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As Bestas: trailer italiano del thriller di Rodrigo Sorogoyen vincitore di 9 Goya (Al cinema dal 13 aprile)

Tutto quello che c’è da sapere su “As Bestas”, il thriller di Rodrigo Sorogoyen vincitore di 9 Premi Goya – Al cinema dal 13 aprile 2023 con Lucky Red e Movies Inspired.

12 Aprile 2023 20:48

Dal 13 aprile nei cinema italiani con Movies Inspired e Lucky Red As Bestas, il thriller franco-spagnolo di Rodrigo Sorogoyen vincitore di 9 Premi Goya interpretato da Denis Ménochet, Marina Foïs, Luis Zahera e Diego Anido.

As Bestas – Trama e cast

La trama ufficiale: Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs) sono una coppia francese che si è stabilita da tempo in un piccolo villaggio dell’entroterra galiziano. Lì conducono una vita tranquilla, anche se la convivenza con la popolazione locale non è idilliaca come vorrebbero. Scoppia un conflitto con i loro vicini, i fratelli Anta (Luis Zahera e Diego Anido), per cui la tensione si fa crescente in tutto il villaggio fino a raggiungere un punto di non ritorno.

As Bestas – Trailer e video

Curiosità sul film

  • Basato su una storia vera raccontata nel documentario Santoalla (2016)
  • Quasi tutte le scene sono state girate a Barjas e Ponferrada, entrambe nella provincia di Leon. che non fa parte della Galizia. Barjas si trova a pochi chilometri dal confine con la Galizia. Il paesaggio, gli edifici, l’agricoltura sono molto simili a quelli dei vicini comuni galiziani di Quiroga e Folgoso de Caurel.
  • Denis Ménochet e Marina Foïs hanno dovuto imparare lo spagnolo per i loro ruoli.
  • Il film è stato selezionato per essere proiettato nella sezione Premiere di Cannes del Festival di Cannes 2022, la prima volta per il regista Rodrigo Sorogoyen.
  • Il film è stato girato alla fine del 2021 nella Spagna nordoccidentale, a el Bierzo e nell’entroterra della Galizia.
  • Per la natura della storia, nel film si sentono tre lingue diverse: il francese della nostra coppia, il galiziano dei loro vicini di villaggio e lo spagnolo che fa da ponte per comunicare. Questo ha significato, fin dalle prime fasi, assumere insegnanti di Spagnolo per fare in modo che gli attori parlassero la lingua allo stesso livello di adattamento dei loro personaggi.
  • Il processo di casting si è svolto in due paesi diversi; ma la sfida principale è venuta dalla parte spagnola, ancora una volta alla ricerca di verità e naturalismo, ed è stata quella di trovare il crogiolo di personaggi galiziani che avrebbero completato il mondo della sceneggiatura. Si è iniziato con un casting locale nelle città intorno all’area delle riprese, cercando l’autenticità più che l’esperienza di recitazione. In questo modo è stato riunito un cast che combinava attori di fama internazionale, come Dennis Ménochet, Marina Foïs o Luis Zahera, con attori non professionisti, alcuni in ruoli importanti, come José Manuel Fernández Blanco nel ruolo di “Pepiño”. Inoltre, attori poco conosciuti, come Diego Anido, che siamo sicuri sarà una grande rivelazione nel ruolo di Loren, il secondo dei fratelli insieme a Zahera.
  • Sul festival “A rapa das bestas”: “E’ stato molto importante. Ha un significato simbolico nel film ed è anche all’origine del titolo. Un anno prima dell’inizio delle riprese abbiamo inviato un gruppetto in avanscoperta per vedere da vicino questa festa popolare e incontrare i suoi organizzatori. Quel primo incontro è stato fondamentale affinché si aprissero le porte per le riprese dell’anno successivo”.
  • Sulla scelta della location: “La sfida più grande è stata la ricerca del ‘villaggio’. Un luogo che contenesse il maggior numero possibile di scenografie presenti nella sceneggiatura, che offrisse un buon rapporto visivo tra la casa dei protagonisti e quella dei loro vicini (i fratelli e gli antagonisti della storia) e, soprattutto, che riflettesse lo spirito del progetto di Antoine e Olga: un luogo idilliaco nella Spagna rurale e disabitata con molte possibilità di ricostruzione.

Note di regia e sceneggiatura

IL CONTESTO

Quando abbiamo letto la notizia di uno scontro in un villaggio della Galizia tra una coppia di stranieri e alcuni abitanti del luogo, vicini di casa da anni, abbiamo subito capito che in quegli eventi c’erano gli elementi per costruire una storia potente per il cinema. Abbiamo studiato il caso per conoscerlo e, proprio in questo modo, per poterne poi prendere le distanze e trasformarlo in un racconto, nel nostro racconto. Conoscevamo, o credevamo di conoscere, le persone coinvolte. Conoscevamo, o pensavamo di conoscere, le loro motivazioni, i loro sogni. E così abbiamo iniziato a creare i nostri personaggi. Abbiamo cambiato i loro nomi, l’età, la nazionalità. Non volevamo raccontare la storia vera, ma quella ispirata a noi da quell’evento. In primo luogo, sono emersi Antoine e Olga, due francesi di circa 50 anni che, stanchi della vita di città, si trasferiscono in un bellissimo villaggio isolato dell’Ourense per ricominciare da zero e vivere a diretto contatto con la natura. Poi è arrivato tutto il resto. Un villaggio che viene gradualmente abbandonato (come molti altri in Spagna, una tragedia del nostro tempo) e in cui gli abitanti sono sospettosi nei confronti degli stranieri. Una coppia di fratelli arrabbiati con il mondo e, quindi, anche con questi due stranieri. Il conflitto tra locali e stranieri. La patria come conflitto. La lotta del “io sono originario di qui e tu no”. Un problema finanziario, ma anche di identità, per quanto riguarda la proprietà della terra. Minacce, orgoglio, convivenza difficile, esplosioni di violenza, paura. Questi ultimi due elementi hanno finito per diventare gli assi portanti su cui poggiava la storia: la violenza e la paura. La violenza dell’ambiente circostante, la violenza dei fratelli nei confronti della coppia. La violenza di un villaggio che vuole cacciare lo straniero, colui che non è di qui, colui che è venuto a prendere ciò che non gli appartiene. E la paura della coppia che temeva per il proprio progetto, per il proprio futuro. La paura di quell’uomo ogni volta che tornava a casa. La paura di quella donna ogni volta che il marito tornava a casa più tardi del solito. La paura che il conflitto possa finire in tragedia per non essere riusciti a fermarlo in tempo. In quel momento abbiamo preso la decisione che avrebbe segnato il nostro film. Un po’ alla volta, volontariamente e anche spinti dalla forza della storia, abbiamo iniziato a concentrarci su di lei, su Olga. La sua storia meritava di essere raccontata. Quella di una donna che sembra essere nell’ombra, che sembra seguire il marito in un’avventura prima romantica e poi pericolosa, che teme per la sua vita, che cerca di mediare e portare pace nei conflitti… E che finisce per vivere la peggiore delle situazioni. Abbiamo trasformato Olga nella vera protagonista e abbiamo pensato a un doppio film. Abbiamo iniziato a concepire l’intera sceneggiatura come se fosse divisa in due parti. Abbiamo trovato la strada. La dualità che risiede in ogni cosa. Adesso, sì, questa storia meritava di essere raccontata. Abbiamo diviso la storia in due parti. La prima sarebbe stata raccontata dal punto di vista di Antoine. La seconda, dal punto di vista di Olga. Quella donna che sembra essere il personaggio secondario, quello che apparentemente segue la scia del protagonista, in realtà è la nostra vera protagonista.

L’ANIMALE CONTRO IL RAZIONALE

Durante la stesura, indagando sulla zona in cui volevamo ambientare la nostra storia, abbiamo scoperto che, ogni anno, in diversi villaggi vicini si celebra “a rapa das bestas”, una festa popolare che consiste nel tagliare le criniere dei cavalli selvatici per rimuovere eventuali parassiti prima di riportare gli animali sulle montagne. Le immagini degli “aloitadores” che saltano addosso all’animale, lottano con lui e lo paralizzano, per poi tagliargli delicatamente la criniera, ci sono sembrate una danza, bella e violenta al tempo stesso, in cui l’uomo e l’animale lottano irrimediabilmente finché uno dei due non vince. Dal caos nasce l’ordine e si ricomincia da capo, con un altro cavallo. Abbiamo deciso di introdurre questa tradizione, che ha un potere visivo così travolgente, nella nostra storia. Il titolo la cita ma, anche, una delle scene centrali vorrebbe essere un’allegoria della “rapa”. Chi è la bestia? Chi sono gli “aloitadores”? Antoine cerca di essere pacifico di fronte alla violenza dei fratelli, ma non riesce mai a separarsene. Olga è l’unica a prendere posizione contro la violenza degli uomini che la circondano, cercando di ragionare, di mediare, di individuare altre strade. “C’è sempre un’altra soluzione”, dice al marito in una scena.

IL TEMPO

Abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura di “As bestas” alla fine del 2015, quando mancava ancora un anno all’uscita di “Che Dio ci perdoni”. Stavamo scrivendo con il fermo desiderio che fosse il nostro terzo film. Ma, come sempre in questa professione, le cose non sono andate come avevamo previsto e altri progetti hanno preso il posto di “As bestas”, che per molto tempo è diventato “il prossimo film”. Quando, sei anni dopo, è arrivato il momento di trasformare la sceneggiatura in un film, ci siamo resi conto che quella che ci era sembrata una specie di maledizione era la cosa migliore che ci potesse capitare, perché in quegli anni non abbiamo mai smesso di rivisitare la sceneggiatura, versione dopo versione abbiamo arricchito il film, tornando a valutare le decisioni che forse nel 2016 ci erano sembrate appropriate, ma che ora, grazie al fatto di aver preso un po’ di distanza, sappiamo che potevano essere migliorate, sfumate, rese più complesse. Questo tempo in più ci ha dato un’altra opportunità, quella di poter fare diversi viaggi nella zona in cui è ambientata la storia. In questo modo, abbiamo incontrato i vicini della zona che ci hanno parlato in prima persona della vita e delle particolarità della campagna e dei villaggi.

L’IDEA

Fin dall’inizio c’era un concetto che volevo collegare a “As bestas”: la giustizia. Quando abbiamo letto la storia vera e quando abbiamo inventato la storia di Olga e Antoine siamo sempre stati pervasi da una terribile sensazione di ingiustizia. Quella frustrazione, quella mancanza di giustizia, era il sentimento che volevo esplorare in questo film. Ma la cosa interessante della giustizia è che non è indiscutibile. È relativa. Una cosa che affascina me e Isabel è mettere lo spettatore nella pelle dell’altra persona, nel posto che meno si aspetta. Quando creiamo dei personaggi, ci costringiamo a capirli. Innanzitutto, dobbiamo capire perché Antoine rischia tutto per realizzare il suo progetto. Poi, capire perché Olga decide di rimanere in quel villaggio anche se, a priori, sembra una cattiva idea. Ma non erano gli unici personaggi che dovevano essere compresi. Man mano che avanzavamo nella sceneggiatura siamo rimasti affascinati dagli antagonisti, i fratelli Anta. Senza mai giustifi carli, abbiamo compreso la loro frustrazione, il loro odio e anche la loro paura. Ho capito che ciò che è giusto per uno non lo è necessariamente per l’altro. E ho deciso che per raccontare questa storia volevo approfondire l’idea e cercare di far sì che lo spettatore giudicasse da solo. In “As bestas” la videocamera si separa dai personaggi. È un punto di vista neutrale, come se si trattasse di un narratore onnisciente. Lo spettatore deve vederlo dalla distanza necessaria per poter giudicare, da un’apparente neutralità.

NON RIPETERMI

Siamo (io e la mia troupe) molto orgogliosi di come abbiamo girato i progetti precedenti, ad esempio “Il regno”, con un montaggio vertiginoso, musica techno e la macchina da presa in costante, fondamentale movimento: oppure “Madre”, dove la presenza della natura è importante, in cui abbiamo usato il grandangolo per esprimere la solitudine e la desolazione della protagonista. Ma il modo di raccontare “As bestas” doveva essere diverso, totalmente distintivo. La natura viene fi lmata come un luogo senza riposo, senza spazio. Gli obiettivi nobili (32 mm, 40 mm, 50 mm) continuano a ritrarre la bellezza delle foreste, ma allo stesso tempo le mostrano più chiuse, senza via d’uscita, labirintiche, esattamente come si sentono Olga, Antoine e i fratelli Anta. La narrazione sarebbe un classico. La videocamera si muove quando i personaggi si muovono, il punto di vista è neutro, da una media distanza. Raccontare tutto con obiettività. “As bestas” come un western moderno, dove c’è una sparatoria nella prima parte e un duello nella seconda.

Rodrigo Sorogoyen – Note biografiche

Nominato all’Oscar per il cortometraggio “Madre”, e dopo aver vinto il Goya per la miglior regia con “Il regno”, Rodrigo Sorogoyen è oggi uno dei registi più noti in Spagna. Ha iniziato la sua carriera nel mondo della televisione come sceneggiatore e regista di serie come “Impares”, “La pecera de Eva”, “Frágiles” o “Rabia”. Nel 2011 ha creato la propria casa di produzione, Caballo Films, con la quale ha diretto “Stockholm”, un film indipendente che è diventato una delle rivelazioni dell’anno, ottenendo il Goya per il miglior attore esordiente e una nomination per il miglior regista esordiente. Nel 2016 ha distribuito “Che Dio ci perdoni”, di genere thriller, anch’esso co-scritto con Isabel Peña e prodotto da Tornasol e Atresmedia. Interpretato da Antonio de la Torre e Roberto Alamo; il film ha ottenuto ottime recensioni e ha vinto il Premio della Giuria per la migliore sceneggiatura al Festival di San Sebastian e il Goya per il miglior attore per Álamo. Nel 2018 Rodrigo ha distribuito il thriller a sfondo politico “Il regno”, prodotto da Tornasol e Atresmedia, scritto anche con Isabel Peña e con la partecipazione di Antonio de la Torre. Dopo la proiezione a San Sebastian ha ottenuto buone recensioni e il consenso del pubblico, vincendo 7 premi Goya, tra cui quello per la miglior regia e la miglior sceneggiatura. Nello stesso anno, Rodrigo realizza il lungometraggio “Madre”, che produce con Arcadia Motion Pictures, dopo il successo dell’omonimo cortometraggio di cui il film è un’estensione. È stato candidato all’Oscar e ha vinto il Goya. Il film è uscito nelle sale cinematografiche spagnole nel 2019 dopo essere stato presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti e aver vinto il premio per la migliore Attrice e 4 nomination ai Goya. Il suo debutto televisivo nel 2020 con la serie “Antidisturbios”, di cui è anche creatore insieme a Isabel Peña, ha vinto numerosi premi, tra cui due Premi Forqué, per la Miglior Serie e il Miglior Attore, anche la Miglior Serie Drammatica, il Miglior Attore e il Miglior Attore Non Protagonista ai Premi Feroz, e i recenti Premi Ondas per la Miglior Serie Drammatica e la Miglior Attrice. Nello stesso anno ha diretto la serie “En Casa” per la HBO, girata interamente durante il lockdown nella primavera del 2020. L’anno scorso, dopo aver girato “As bestas”, ha scritto e diretto, insieme a Dani Remón, “El Doble”, uno dei quattro episodi del remake di “Historias para no dormir”, una delle opere più emblematiche del terrore di Chicho Ibañez Serrador. Quest’anno distribuirà i suoi ultimi lavori: “El Gestor”, l’episodio scritto da Isabel Peña per la serie apocalittica “Apagón”, della piattaforma Movistar+, e “As bestas”, il suo quinto lungometraggio. Nelle sue stesse parole: “Questo sarà il mio film più ambizioso in tutti i sensi, sia dal punto di vista formale che tematico e anche per quanto riguarda l’impianto produttivo”.

As Bestas – La colonna sonora

  • Le musiche originali sono del compositore Olivier Arson (Il regno, Madre, Che Dio ci perdoni, serie tv La zona, Storie per non dormire).

1. A Rapa (Film Edit) 2:48
2. Hueso 0:34
3. Duel 1:00
4. Plomo 2:17
5. Breixo 1934-2010 0:59
6. Agüero 0:39
7. Nuestra maldad 1:20
8. L’hiver 1:14
9. L’indulgence 3:23
10. Assaut 2:27
11. Olga 2:05
12. Souto 1:09
13. El ojo del caballo 2:44
14. As Bestas 4:49
15. A Rapa 4:28

La colonna sonora di “As Bestas” è disponibile su Amazon.

As Bestas – Foto e poster