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The Whale: nuove featurette, colonna sonora e note di produzione del film con Brendan Fraser

Tutto quello che c’è da sapere su “The Whale”, il nuovo film di Darren Aronofsky con Brendan Fraser premiato agli oscar 2023 con due statuette al miglior attore protagonista e miglior trucco.

14 Marzo 2023 20:51

Dopo la tappa in Concorso a Venezia 79 e l’uscita nelle sale italiane con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection sono arrivati per The Whale due Oscar su tre candidature (Miglior attore protagonista e Miglior trucco). Il nuovo dramma psicologico di Darren Aronofsky con un memorabile Brendan Fraser segna il ritorno dietro la macchina da presa del regista di film cult come Π – Il teorema del delirio, Requiem for a Dream e Il cigno nero.

Brendan Fraser prima di arrivare all’Oscar per il personaggio di Charlie – divenuto già iconico – che l’attore ha definito “il ruolo della vita” si è aggiudicato anche il premio come miglior attore protagonista agli Screen Actors’ Guild Award oltre a numerosissimi altri premi e riconoscimenti. Dal Tribute Award assegnato al Toronto International Film Festival, al Palm Springs International Film Festival e al Santa Barbara International Film Festival;dal premio come miglior attore protagonista ai Critics Choice Award e tributi della Hollywood Critics Association, della Las Vegas Film Critics Society, dei Black Film Critics Circle Awards e dei Women Film Critics Circle Awards. E poi ancora una pioggia di riconoscimenti: Critics Association of Central Florida Awards, Discussing Film Critics Awards, Internet Film Critic Society, Nevada Film Critics Society, North Texas Film Critics Association, Oklahoma Film Critics Circle Awards, Philadelphia Film Critics Circle Awards, Phoenix Critics Circle, Phoenix Film Critics Society Awards, St. Louis Film Critics Association, Capri Actor Award, nonché la candidatura ai Golden Globe e ai Bafta, per citarne solo alcuni.

The Whale – Trama e cast

La trama ufficiale: Brendan Fraser offre una straordinaria performance nel ruolo di Charlie, un insegnante di inglese che soffre di obesità grave e che deve confrontarsi con i propri fantasmi e un amore mai rivelato che lo tormentano da anni, nonché con un rapporto irrisolto con la figlia adolescente (Sadie Sink, la protagonista della serie culto Stranger Things), per un’ultima possibilità di redenzione.

Nei panni di Charlie il pluripremiato Brendan Fraser, protagonista della trilogia de La Mummia e di Crash. Al suo fianco Sadie Sink, amata protagonista della serie di culto Netflix Stranger Things. Sink è Ellie, la figlia con cui Charlie cerca di riconnettersi dopo molti anni. Nel cast anche Samantha Morton, due volte candidata all’Oscar, Ty Simpkins, il giovane protagonista della saga horror Insidious, e la candidata al Golden Globe Hong Chau.

The Whale – trailer e video

Primo trailer ufficiale in lingua originale pubblicato l’8 novembre 2022

Primo trailer ufficiale in italiano pubblicato il 9 novembre 2022

Nuovo trailer ufficiale in lingua originale pubblicato il 14 dicembre 2022

Nuovo trailer ufficiale in italiano pubblicato il 27 dicembre 2022

Nuovo trailer ufficiale in italiano pubblicato il 24 gennaio 2023

Nuove featurette in  lingua originale pubblicate il 14 marzo 2023

The Whale – Foto e video da Venezia 79

Curiosità sul film

  • Darren Aronofsky dirige da una sceneggiatura di Samuel D. Hunter, autore della pièce teatrale su cui è basato il film.
  • Il team che ha supportato il regista Darren Aronofsky dietro le quinte ha incluso il direttore della fotografia Matthew Libatique (Madre!), il montatore Andrew Weisblum (Il cigno nero), gli scenografi Mark Friedberg (Joker) & Robert Pyzocha (La stanza delle meraviglie) e il costumista Danny Glicker (7 sconosciuti a El Royale).
  • I premi vinti dall’opera teatrale originale: 2013 Lucille Lortel Award, Best Play / 2013 Drama Desk Special Award for Significant Contribution to Theatre / 2013 GLAAD Media Award, Outstanding New York Theatre / 2013 Drama League Award, Outstanding Production of a Play / 2013 Outer Critics Circle Awards, Outstanding New Off-Broadway Play / 2013 John Gassner Award, Oustanding New American Play.
  • Il film è prodotto da A24 e dallo stesso Aronofsky con la sua Protozoa Pictures.
  • Il film segna la seconda collaborazione tra I Wonder Pictures e A24, casa di produzione e distribuzione internazionale che negli ultimi anni ha portato alla ribalta mondiale nuovi grandi talenti. Tra questi i Daniels, registi di Everything Everywhere All at Once, maggiore incasso nella storia di A24.

Nota dello sceneggiatore

Adattare la mia opera in una sceneggiatura è stato un vero lavoro d’amore per me. Questa storia è profondamente personale e sono molto grato che avrà la possibilità di raggiungere un pubblico più ampio. Sono stato un fan di Darren da quando ho visto Requiem for a Dream quando ero una matricola del college a scrivere le mie prime opere teatrali, e sono così grato che stia portando il suo talento e la sua visione singolari in questo film. [Samuel D. Hunter]

Note di produzione – Dal palco al grande schermo

Al suo debutto sul palcoscenico nel 2012, la versione originale di The Whale era accompagnata da qualche perplessità. Gli spettatori erano pronti ad assistere a uno spettacolo il cui protagonista passa tutto il tempo spiaggiato su un divano? Forse era troppo anche per la necessità di sintesi insita nel palcoscenico stesso. E che dire del titolo? Ma, alla fine, tante preoccupazioni per nulla. L’opera di Hunter è stata un successo. Invece di risultare esageratamente chiusa, il pubblico l’ha lodata per la portata delle domande che poneva sullo spirito umano, per l’autenticità e l’umorismo dei suoi personaggi e per la profondità della commovente riflessione sul dolore, sulla compulsione e sulla redenzione. Anche qualsiasi dubbio sulla presunta scorrettezza del titolo è stato dipanato non appena si è compreso che Moby Dick ricopriva un ruolo essenziale nell’opera, letteralmente e tematicamente. Dopotutto, Charlie e Achab non sono poi così diversi: entrambi inseguono un sogno, subiscono il fascino tossico di ciò che sarebbe potuto accadere e sono ossessionati dall’idea di un futuro alternativo. Dopo il debutto movimentato ma riuscito al Denver, The Whale si è spostato fuori Broadway nel gennaio del 2012 grazie alla Playwrights Horizons, racimolando una sfilza di premi come il Lucille Lortel Award come miglior spettacolo teatrale, il GLAAD Media Award e lo Special Drama Desk Award per il contributo significativo al teatro. Lo spettacolo ha consacrato la fama di Hunter come uno dei drammaturghi più rilevanti di questi tempi, poiché giustappone la complessità dell’identità nell’era moderna ai grandi interrogativi classici sull’esistenza e sulla spiritualità. Aronofsky ha assistito a una delle prime messe in scena dell’opera a New York, subito dopo aver finito un film e con la mente già proiettata verso il suo progetto successivo. Si era già affermato come voce cinematografica unica nel suo genere, le cui opere avevano rotto gli argini di tutte le categorie. Aveva cominciato la sua carriera con il thriller alienante π – Il teorema del delirio e l’aveva proseguita adattando e dirigendo Requiem for a Dream, straziante narrazione di una dipendenza. Erano seguiti il classico fantascientifico The Fountain – L’albero della vita e le sue due incursioni nel thriller psicologico a tema sportivo The Wrestler e Il cigno nero. Nonostante fossero estremamente diversi in termini di materia e voce, i film di Aronofsky (compresi quelli seguenti – Noah, revisione dell’epopea biblica, e Madre!, feroce parabola eco- femminista) erano accomunati dal tema dell’esplorazione dell’individuo e dalla rottura degli argini tra l’io e la storia. Aronofsky non sapeva quasi nulla di The Whale quando è andato a vederlo; aveva acquistato i biglietti d’impulso perché intrigato dal titolo. Solo dopo che le luci si sono accese, nel bagliore del viaggio di Charlie, ha capito di dover acquisire i diritti dello spettacolo. “Mi sono sentito rappresentato da quei temi, da quelle idee e dal modo in cui l’opera trova la bellezza in cose che troppo spesso percepiamo come disumane per via dei nostri pregiudizi”, dice Aronofsky. “Mi ha stretto il cuore, mi ha fatto ridere e mi sono sentito ispirato dal coraggio e dalla grazia di ogni personaggio. Affronta una domanda che amo trattare anche con le mie opere:come si trasporta lo spettatore dentro a dei personaggi in cui non si è mai nemmeno sognato di immedesimarsi? Al tempo, non sapevo se potesse diventare un film, ma quando ho conosciuto Sam, ci siamo capiti al volo.” La sintonia immediata tra Aronofsky e Hunter ha messo in moto le cose. Entrambi volevano che fosse Hunter stesso ad adattare il suo spettacolo – l’unico problema era che non aveva mai scritto una sceneggiatura. Ma, incoraggiato da Aronofsky e dal premio MacArthur Genius, Hunter ha imparato come fare da solo, partendo da zero. Ha studiato il linguaggio cinematografico e ha trovato un modo di trasporre il suo lavoro dal palcoscenico al grande schermo.“Sam ha un talento incredibile, sapevo che se la sarebbe cavata”, dice Aronofsky. Hunter si è crogiolato nella sfida perché adora apprendere.“È stata un’occasione per guardare la storia con occhi diversi e per crescere come persona mentre cresceva la storia”, commenta. Ma ha anche significato rivivere alcuni dei giorni più bui della sua vita. Ciò che lo aveva spinto a scrivere The Whale era stato, in parte, la sua familiarità con l’obesità al college. Nonostante abbia poi perso parecchio peso, sa per esperienza diretta cosa provano le persone come Charlie, sia fisicamente che socialmente. E anche se le cause dell’obesità – malattia multifattoriale che colpisce il 40% degli statunitensi – sono molteplici, Hunter ha messo la malattia in diretta correlazione con i sentimenti irrisolti. “Conosco molto persone in sovrappeso felici e in salute, ma non era il mio caso”, confessa Hunter.“Avevo ignorato tantissime emozioni durante gli anni passati in una scuola cristiana fondamentalista, dove mi era stata fatta pesare la mia sessualità, e il tutto è sfociato in un rapporto malsano con il cibo. Quando ho iniziato a scrivere The Whale, vi ho riversato dentro tutto questo.” Attraverso Charlie, Hunter ha trovato un modo per esplorare il trauma e la rabbia legati alla sua educazione. Quando conosciamo Charlie, si trova letteralmente ed emotivamente in un limbo; è un limbo fisico, poiché la sua stazza gli impedisce di muoversi bene, ed è un limbo emotivo, perché prova un costante dolore per via della morte del suo compagno. Non riuscendo a perdonarsi per il suo coinvolgimento nella morte di Alan e in preda ai sensi di colpa per aver abbandonato la giovane figlia e la moglie, Charlie entra in un circolo vizioso autodistruttivo in cui mangia compulsivamente. “Tutto nella vita di Charlie si basa sul dolore che non ha elaborato. Ha problemi di cuore, ma, forse, in realtà, sta morendo del dolore con cui non ha mai fatto pace”, dice Hunter. Appena prima di scrivere lo spettacolo, Hunter aveva iniziato a insegnare alla Rutgers University, il corso che tutti amano e odiano al primo anno: Scrittura espositiva. La sua esperienza di professore lo ha spinto a rendere Charlie un insegnante online, un lavoro che gli permette di mantenere una vita sociale attiva, pur nascondendosi fisicamente dal mondo. E proprio la scelta di questa professione ha permesso a Hunter di scavare a fondo in ciò che motiva Charlie e di elaborare il perché cerca disperatamente di riavvicinarsi agli altri. Come insegnante di scuola superiore, Charlie conosce intimamente l’importanza, sia nella saggistica che nella vita reale, di mettere tutto a fuoco, di difendere la propria posizione, di omettere le parole non necessarie, di arrivare al succo del discorso in maniera più chiara e concisa possibile. È questo sistema di credenze ad alimentare il desiderio di Charlie di riavvicinarsi alle persone a lui care, di mettere un punto a ogni frase in previsione di un paragrafo conclusivo e decisivo, durante quelli che crede essere i suoi ultimi giorni sulla Terra. “A nessuno piace la scrittura espositiva, ma ricordo che, a un certo punto, mi ero ridotto a implorare i miei studenti di scrivere qualcosa di veritiero. Di scrivere qualsiasi cosa in cui credessero davvero. Allora, uno dei miei studenti ha scritto quella che oggi figura come una battuta sia nello spettacolo che nel film: ‘Credo di dover accettare che la mia vita non sarà entusiasmante’. Non dimenticherò mai il momento in cui ho letto quella frase, perché è stata come uno squarcio di luce sulla pagina che illuminava chi l’aveva scritta e la sua umanità”, spiega Hunter. “Ecco cosa cerca Charlie sia in sé stesso che negli altri.” La ricerca della verità del protagonista lo riavvicina alla figlia Ellie, che nasconde le ferite inflitte dall’abbandono del padre dietro a una spessa e oscura corazza di rabbia. Inizialmente, rifiuta ogni tentativo di Charliedi passare del tempo insieme, ma, pian piano, si addolcisce quando lui decide di aiutarla a scrivere i temi per la scuola. “In quanto insegnante, Charlie può sperare di riavvicinarsi a Ellie solamente nel momento in cui lei deve scrivere un tema su Moby Dick”, racconta Hunter. Quando Hunter ha iniziato a scrivere l’opera teatrale e a modellare le dinamiche tra Charlie ed Ellie, ha avuto una sensazione strana che quasi l’ha spaventato. Non si era mai sentito così esposto e sensibile. “Era una sensazione totalmente nuova perché mi sono sentito nudo, non avevo niente dietro cui nascondermi e mi sono sentito molto vulnerabile.” Questa vulnerabilità è diventata parte integrante del meccanismo dello spettacolo, un’onestà e un’apertura radicali che hanno affascinato, o perlomeno rassicurato, a tal punto gli spettatori da convincerli a seguire l’opera nella tana del Bianconiglio. Ma quando è entrato in gioco Aronofsky e si è presentata l’idea di un adattamento cinematografico, è emersa un’altra domanda. La storia di Charlie si sarebbe tradotta efficacemente sullo schermo? È possibile rendere cinematografici un’unica location e un personaggio principalmente statico? Inizialmente si era pensato di giocare con la geografia, di spostare alcune delle azioni al di fuori della casa di Charlie e nel mondo esterno inventando dei nuovi personaggi, ma sia Hunter che Aronofsky hanno poi scartato l’idea. “Darren e io eravamo intrigati dalla sfida di far svolgere tutta l’azione in uno spazio in cui i personaggi cercano di salvarsi a vicenda. Ma la cosa non doveva far soffrire il pubblico di claustrofobia”, racconta Hunter. “L’atmosfera doveva essere così invitante che lo spettatore potesse perdersi al suo interno.” Le modifiche impercettibili ma significative apportate da Hunter hanno entusiasmato Aronofsky. “Sam non ha avuto paura di innovare”, racconta quest’ultimo.“Un esempio è l’introduzione del fattorino delle pizze (interpretato da Sathya Sridharan), che dà vita a uno dei momenti più toccanti del film. Quando ho letto la scena in cui vede Charlie, ero convinto di averla vista nello nello spettacolo, invece era totalmente nuova. Quando il tuo cervello trasforma un’immagine che leggi in qualcosa che credi di aver già visto, capisci che quel qualcosa è davvero potente.”

Note di produzione – Il ritorno del talentuoso Brendan Fraser

Il ruolo di Charlie richiede una vulnerabilità e un’esposizione totale da parte di chi lo interpreta, perciò sarebbe un’esperienza intensa e unica per qualsiasi attore. Ma forse lo è stata ancora di più per Brendan Fraser, che racconta di aver dovuto dare tutto sé stesso – l’intera gamma della sua intelligenza emotiva, uno spiccato senso dell’umorismo, un oscuro senso di perdita e rabbia – per interpretare perfettamente un uomo sull’orlo della rovina e della rivelazione. Fraser è uno degli attori hollywoodiano più amati di sempre e la sua carriera è stata molto movimentata: dagli epici blockbuster alle commedie più amate dal pubblico, all’acclamatissimo ruolo al fianco di Ian McKellen in Demoni e dei, film vincitore di un Oscar. Ma The Whale è totalmente diverso. Ritornare ai ruoli drammatici proprio con questa pellicola è stata una grande prova di coraggio da parte di Fraser, perché il film aveva determinate esigenze. Non si è trattato solo dell’incredibile trasformazione fisica: diventare Charlie è stata un’impresa anche dal punto di vista psicologico. Era essenziale che Charlie riuscisse a spingersi oltre le aspettative o gli stereotipi degli spettatori riguardo al suo aspetto, che li convincesse a seguirlo nel suo viaggio anche trascendentale e, infine, che facesse sentire loro il peso di un’esperienza simile nella vita reale. Fraser parla apertamente dei dubbi che ha dovuto affrontare prima della produzione. “Ammetto che ero intimidito. Avevo davvero paura di imbarcarmi in questa avventura, ma proprio per questo ho capito l’importanza di scavare ancora più a fondo di quanto fossi capace. Magari è stata una scelta contraddittoria, ma non mi avevano mai chiesto di fare qualcosa di simile: mettere insieme tutto ciò che avevo imparato nella mia carriera, combinare tutti gli elementi della creazione dei personaggi in un’unica entità, ma anche mettere in gioco tutto me stesso”, dice.“E sono profondamente grato di aver avuto questa opportunità.” Sul set ha preso alla lettera il consiglio che il grandissimo McKellen gli aveva dato: fai qualsiasi cosa come se fosse la prima ma anche l’ultima. Questo l’ha spinto a tentare il tutto per tutto, a spogliarsi di ogni meccanismo di difesa e a buttarsi a capofitto nello spazio tra incertezza e speranza. “Ho dato tutto me stesso sullo schermo”, racconta Fraser emozionato. “Non mi sono risparmiato per niente. È tutto lì.” Per cogliere l’anima di Charlie, Fraser non si è tirato indietro e ha esplorato i suoi lati più oscuri, non ha drammatizzato nessun aspetto di quest’uomo la cui vita di padre, insegnante, marito e fidanzato gli si è sgretolata tra le mani. “Charlie non è un santo, ma è incredibilmente umano. Credo che sia come Walt Whitman”, dice Fraser riferendosi a quando il poeta ha celebrato la capacità dell’uomo di essere “vasto” e di contenere “moltitudini”. L’attore aggiunge: “Charlie ama la vita e la sua bellezza, ma si nasconde”. Charlie si nasconde dall’odio di cui è vittima per via del suo aspetto, ma anche e soprattutto dagli errori che ha commesso e dalle perdite che non riesce ad accettare e lasciarsi alle spalle. Fraser osserva: “L’incapacità di Charlie di superare il proprio dolore è dovuta al fatto che non è in grado di essere la persona che voleva essere. Si sente terribilmente in colpa per la morte di Alan, per aver rinunciato a una vita con sua figlia, per tutte le cose che sarebbero potute accadere”. Secondo Fraser, Charlie non voleva far star male nessuno, tanto meno sua figlia o sé stesso.“Non è freddo e calcolatore, ma ha comunque fatto soffrire molte persone non dicendo le cose come stavano, mentendo. E ora combatte una battaglia contro sé stesso. Ha rimandato troppo a lungo la resa dei conti con le persone a lui care ed è quasi troppo tardi. Quando sprona i suoi studenti a trovare un modo di dire la verit sta spronando anche sé stesso. I nodi vengono al pettine nell’arco di pochi giorni e non sa se troverà la redenzione o meno.” Come molte persone in crisi, Charlie è attraversato da impulsi contraddittori. Nonostante sappia che sta morendo, nonostante rifiuti le cure mediche che potrebbero salvarlo o risparmiargli qualche sofferenza, è squisitamente vivo e si stupisce ancora delle meraviglie del mondo. Ha un’innegabile gioia di vivere, anche se, in pratica, ha condannato sé stesso a una morte lenta. Fraser non considera le azioni di Charlie autodistruttive fino in fondo.Quando lo conosciamo, lui ha accettato la sua condizione. “Charlie sa che è troppo tardi per salvarsi”, commenta, “ma sa anche che può far reagire gli altri alla sua vulnerabilità”. Fraser si è immedesimato profondamente nelle ferite interiori di Charlie e dice di aver notato che molte persone, in fondo, si sentono come lui. “So benissimo cosa significa venire presi in giro e ridicolizzati senza pietà”, aggiunge. “Ma forse non più di qualsiasi altra persona al mondo o qualsiasi persona sui social media. Tutti impariamo a seppellire quel dolore.” Aronofsky ha impiegato dieci anni a trovare il suo Charlie. “Ho preso in considerazione chiunque – star cinematografiche, sconosciuti, gente comune – ma nessuno era adatto al ruolo”, ricorda.“Volevo qualcuno che interpretasse Charlie con credibilità, ma che avesse anche una grande profondità. Un giorno ho notato Brendan in un ruolo minore del trailer di Journey to the End of the Night ed è stata  come una visione.” Nel febbraio del 2020, Aronofsky ha riunito Fraser e altri membri del cast per una lettura del copione scena per scena al St. Mark’s Theatre di New York. E li è avvenuta la magia. “Mi sono venuti i brividi fin dal primo momento”, ricorda Aronofsky. “Ho capito che il film prendeva forma e che volevo Brendan.”  Hunter, che ha assistito alla lettura, ha avuto la stessa sensazione che ciò che stava accadendo era destino. “Si vedeva che Brendan aveva il DNA di Charlie”, dice. “Lui capiva veramente cosa prova uno come Charlie a perdere qualcosa.E capiva che rendere il personaggio cupo e mogio avrebbe totalmente rovinato la storia. Invece, Brendan è riuscito a carpire la gioia e l’amore di Charlie.” Alla lettura era presente anche il montatore due volte premio Oscar Andrew Weisblum, ormai alla quinta collaborazione con Aronofsky. Anche lui ha compreso il modo in cui Charlie trascina il pubblico da un sentimento di disagio ad una commossa ammirazione. “Ad elevare la storia sono l’ottimismo di Charlie e la sua determinazione a creare un legame con la persona a cui tiene di più nella sua vita, sua figlia. Questo filo conduttore forte ed emotivo lo guida nei momenti bui”, dice. Poco dopo, Aronofsky ha annunciato a Fraser di voler procedere con il film. “Mi sono sentito fortunato a essere dov’ero. Ammiro molto Darren e il suo lavoro e ho visto il potenziale di questo film”, ricorda Fraser.“Mi scoppiava il cuore di gioia all’idea di farne parte.” Ma due settimane dopo, il lockdown dovuto al Covid ha interrotto la produzione de film. Ci è voluto un po’ di tempo prima che si potesse procedere in sicurezza con le riprese, ma una volta cominciate, sono state un balsamo per l’anima di Fraser, molto provata dall’isolamento. “In quel periodo, andare sul set ogni giorno e dedicare tutti noi stessi al mondo di quest’uomo ci ha permesso di legare come dovevamo”, osserva. Prima delle riprese, Fraser si è immerso in quella che definisce una “ricerca iper- specifica” durante la quale ha imparato direttamente da chi soffre di obesità e ha guardato tutti i film con persone obese che ha trovato per vedere come altri attori avevano affrontato il ruolo.Ha riletto Melville e ha imparato, con l’aiuto della coach del movimento Beth Lewis, a spostarsi nell’appartamento come fa Charlie. Si è anche dovuto abituare all’incredibile costume da 45 chili e alle protesi che hanno trasformato il suo corpo. Le falsità sull’obesità abbondano. Nonostante sia una malattia estremamente diffusa, il suo insorgere è specifico per ogni individuo, poiché a causarla sono fattori genetici, metabolici, ambientali e psicologici. Ogni anno viene diagnosticata a tre milioni di persone, eppure lo stigma non accenna ad affievolirsi. Questo si riflette nella mancanza di rappresentazione veritiera di persone obese nei film e in TV, tantomeno in ruoli principali. Hunter non si era proposto di affrontare tutte le complessità dei pregiudizi legati al peso quando ha scritto The Whale. Ma la storia di Charlie colpisce nel profondo e lo spettacolo ha dato vita a vari dibattiti ovunque venisse messo in scena. Ben conscio dell’importanza di una rappresentazione veritiera, Aronofsky si è impegnato a imparare più cose possibili sulla malattia nel mondo reale. Lui e Fraser si sono consultati con la dottoressa Rachel Goldman, psicologa specializzata in disturbi dell’alimentazione e nella cura dell’obesità, e con la Obesity Action Coalition (OAC), il gruppo di sensibilizzazione più importante del Paese.Oltre a dare loro consigli riguardo al linguaggio e agli aspetti logistici del copione, l’OAC li ha messi in contatto con alcune persone disposte a parlare candidamente e a fondo della loro esperienza con l’obesità. “I pregiudizi in base al peso sono l’ultima delle trovate per sminuire gli altri”, dice Fraser. “Troppo spesso le persone come Charlie sono invisibili tranne che agli occhi delle loro famiglie e di chi se ne prende cura. Noi riusciamo a intravedere solo uno stralciodi chi possono essere. Parlando con queste persone ho scoperto che, come tutti, vogliono solo essere trattati giustamente e con onestà e che le loro storie vengano raccontate. Anche questo mi ha spinto a perseguire l’autenticità più totale.” Hunter spera che il film possa rompere un’altra parete narrativa. “Inventare un personaggio obeso che sia buono, con dei difetti, amorevole – ovvero un essere umano a tutti gli effetti – non dovrebbe essere questa gran novità”, dice. “Non direi mai che questa storia rappresenta tutti coloro che soffrono di obesità, ma racconta la mia esperienza. Ci sono tante storie diverse da raccontare, ma spero che Charlie venga percepito, a modo suo, come un personaggio scritto con compassione e amore.” Nonostante l’aspetto fisico di Charlie sia centrale per la storia, Fraser ha sperato che la sua interpretazione trasportasse gli spettatori in una dimensione in cui il corpo di Charlie è meno interessante di ciò che pensa, prova e desidera nel corso del film. “Abbiamo meno di una settimana per conoscere quest’uomo”, dice. “So che molti, all’inizio, cercheranno il confine tra finzione e realtà, ma spero che sia invisibile. Spero che le protesi e il trucco incredibili siano integrati con tale maestria da finire in secondo piano e da permettere alla storia di coinvolgere il pubblico.” Aronofsky è stato al fianco di Fraser durante tutta la sua discesa nel personaggio di Charlie, proteggendo quello che sapeva essere un delicato stato mentale. “È il connubio tra il potere delle parole di Sam e il coraggio dell’interpretazione di Brendan a spingere lo spettatore oltre le apparenze e a permettergli di vedere un essere umano a tutti gli effetti con le sue qualità sfaccettate”, dice. “Io e Brendan abbiamo parlato principalmente dei punti in cui voleva aprirsi al pubblico e di quelli in cui voleva tenerlo a distanza. Brendan è un uomo incredibilmente affascinante e intelligente, ma, a volte, Charlie sa essere egoista e irrazionale, quindi il difficile era trovare un equilibrio in ogni istante.” Secondo Fraser, Aronofsky ha la rara capacità di mettere a fuoco i dettagli più piccoli e impercettibili. “Darren vede tutto. Mi ha detto che se non avesse fatto il regista, sarebbe diventato un arbitro di baseball e lo capisco, perché sa sempre quando chiamare cosa. È stato molto gentile con me, è stato una guida incoraggiante, mi ha spronato quando dovevo scavare più in profondità e riversare tutto davanti alla cinepresa.” Ma Fraser si è innamorato anche delle battute di Hunter.“Sam rende poetica la vita vera”, afferma. “Dona valore e intento a ogni sua storia, ma ha anche il dono di scrivere in maniera vivace, divertente e candida. Era tutti i giorni sul set e le sue idee sono state indispensabili.” Anche se l’interpretazione lo ha fatto sudare e portato alle lacrime, Fraser ha provato un amore talmente sincero nei confronti di Charlie da sentire la mancanza del personaggio una volta concluse le riprese. “Non mi era mai successo prima”, confessa. “È stato un viaggio intimo molto intenso e mi ha cambiato. E spero gli spettatori possano dire la stessa cosa. Spero che seguano Charlie nella sua ricerca di autenticità. Spero che pensino che esprimere chi si è veramente con onestà conta – perché ha contato per Charlie, ha contato per me e conta per ognuno di noi.”

Dichiarazioni e interviste

Vanity Fair ha incontrato Brendan Fraser che ha descritto in dettaglio la sua trasformazione nel Charlie da 272 chilogrammi. L’attore ha spiegato che per completare il look indossava principalmente protesi, ammettendo che c’erano pochissimi effetti visivi aggiuntivi. Fraser ha detto che indossava un body che era “ingombrante e non esattamente comodo”. L’attore ha aggiunto: “Il pezzo del busto era quasi come una giacca dritta con maniche che perseguivano, aerografate a mano, per sembrare identiche alla pelle umana, fino ai capelli perforati a mano”. Ciò ha richiesto dalle cinque alle sei ore di seduta sulla sedia del trucco ogni giorno, anche se il reparto trucco avrebbe poi ridotto le ore da una a tre ore. Aronofsky ha anche spiegato che il costume integrale di Fraser durante le riprese portava il peso portato dall’attore 130 chili. E’ a causa di ciò che vediamo Charlie seduto per gran parte della storia, Fraser aveva bisogno di diversi assistenti per aiutare a spostare l’attore in vari luoghi del set. Fraser ha aggiunto: “Ho visto altri body usati nelle commedie nel corso degli anni, di solito limitati a qualche scena. Che fosse voluto o meno, la cosa folle è che sfida la gravità.”.

Immagini e video dai social media

Durante la sua prima mondiale alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, “The Whale” è stato celebrato con una standing ovation di sei minuti. Nel video dal giornalista di Variety Ramin Setoodeh, un video della commossa reazione di Brendan Fraser agli applausi.

Sulla scia della premiere del film alla Mostra del Cinema di Venezia, è diventato virale un video della commossa reazione di Brendan Fraser alla standing ovation per il film. Successivamente Dwayne Johnson ha utilizzato Twitter per celebrare il suo ex partner di set del sequel La mummia – Il ritorno, film che ha contribuito a lanciare la carriera di attore del wrestler nei panni del Re Scorpione.

Amico, mi rende così felice vedere questa bellissima ovazione per Brendan. Mi ha aiutato a entrare nel suo franchise de La Mummia – Il ritorno per il mio primo ruolo in assoluto, che ha dato il via alla mia carriera a Hollywood. Tifo per tutto il tuo successo fratello e congratulazioni al mio amico Darren Aronofsky. #TheWhale ??

Il romanzo originale

Le opere di Samuel D. Hunter includono A Bright New Boise, The Few, A Great Wilderness, Rest, Pocatello, Lewiston, Clarkston e, più recentemente, The Healing e The Harvest. Hunter ha ricevuto una borsa di studio “Genius Grant” di MacArthur nel 2014, un Whiting Writers Award nel 2012, l’Otis Guernsey New Voices Award nel 2013, lo Sky Cooper Prize nel 2011, la PONY/Lark Fellowship nel 2008 e un dottorato onorario dell’Università dell’Idaho. Le sue opere sono state prodotte a New York presso Playwrights Horizons, Lincoln Center Theatre, Rattlestick Playwrights Theatre, Clubbed Thumb e Page 73, e in tutto il paese. Il suo lavoro è stato sviluppato alla O’Neill Playwrights Conference, alla Ojai Playwrights Conference, alla Seven Devils e alla PlayPenn. Due antologie pubblicate del suo lavoro sono disponibili in versione romanzo. Originario dell’Idaho settentrionale, Sam vive a New York. Si è laureato in drammaturgia alla New York University, all’Iowa Playwrights Workshop e alla Juilliard.

 

La sinossi ufficiale del romanzo: Acclamato per le sue caratterizzazioni gentili e complesse, le commedie coraggiose e divertenti di Samuel D. Hunter esplorano la tranquilla disperazione che attraversa molte vite americane. “La Balena” racconta la storia dell’ultima possibilità di redenzione di un recluso di oltre 270 chilogrammi, dello scoprire la bellezza nei luoghi più inaspettati quando si avvicina alla figlia che non vede da tempo e che è gravemente infelice.

The Whale – La colonna sonora

  • Le musiche originali del film sono del compositore Rob Simonsen (Ghostbusters: Legacy, Foxcatcher, The Way Back, Nerve, (500) giorni insieme, The Adam Project).

1. Cloudless Skies (1:11)
2. Overture (1:48)
3. Life Boat (2:07)
4. Deep Water (3:01)
5. Gentle Waves (1:41)
6. Rigging (1:54)
7. Darting Distance (1:37)
8. Flare Gun (1:05)
9. Full Sail (2:40)
10. Storm Approaching (4:17)
11. Midnight Storm (2:51)
12. Harpoon (3:25)
13. God’s Rays (5:10)
14. Safe Return (3:52)

La colonna sonora di “The Whale” è disponibile su Amazon.

The Whale – Foto e poster