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Cannes 2020, Spike Lee dice la sua sulla scelta di rinviare

Parla il presidente di Giuria dell’edizione 2020, Spike Lee, che offre un commento sulla scelta di rinviare il Festival e sulla situazione in generale

pubblicato 20 Marzo 2020 aggiornato 29 Luglio 2020 12:27

Dopo l’ufficialità circa il rinvio del Festival di Cannes, Spike Lee, colui a cui è stata offerta la Presidenza della Giuria per l’edizione di quest’anno, si è immancabilmente espresso in merito alla vicenda. Una scelta obbligata, che dà per forza di cose adito alla possibilità, sempre più realistica, che questa edizione alla fine possa non svolgersi affatto. Ecco le parole di Lee, intervistato da Variety.

Concordo al 100% con Thierry (Fremaux, ndr.) ed il Festival di Cannes. Il mondo è cambiato e continua a cambiare ogni giorno. C’è gente che sta perdendo la vita e, come ha detto il presidente francese – sto parafrasando – «siamo in guerra». Stiamo vivendo un periodo simile a quello di una guerra.

Il regista prosegue asserendo che «le cose che amiamo debbono essere messe da parte», menzionando altri settori e contesti in cui si è deciso di fermarsi, proprio in considerazione di quanto sta avvenendo. Dopodiché rincara la dose, con affermazioni ancora più dirette.

Non dimentichiamoci che questo questo è il maggior festival al mondo, il più grande palcoscenico per il cinema e sarò il primo presidente di giuria nero. Quindi guarda, non posso far finta di sapere cosa accadrà domani. Ciascuno deve pregare, mettersi in ginocchio, pregare, poi tocca uscirne, trovare un vaccino, rimetterci in sesto – fisicamente, così come a livello emotivo e finanziario in tutto il mondo. Non è uno scherzo. Non si tratta di un film. Le persone stanno morendo.

Un pensiero va anche alle persone che, a parte la comprensibile paura per il virus, si trovano già adesso a fronteggiare situazioni difficili a livello lavorativo.

C’è gente a cui è stata imposta la cassa integrazione, altri che stanno venendo licenziati. La gente non sa dove dovrà prendere il prossimo assegno, come dovranno regolarsi coi propri figli. Quando le scuole chiudono, chi si occupa dei bambini?

E in ultimo, Spike Lee non risparmia un’aspra critica al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, con particolare riferimento al suo reiterato ricorso alla definizione di virus cinese in luogo di coronavirus.

Sta mettendo a repentaglio gli americani di origine asiatica in questo Paese. La smetta di dire «virus cinese». Non c’è nessuno a lui vicino che gli faccia notare «non puoi ancora dire una cosa del genere»? Tutto ciò non aiuta per niente. Si spera che qualcuno lo capisca. Non puoi dire certe cose.

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