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Berlino 2015: tutti i voti ai film e considerazioni finali

Festival di Berlino 2015: a poche ore dal verdetto che ha visto trionfare Jafar Panahi, tiriamo le fila di questa edizione della rassegna rileggendo il concorso, tra conferme e delusioni. E soprattutto vediamo quali sono state le sorprese e i film da segnarsi in agenda…

pubblicato 15 Febbraio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 18:06

Le proiezioni non sono ancora finite, noi stiamo per vedere gli ultimi film, ma la Giuria ha già sentenziato. E il palmares di Darren Aronofsky e dei suoi colleghi è uno dei più sensati e importanti degli ultimi anni. Guarda caso anche il palmares di Venezia 2011, dove Presidente di Giuria era sempre il regista de Il Cigno Nero, era quasi ineccepibile. Bravo Darren.

Il mio preferito in concorso è The Club di Larrain, ritratto cupo e potente delle contraddizioni della Chiesa cattolica. Firmato da il regista di No, che ritrova però l’anima più nera di Tony Manero e Post Mortem. Ma l’Orso d’oro allo straordinario Taxi di Jafar Panahi è un premio davvero molto importante. Solo così si lancia un messaggio che resta: Taxi, che non si poteva girare ‘per legge’, riceve di diritto un posto nella Storia, e con un premio sarà ‘costretto’ a girare di più di quel che avrebbe potuto girare senza un riconoscimento del genere.

Tutti d’accordo sul premio ‘nuove prospettive’ al guatemalteco Ixcanul Volcano, opera prima di Jayro Bustamante. Un bel film con uno stile viviso potentissimo, che si perde solo un po’ nella parte finale. Ha fatto discutere un po’ di più invece il primo ex-aequo del palmares, quello per la regia: piuttosto indovinato quello a Radu Jude per Aferim!, originale western/’road movie’ in bianco e nero ambientato nel 1935 con molti campi lunghi, meno quello a Malgorzata Szumowska per Body, copia poco riuscita di certo cinema europeo tra l’austero e l’ironico.

Ineccepibile il premio per i due attori del meraviglioso 45 Years, conferma e consacrazione di Andre Haigh: Charlotte Rampling e Tom Courtenay sono gli attori di questa Berlinale, e non ce n’è per nessuno. Curioso, ma anche questo importante, il premio per la sceneggiatura, che va a un documentario bellissimo: il cileno The Pearl Button di Patricio Guzmán. Si tratta di un documentario originale e che mescola un lavoro ‘filosofico’, che ha evidentemente un forte lavoro di ‘scrittura’ e montaggio delle scene.

Premiate con il secondo ex-aequo del palmares due tra le migliori fotografie del concorso. Quella di Victoria, col suo pianosequenza vero di 140′ attraverso la notte di Berlino, fa davvero miracoli. Quella di Under Electric Clouds è semplicemente straordinaria nei suoi colori, tra grigi freddissimi e neon accesi. Anche Paper Soldier aveva vinto l’Osella per la fotografia a Venezia 2008 (ma anche il Leone d’Argento per la regia).

Il concorso è stato mediamente davvero di buon livello. Vediamo gli altri titoli non premiati, in ordine di ‘preferenza’. Per Terrence Malick ormai bisognerebbe creare una categoria a parte, tanto abbiamo capito che direzione ha intrapreso e quanto pubblico e critica (figurarsi le giurie) siano disposte ad avere pazienza. Il suo Knight of Cups però è il film definitivo su Los Angeles, e questo almeno anche i moltissimi detrattori dovranno tenerne atto.

Eisenstein in Guanajuato è il Peter Greenaway più gioioso e vitale di sempre, uno splendido lavoro visivo di pura superficie che ha il suo senso proprio nella mancanza di qualunque contatto ‘emotivo’ col pubblico. Big Father, Small Father and Other Stories è una tranche de vie un po’ disgiunta e non sempre convincente, ma il vietnamita Phan ha sensibilità e talento. Lo stesso si potrebbe dire di Laura Bispuri e del suo Vergine Giurata.

As We Were Dreaming ha molta energia e un certo ritmo, ma è anche un film che si ha l’impressione di aver visto cento volte e sempre almeno un pochino meglio. Queen of the Desert è la delusione più grande del festival, visto anche il progetto e i nomi coinvolti: è un bel pasticcio lunghetto e un po’ noioso, in cui il grande spettacolo old-fashion e la firma di Herzog non si fondono. Diary of a Chambermaid parte bene ma poi si affloscia in fretta, Gone With The Bullets è opulento e incomprensibile, Chasuke’s Journey è scemo e sarebbe stato già vecchio una decina di anni fa.

Fuori concorso la situazione è effettivamente meno rosea, tra il Gala di quell’idiozia disonesta che è Cinquanta Sfumature di Grigio e l’ennesimo filmetto orrendo di Harvey Weinstein. Si salvano alla grande solo due film. Il primo è Love & Mercy di Bill Pohlad, biopic divertente, tenero e poi cupissimo del leader dei Beach Boys, con attori in stato di grazia. Il secondo è a sorpresa la Cenerentola di Branagh, che funziona perché è fedele all’originale. Branagh, di suo, ci mette il controllo ‘teatrale’, e gira come se fosse un musical.

Per finire, vi segnaliamo quattro titoli da non perdere, due della sezione Forum e due della sezione Panorama. Un film canadese e tre indie americani. The Forbidden Room è Guy Maddin esasperato, anarchico e liberissimo, 130 minuti con dentro idee pazzesche. Queen of Earth è la conferma di Alex Ross Perry, che dopo essersi rifatto a Woody Allen con Listen Up Philip ora guarda a Polanski e ai suoi giochi al massacro. Ne esce un film piccolo e terribile, divertentissimo e acido, giocoso e spaventoso.

Nasty Baby ha vinto meritatamente il Teddy Bear: un premio meritato per un film che non vuole alzare nessuna bandiera arcobaleno ma mettere in scena una storia e uno spaccato di vita. Poi cominciano i casini. Silva, sempre bravissimo nel tenere ritmo e tensione ai massimi livelli, si pone domande e struttura i livelli di lettura del film senza che ce ne rendiamo conto. E Kristen Wiig è perfetta.

Ultimo consiglio è forse il ‘film del cuore’ di questa Berlinale: Petting Zoo. San Antonio, le svolte dell’adolescenza e chi conta nella propria vita: mi ha spezzato. Con una protagonista dolcissima per cui si tifa e si spera vada tutto bene. Andiamo ai festival soprattutto per trovare film come questi quattro, e non solo per avere conferme di autori che già conosciamo.

Di seguito tutti i voi ai film visti e i link alle recensioni. Qui invece il nostro diario giornaliero da Berlino.

Concorso

45 Years

45 Years – Andrew Haigh 9
Aferim! – Radu Jude 7
As We Were Dreaming – Andreas Dresen 5
Big Father, Small Father and Other Stories – Phan Dang Di 7
Body – Ma?gorzata Szumowska 4
Chasuke’s Journey – Sabu 3
The Club – Pablo Larraín 10
Diary of a Chambermaid – Benoit Jacquot 4
Eisenstein in Guanajuato – Peter Greenaway 7
Gone With The Bullets – Jiang Wen 4
Ixcanul Volcano – Jayro Bustamante 7
Knight of Cups – Terrence Malick 8
The Pearl Button – Patricio Guzmán 8
Queen of the Desert – Werner Herzog 5
Taxi – Jafar Panahi 9
Under Electric Clouds – Alexey German Jr. 8
Vergine Giurata – Laura Bispuri 7
Victoria – Sebastian Schipper 7

Fuori concorso e Special Gala

Love and Mercy

13 Minutes – Oliver Hirschbiegel 5
Cinderella (Cenerentola) – Kenneth Branagh 7
Every Thing Will Be Fine – Wim Wenders 4
Fifty Shades of Grey (Cinquanta Sfumature di Grigio) – Sam Taylor-Johnson 2
Life – Anton Corbijn 6
Love & Mercy – Bill Pohlad 7
Mr. Holmes – Bill Condon 6
Nobody Wants the Night – Isabel Coixet 4
Selma – Ava DuVernay 5
Woman in Gold – Simon Curtis 1

Forum

Queen of Earth

Ben Zaken – Efrat Corem 5
The Days Run Away Like Wild Horses Over the Hills – Marcin Malaszczak 4
The Forbidden Room – Guy Maddin ed Evan Johnson 8
Il gesto delle mani – Francesco Clerici 8
Hedi Schneider is Stuck – Sonja Heiss 7
Queen of Earth – Alex Ross Perry 9
Seashore – Filipe Matzembacher e Marcio Reolon 7

Panorama

Petting Zoo

Angelica – Mitchell Lichtenstein 3
I am Michael – Justin Kelly 5
Nasty Baby – Sebastián Silva 8
Ned Rifle – Hal Hartley 6
Petting Zoo – Micah Magee 8

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