, poi riconfermato per tutto il 2015. Giusto? Sbagliato? Difficile stabilirlo: certamente a beneficiare degli aiuti pubblici sono sempre i soliti (grandi) nomi. Opere di interesse culturale, sovvenzioni per la distribuzione, 300 mila euro qui, 500 mila là, per aiutare film che non avrebbero bisogno d’aiuto.

La questione è complessa: Ermanno Olmi, uno dei più grandi registi contempornei italiani, ha ricevuto 800 mila euro (fonte Il Giornale) per la produzione di 14-18 Cumm’è bella a’ montagna stanotte (le cui riprese inizieranno il prossimo 13 gennaio), ma difficile poter negare al regista bergamasco l’etichetta di culturale. Come ai fratelli Taviani, che ricevono un milione tondo per Meraviglioso Boccaccio: oppure Garrone, Bellocchio, fino a Michele Placido e Francesca Archibugi, 500 mila euro per Il nome del figlio. E anche fin qui poco da dire, tranne forse che registi così affermati e spesso supportati da solide case di produzione potrebbero cedere, se non altro per amore del cinema, i contributi a registi emergenti.

Le perplessità più forti giungono però quando si scopre che Carlo Verdone ha richiesto e ricevuto 300 mila euro di bonus per la distribuzione di Sotto una buona stella, che verrà portato nelle sale dalla Filmauro di De Laurentiis. Qui fortunatamente siamo al di fuori dell’etichetta di “interesse culturale”, ma il perché uno degli autori più amati e famosi del nostro cinema, supportato da un colosso debba essere finanziato rimane un mistero. Ancor più nebulosa la decisione di finanziare con 900 mila euro Allacciate le cinture di Ozptek, che nonostante il flop di Magnifica presenza ha perso da ormai molto tempo lo status di artista emergente…

Quando poi la famigerata etichetta viene bonariamente concessa a Un matrimonio da favola di Vanzina, Soap Opera di Genovesi e Fuori nevica di Salemme (giusto per citare i primi tre, senza scordare Miniero e Brizzi), ci si rende conto quanto le cose non vadano per il verso giusto, ma al contrario e nonostante la crisi economica, si continuino a premiare (o comunque a facilitare), i soliti nomi che spesso figurano anche nella top ten al botteghino. A questo punto non si tratta più di meritocrazia artistica, anche se il confine tra cultura e cinepanettone o commediola di evasione è piuttosto marcato, ma di un sistema che non funziona. Gli emergenti hanno perso.