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Ben Wheatley ha girato un film sulla pandemia in due settimane

Girando un horror a basso costo tra due progetti di altro spessore, Ben Wheatley solleva una questione significativa con cui tocca confrontarsi

pubblicato 30 Settembre 2020 aggiornato 11 Ottobre 2023 10:43

Che Ben Wheatley rappresenti una delle voci più interessanti della sua generazione tra i registi britannici abbiamo già avuto modo di evidenziarlo in qualche occasione. Il fatto poi che ad agosto si sia messo a girare in due settimane un film incentrato sulla pandemia non fa che confermarlo, sebbene non per i motivi che di primo acchito potrebbero venire in mente.

Non si tratta perciò del fatto in sé che Wheatley abbia deciso d’imbarcarsi in questa cosa ad agosto, in reazione appunto alla pandemia, e a quanto gli apparisse datata l’offerta on demand. Anche perché il nostro porta a termine il progetto in questione poco dopo aver girato Rebecca, e poco prima di cominciare le riprese del sequel di Tomb Raider; dunque lavori che, se intendiamo bene il significato del suo «datato», si collocano sulla medesima linea produttiva su cui grossomodo il regista ha da ridire.

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Ai microfoni di Little White Lies ha però modo di spiegarsi meglio, quando Wheatley rileva l’esistenza di generi non solo in relazione alla tipologia di film bensì pure di budget, ciascuno dei quali offre un’esperienza diversa proprio in funzione di quanti soldi sono stati impiegati per girarli. Argomento oltremodo interessante, che, più che essere affrontato da noi che scriviamo su certe cose, ha di gran lunga molto più da illustrare allorché cineasti di varia risma s’industriano nel bazzicare questi diversi contesti.

D’altra parte parliamo di un regista, Wheatley, che in carriera si è cimentato un po’ in tutto, dalle 30 mila sterline per il suo film d’esordio, Down Terrace, alla ben più cospicua somma (parliamo nell’ordine di oltre i cento milioni di dollari) per il prossimo Tomb Raider. Che poi questo suo lavoro girato in due settimane sia ascrivibile al genere horror non è dovuto soltanto all’incipit, incentrato appunto su quanto accaduto in questi mesi, che di materiale per generare ansia e inquietudine ne offre, ma anche alla possibilità di poter raccontare una storia del genere spendendo poco.

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Se attraverso l’intrattenimento si riesce perciò a cavare pure qualche elemento per approntare un discorso sul linguaggio, o sui linguaggi, beh, tanto di guadagnato allora. Specie a fronte di un potenziale scenario, cui facemmo riferimento a pandemia appena cominciata, per cui certe somme potrebbero subire un ridimensionamento notevole, costringendo Hollywood su tutti a ripiegare su forme che potrebbero finire con lo scuotere certi consolidati, e a questo punto stantii, stilemi produttivi e di contenuto alla base di quest’industria.

Ben Wheatley