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Oscar 2014: i 76 film candidati per la categoria Miglior Film Straniero

Oscar 2014: un record assoluto. Ecco tutti i 76 film scelti dalle varie nazioni del mondo come rappresentanti nella corsa alla statuetta come miglior film straniero. Non c’è mai stato un numero così alto di adesioni prima d’ora. E per la prima volta l’Arabia Saudita entra in gara, con uno dei titoli a prima vista più forti in assoluto. Non mancano ovviamente le polemiche…

pubblicato 7 Ottobre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 09:05

È record: sono 76 i film che si batteranno per entrare nella cinquina dell’Oscar per il miglior film straniero. Un record che batte alla grande anche il numero dell’anno scorso, già straordinario con i suoi 71 titoli.

L’ultima volta, il 1 ottobre 2013 – data della scadenza per le nazioni per mandare il proprio rappresentante – vi avevamo lasciato con 68 film: oggi vi diamo il numero ufficiale e la lista intera approvata dall’Academy Awards. E sì: l’Iran concorrerà con Il passato di Farhadi, nonostante le polemiche.

Tra i nuovi entrati: Albania, Azerbaigian, Ciad, Cina, Ecuador, Indonesia, Moldavia e Uruguay (che presenta un film d’animazione). Burning Bush di Agnieszka Holland è stato invece squalificato per essere stato proiettato come miniserie su HBO Europe. Al suo posto la Repubblica Ceca ha optato per The Don Juans di Jiri Menzel.

I film in gara per l’Oscar come miglior film straniero

1 ottobre 2013 – Oggi è l’ultimo giorno utile per le nazioni di tutto il mondo per poter ufficialmente presentare il proprio rappresentante nella corsa all’Oscar 2014 come miglior film straniero. Per ora sono arrivate 68 pellicole (l’altr’anno erano 71), e magari in queste ultime ore si aggiungerà qualche titolo.

Nel caso i “ritardatari” arrivino all’ultimo minuto, aggiorneremo ovviamente questo post, ma è comunque arrivato il momento di fare il punto della situazione. Innanzitutto questa edizione segna almeno un paio di novità: due grosse new entry (l’Arabia Saudita, in corsa per la prima volta con un titolo fortissimo, La bicicletta verde, e il ritorno del Pakistan dopo 50’anni) e… una serie di polemiche mica da poco.

Ricominciamo da quelle, anche se ne abbiamo già parlato a lungo. La prima riguarda l’India, che a sorpresa ha scelto The Good Road di Gyan Correa al posto di The Lunchbox di Ritesh Batra, acclamato a Cannes 2013. La seconda riguarda l’Iran, che ha scelto Il passato di Asghar Farhadi col quale aveva vinto l’Oscar per Una separazione nel 2011. Ovviamente in molti hanno messo in dubbio la nazionalità del titolo, francamente molto più francese che iraniana.

Non c’è corsa all’Oscar per il miglior titolo di lingua non inglese che non abbia le sue discussioni, ovviamente. Le polemiche di quest’anno riguardano sostanzialmente le regole ferree e ormai un po’ fuori dal tempo di questa categoria molto difficile e complessa, e noi ci siamo già espressi a riguardo.

Questo giro c’è da segnalare però che l’Italia è rimasta fuori da ogni polemica: il titolo che doveva rappresentarci è stato scelto piuttosto semplicemente. Che La grande bellezza di Paolo Sorrentino fosse il titolo più giusto, anche perché quello già più visto e recensito (anche molto positivamente) all’estero, era scontato.

Molti titoli premiati in giro ai festival

Com’è normale e giusto che sia, molte nazioni hanno scelto come proprio rappresentante un titolo che ha vinto qualcosa ai festival o che si è fatto ben notare a qualche rassegna. Qualche esempio: l’Orso d’oro a Berlino 2013 (Il caso Kerenes, Romania); altri trionfatori di Berlino 2013 (An Episode in the Life of an Iron Picker, Bosnia-Erzegovina, e Gloria, Cile); i vincitori del Sundance del concorso internazionale come Metro Manila (Premio del pubblico, Inghilterra) e Circles (Premio speciale della giuria, Serbia).

Presenti ovviamente anche molti titoli di Cannes: oltre a Il passato, anche il vincitore come miglior attore nel 2012 (Il sospetto, Danimarca), la Palma come miglior regia 2013 (Heli, Messico), i vincitori dell’Un certain regard 2013 (The Missing Picture, Cambogia, e Omar, Palestina), la Camera d’or come miglior opera prima 2013 (Ilo Ilo, Singapore). E ancora: i vincitori di Tribeca 2013 (The Rocket, Australia, e The Broken Circle Breakdown, Belgio), il premio del pubblico di Locarno 2013 (Gabrielle, Canada), il vincitore del Los Angeles Film Festival 2013 (Mother I Love You, Latvia), uno dei vincitori di Rotterdam (My Dog Killer, Slovacchia).

Massiccia anche la presenza di titoli presentati alla Mostra di Venezia 2012 e 2013, tra cui il premio del pubblico della Settimana della critica a Venezia 2012 (Eat Sleep Die, Svezia). Segnaliamo poi anche altri titoli come In Bloom di Nana Ekvtimishvili e Simon Groß (Georgia), premio del pubblico al Milano Film Festival 2013, e The Grandmaster di Wong Kar-wai (Hong Kong). In tutto questo marasma di titoli premiati, celebri o ben recensiti, una delle scelte più deboli viene dalla Francia, che non potendo scegliere La vita di Adéle o Il passato ha optato per Renoir, presentato in sordina a Cannes 2012.

Come si definisce la cinquina finale

Tre o quattro comitati con membri basati a Los Angeles selezionerà la shortlist di 9 titoli che verrà annunciata ad inizio gennaio 2014. Tutti i membri del comitato voteranno i film del proprio gruppo, e i 6 con punteggio più alto fra tutti saranno in corsa. Un comitato esecutivo sceglierà poi in segreto altri 3 titoli per completare la shortlist, basandosi solo su criteri di merito e favorendo magari titoli più difficili. Il 16 gennaio 2014 la cinquina sarà resa nota assieme a tutte le altre.

Fin qui tutto come sempre. La novità dell’edizione 2014 arriva ora, perché a determinare il film vincitore saranno tutti i circa 6000 membri dell’Academy: una cosa mai avvenuta prima. L’Academy invierà a proprie spese gli screener dei 5 film nominati, e ogni membro dovrà fare il bravo e fare i compiti a casa, ovvero guardare davvero i 5 film prima di votare. Il rischio? Che alla fine molti svogliati membri dell’Academy se ne freghino e votino a simpatia. Oppure votino la miglior cena/party organizzata dalla casa di distribuzione…

Tutti i film nazione per nazione

Albania: Agon – Robert Budina
Arabia Saudita: La bicicletta verde – Haifaa al-Mansour
Argentina: Wakolda – L’angelo del male – Lucía Puenzo
Australia: The Rocket – Kim Mordaunt
Austria: The Wall – Julian Polsler
Azerbaigian: Steppe Man – Shamil Aliyev
Bangladesh: Television – Mostofa Sarwar Farooki
Belgio: The Broken Circle Breakdown – Felix van Groeningen
Bosnia-Erzegovina: An Episode in the Life of an Iron Picker – Danis Tanović (recensione)
Brasile: Neighbouring Sounds – Kleber Mendonça Filho
Bulgaria: The Colour of the Chameleon – Emil Hristov
Cambogia: The Missing Picture – Rithy Panh
Canada: Gabrielle – Louise Archambault
Ciad: Grigris – Mahamat-Saleh Haroun (recensione)
Cile: Gloria – Sebastian Lelio (recensione)
Cina: Back to 1942 – Feng Xiaogang (recensione)
Colombia: La Playa DC – Juan Andrés Arango
Corea del sud: Juvenile Offender – Kang Yi-kwan
Croazia: Halima’s Path – Arsen Anton Ostojić
Danimarca: Il sospetto – Thomas Vinterberg (recensione)
Ecuador: The Porcelain Horse – Javier Andrade
Egitto: Winter of Discontent – Ibrahim El- Batout
Estonia: Free Range – Veiko Õunpuu
Filippine: Transit – Hannah Espia
Finlandia: Disciple – Ulrika Bengts
Francia: Renoir – Gilles Bourdos
Georgia: In Bloom – Nana Ekvtimishvili e Simon Groß
Germania: Two Lives – Georg Maas
Grecia: Boy Eating The Bird’s Food – Ektoras Lygizos
Hong Kong: The Grandmaster – Wong Kar-wai (recensione)
India: The Good Road – Gyan Correa
Indonesia: Sang Kiai – Rako Prijanto
Inghilterra: Metro Manila – Sean Ellis
Iran: Il passato – Asghar Farhadi (recensione)
Islanda: Of Horses and Men – Benedikt Erlingsson
Israele: Bethlehem – Yuval Adler
Italia: La grande bellezza – Paolo Sorrentino (recensione)
Giappone: The Great Passage – Yuya Ishii
Kazakistan: The Old Man – Ermek Tursunov
Latvia: Mother I Love You – Janis Nords
Libano: Ghadi – Amin Dora
Lituania: Conversations of Serious Topics – Giedrė Beinoriūtė
Lussemburgo: Blind Spot – Christophe Wagner
Messico: Heli – Amat Escalante (recensione)
Montenegro: Bad Destiny – Draško Đurović
Marocco: God’s Horses – Nabil Ayouch
Moldavia: All God’s Children – Adrian Popovici
Nepal: Soongava: Dance of the Orchids – Subarna Thapa
Norvegia: I Am Yours – Iram Haq
Nuova Zelanda: White Lies – Dana Rotberg
Olanda: Borgman – Alex van Warmerdam (recensione)
Pakistan: Zinda Bhaag – Meenu Gaur e Farjad Nabi
Palestina: Omar – Hany Abu-Assad
Perù: The Cleaner – Adrian Saba
Polonia: Walesa – Andrzej Wajda
Portogallo: Lines of Wellington – Valeria Sarmiento (recensione)
Repubblica Ceca: The Don Juans – Jiri Menzel
Repubblica Dominicana: Who’s The Boss? – Ronni Castillo
Romania: Il caso Kerenes – Calin Peter Netzer (recensione)
Russia: Stalingrad – Fedor Bondarchuk
Serbia: Circles – Srdan Golubovic
Singapore: Ilo Ilo – Anthony Chen
Slovacchia: My Dog Killer – Mira Fornay
Slovenia: Class Enemy – Rok Biček
Spagna: 15 Years Plus a Day – Gracia Querejeta
Sud Africa: Four Corners – Ian Gabriel
Svezia: Eat Sleep Die – Gabriela Pichler
Svizzera: Un mondo in pericolo – Markus Imhoof
Taiwan: Soul – Chung Mong-Hong
Thailandia: Countdown – Nattawut Poonpiriya
Turchia: The Butterfly’s Dream – Yılmaz Erdoğan
Ucraina: Paradjanov – Serge Avedikian e Olena Fetisova
Ungheria: The Notebook – Janosz Szasz
Uruguay: Anina – Alfredo Soderguit
Venezuela: Breach in the Silence – Luis Rodríguez e Andrés Rodríguez

Presto analizzeremo la possibile cinquina e i titoli più forti tra quelli in corsa: stay tuned.

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